Veramente grazie a tutti coloro che hanno voluto rispondere al mio piccolo appello con le loro testimonianze e i loro ricordi. Grazie, perché è proprio la condivisione del ricordo che consente di tramandarlo in modo che non vada perduto e di onorare così le nostre radici.
Parlando con tanti, qualcuno mi dice: “bello, ma ormai sono cose lontane”. Qualcun altro, un po’ sottovoce, aggiunge: “Forse è il momento di metterci una pietra sopra.”
Io non penso che gli avvenimenti di cento anni fa siano troppo lontani per avere un significato vivo per noi e che non è arrivato il momento di metterci una pietra sopra e derubrica la Grande Guerra a fatto storico come la Guerra dei Cent’anni o la Rivoluzione Francese.
Credo di no per almeno tre motivi.
1) Le storie dei soldati sono ancora abbastanza vicine per essere storie di famiglia, come avete messo in evidenza anche voi. Storie di famiglie da cui trarre insegnamenti per noi e i nostri figli.
2) Qualsiasi cosa pensiamo dell'Italia, i nostri nonni - siciliani, laziali, veneti, lombardi, trentini, tirolesi (sebbene avversari) hanno combattuto, sofferto, sono morti per costruirla. Non buttiamola via e cerchiamo di renderla degna della loro sofferenza.
3) Prima e seconda guerra mondiali hanno generato il sogno di una Europa unita, unica vera salvaguardia perché quegli orrori non debbano tornare (come abbiamo visto succedere vent'anni fa alle porte di casa). Ora l'Europa rischia di essere solo l'Europa delle banche e dei burocrati di Bruxelles e molti di noi sono tentati di uscirne. Dobbiamo tenere vivo il ricordo della Grande Guerra per non cedere a questa tentazione e cercare di riportare l'Europa a quel grande sogno di composizione degli interessi locali in un governo unico.
Ecco perché, al di là delle emozioni, per me il ricordo del centenario non è romanticismo o turismo bellico.
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