Non volevo più replicare, perché trovo impossibile la mediazione fra le due posizioni, ma una piccola osservazione me la regalo comunque.
Qui non si tratta di decidere se ha più o meno senso morire a 13, 14, 18 o 40 anni, qualunque sia l'attività che si sta svolgendo, perché il senso della vita e della morte si può solo accettare e mai capire, ma se ha senso dare la vita per qualcosa in cui si crede, che ti brucia dentro, di cui si hanno le capacità e il talento per farla a prescindere dall'età, o se ha più senso vivere e basta, perché la vita è il dono più importante (che comunque perderai...).
Scusate ma su questa posizione non sono affatto d'accordo.
Tutta l'esistenza del genere umano è costellata da persone che hanno vissuto e sono morte anche in giovane età per difendere le passioni e gli ideali in cui credevano, sono le persone che hanno fatto diventare la nostra società quella che è, nel male ma soprattutto nel bene, che hanno dato voce alla loro forza interiore perché quella era la loro realizzazione vera, costi quel che costi. Il povero e sfortunato Peter - visti i risultati conseguiti - era uno di questi, forse uno dei migliori, e stava cercando il SUO futuro in qualcosa che aveva le capacità e il talento per fare al meglio (altrimenti non l'avrebbe fatto, perché era lui che correva e vinceva non suo padre o sua madre) e che avrebbe regalato a noi fra qualche anno magari emozioni straordinarie, come i piloti che tanto osanniamo oggi.
Sembra che il must sia, meglio 30.000 giorni da pecora (la vita media) che 10 da leone, anche se tu SEI un leone, perché la vita è il bene più prezioso. Quale vita? Quella della pecora? Al leone non interessa, la vivrebbe male, perennemente maledicendo di essere un leone travestito da pecora. Come alla pecora giustamente non interessa quella del leone, che non riesce a capire.
Parlate di giovani talenti musicali, presupponendo genitori schiavisti che per puro interesse obbligano figli vittime ad esibirsi, è molto iconografico ma ignorate che il vero sincero talento ama esibirsi, perché sa ed è coscio della sua diversità (io senza volervi sembrare presuntuoso, ero uno di questi...). Ho letto un commento di un ragazzo a questa vicenda. Inveiva contro una madre iperprotettiva, che gli aveva impedito con le sue paure di andare avanti nella disciplina dei tuffi. Inveiva perché non avrebbe mai più saputo dov'era il suo limite, dove poteva arrivare ed era condannato tutta la vita a vivere col il rimorso. E' una CONDANNA, non un regalo vivere senza tentare per chi può e ha il talento per farlo, e tentare ha delle regole e necessita di una certa dose di fortuna. Quella che è mancata al povero Peter.
R.I.P.
P.S. Ho anche apprezzato il commento di un padre che diceva come in Italia si passi dalle mini alle midi-moto aspettando almeno i 14/15 anni per poter gareggiare in 125. Ma in America si tende a strafare e questo da un lato ci regala la cultura dominante di questo momento storico, e dall'altro le vittime di questa cultura.
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Credo che riuscire a fare una sorpresa a Dio, sarebbe la cosa che più lo divertirebbe.
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