Nel mondo della moto, esistono due figure: il "motociclista" e "quello che va in moto".
Il "motociclista" ama la sua moto, la cura, conosce i sui limiti, è prudente, la usa con parsimonia, non la cambierebbe per nessuna ragione al mondo, se si rompe, soffre per lei. Al motociclista non interessa l'abbigliamento perché è di marca o di tendenza, ma in quanto adeguato ad offrire quello standard di sicurezza che la moto richiede.
"Quello che va in moto" considera il suo mezzo uno status symbol; la cambia solo perché non è più di moda o perché attratto dalle tendenze del mercato.

Quando viaggia in moto, non si sente realizzato se non ha la tuta di marca, la scarpa adatta ed il casco in tinta.

In pratica è come quelle persone che, in ambito automobilistico, se non vanno in giro con il "macchinone", si sentono inutili.
In sostanza, "quello che va in moto" è il classico "pollo" che si fa spennare dall'industria della moto e dell'abbigliamento connesso; è quello che regge il fatturato del settore.
Io, personalmente, mi sento un motociclista. Amo la mia moto, la rispetto, conosco i suoi limiti (ed i miei) e dell'abbigliamento di marca, in quanto tale, non me ne frega una pippa.