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Da Walwal il Forum originario dove si parla di argomenti che riguardano il mondo Motociclistico e di argomenti correlati , la politica e gli OT sono banditi. Il Bar è intitolato al nostro caro amico Walter.


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Vecchio 21-12-2006, 20:57   #1
ilmaglio
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La volontà di Welby era chiara, nessuno l'ha messa in discussione, mi sembra.
 
Vecchio 21-12-2006, 21:09   #2
frenco
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Vecchio 21-12-2006, 21:14   #3
Joe Falchetto
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E lo confermo. Se poteva esprimere una volonta', come mai non ha fatto una diffida? mica serve poter scrivere, per quello basta un notaio...
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Vecchio 21-12-2006, 21:20   #4
ilmaglio
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E lo confermo. Se poteva esprimere una volonta', come mai non ha fatto una diffida? mica serve poter scrivere, per quello basta un notaio...
Credo che, così come Welby avrebbe avuto, secondo me, il diritto di staccare la spina e di chiedere a qualcuno di farlo al posto suo, questo qualcuno non avrebbe avuto l'obbligo di "obbedire" a Welby.
 
Vecchio 21-12-2006, 21:34   #5
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Credo che, così come Welby avrebbe avuto, secondo me, il diritto di staccare la spina e di chiedere a qualcuno di farlo al posto suo, questo qualcuno non avrebbe avuto l'obbligo di "obbedire" a Welby.
Esatto. Siccome la stampa italiana e' in sciopero, linko questo articolo: http://news.yahoo.com/s/ap/20061221/...y_right_to_die

In pratica, Welby ha chiesto, ed alla fine ha trovato un medico disposto ad aiutarlo (il quale gli ha persino somministrato dei sedativi per rendergli meno gravoso il trapasso).

Nulla di illecito, nulla di che. E' una cosa che si fa da sempre, per questo che dico che e' stata una ciarlataneria mediatico-politica e per giunta fuori target.

Ben altra cosa (cioe' eutanasia) sarebbe configurata da un paziente che senza cure non muore, ma soffre, e chiede di essere ammazzato da un medico. Mi rendo conto che la materia e' delicata, ma a rischio di sembrare insensibile, ci sono tanti viadotti da cui gettarsi e tanti spacciatori da cui comprare droga in quantita' letale e 100.000 altri modi per suicidarsi senza scomodare nessuno.
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Vecchio 21-12-2006, 21:40   #6
Smart
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E lo confermo. Se poteva esprimere una volonta', come mai non ha fatto una diffida? mica serve poter scrivere, per quello basta un notaio...
bastava fargli la domanda e con le palpebre poteva dire si o no
ma sicuramente ci sarà qualcuno che metterà cmq in dubbio la sua volontà di scegliere di morire serenamente, espressa chiaramente anche quando poteva farlo a parole
riposi in pace e ringraziamo chi ha sofferto per rendere migliore questo paese
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Vecchio 21-12-2006, 21:52   #7
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Non poteva scrivere né parlare, non era così facile, in un paese burocratico come il nostro, non credi? Come lo dava l'incarico al notaio? Battendo le ciglia?
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Vecchio 21-12-2006, 21:54   #8
Joe Falchetto
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Non poteva scrivere né parlare, non era così facile, in un paese burocratico come il nostro, non credi? Come lo dava l'incarico al notaio? Battendo le ciglia?
Mi limito ad osservare che se uno puo' dire "lasciatemi morire" alla moglie battendo le ciglia, puo' farlo anche col notaio.
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Vecchio 21-12-2006, 21:57   #9
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Mi limito ad osservare che se uno puo' dire "lasciatemi morire" alla moglie battendo le ciglia, puo' farlo anche col notaio.
è sufficiente? http://www.lucacoscioni.it/node/7131

Lettera aperta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Da Piergiorgio Welby, Co-Presidente dell’Associazione Coscioni

Caro Presidente,
scrivo a Lei, e attraverso Lei mi rivolgo anche a quei cittadini che avranno la possibilità di ascoltare queste mie parole, questo mio grido, che non è di disperazione, ma carico di speranza umana e civile per questo nostro Paese.

Fino a due mesi e mezzo fa la mia vita era sì segnata da difficoltà non indifferenti, ma almeno per qualche ora del giorno potevo, con l’ausilio del mio computer, scrivere, leggere, fare delle ricerche, incontrare gli amici su internet. Ora sono come sprofondato in un baratro da dove non trovo uscita.
La giornata inizia con l’allarme del ventilatore polmonare mentre viene cambiato il filtro umidificatore e il catheter mounth, trascorre con il sottofondo della radio, tra frequenti aspirazioni delle secrezioni tracheali, monitoraggio dei parametri ossimetrici, pulizie personali, medicazioni, bevute di pulmocare. Una volta mi alzavo al più tardi alle dieci e mi mettevo a scrivere sul pc. Ora la mia patologia, la distrofia muscolare, si è talmente aggravata da non consentirmi di compiere movimenti, il mio equilibrio fisico è diventato molto precario. A mezzogiorno con l’aiuto di mia moglie e di un assistente mi alzo, ma sempre più spesso riesco a malapena a star seduto senza aprire il computer perchè sento una stanchezza mortale. Mi costringo sulla sedia per assumere almeno per un’ora una posizione differente di quella supina a letto. Tornato a letto, a volte, mi assopisco, ma mi risveglio spaventato, sudato e più stanco di prima. Allora faccio accendere la radio ma la ascolto distrattamente. Non riesco a concentrarmi perché penso sempre a come mettere fine a questa vita. Verso le sei faccio un altro sforzo a mettermi seduto, con l’aiuto di mia moglie Mina e mio nipote Simone. Ogni giorno vado peggio, sempre più debole e stanco. Dopo circa un’ora mi accompagnano a letto. Guardo la tv, aspettando che arrivi l’ora della compressa del Tavor per addormentarmi e non sentire più nulla e nella speranza di non svegliarmi la mattina.
Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso – morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita – è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio ... è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti. Montanelli mi capirebbe. Se fossi svizzero, belga o olandese potrei sottrarmi a questo oltraggio estremo ma sono italiano e qui non c’è pietà.

Starà pensando, Presidente, che sto invocando per me una “morte dignitosa”. No, non si tratta di questo. E non parlo solo della mia, di morte.

La morte non può essere “dignitosa”; dignitosa, ovvero decorosa, dovrebbe essere la vita, in special modo quando si va affievolendo a causa della vecchiaia o delle malattie incurabili e inguaribili. La morte è altro. Definire la morte per eutanasia “dignitosa” è un modo di negare la tragicità del morire. È un continuare a muoversi nel solco dell’occultamento o del travisamento della morte che, scacciata dalle case, nascosta da un paravento negli ospedali, negletta nella solitudine dei gerontocomi, appare essere ciò che non è. Cos’è la morte? La morte è una condizione indispensabile per la vita. Ha scritto Eschilo: “Ostico, lottare. Sfacelo m'assale, gonfia fiumana. Oceano cieco, pozzo nero di pena m'accerchia senza spiragli. Non esiste approdo”.

L’approdo esiste, ma l’eutanasia non è “morte dignitosa”, ma morte opportuna, nelle parole dell’uomo di fede Jacques Pohier. Opportuno è ciò che “spinge verso il porto”; per Plutarco, la morte dei giovani è un naufragio, quella dei vecchi un approdare al porto e Leopardi la definisce il solo “luogo” dove è possibile un riposo, non lieto, ma sicuro.
In Italia, l’eutanasia è reato, ma ciò non vuol dire che non “esista”: vi sono richieste di eutanasia che non vengono accolte per il timore dei medici di essere sottoposti a giudizio penale e viceversa, possono venir praticati atti eutanasici senza il consenso informato di pazienti coscienti. Per esaudire la richiesta di eutanasia, alcuni paesi europei, Olanda, Belgio, hanno introdotto delle procedure che consentono al paziente “terminale” che ne faccia richiesta di programmare con il medico il percorso di “approdo” alla morte opportuna.
Una legge sull’eutanasia non è più la richiesta incomprensibile di pochi eccentrici. Anche in Italia, i disegni di legge depositati nella scorsa legislatura erano già quattro o cinque. L’associazione degli anestesisti, pur con molta cautela, ha chiesto una legge più chiara; il recente pronunciamento dello scaduto (e non ancora rinnovato) Comitato Nazionale per la bioetica sulle Direttive Anticipate di Trattamento ha messo in luce l’impossibilità di escludere ogni eventualità eutanasica nel caso in cui il medico si attenga alle disposizioni anticipate redatte dai pazienti. Anche nella diga opposta dalla Chiesa si stanno aprendo alcune falle che, pur restando nell’alveo della tradizione, permettono di intervenire pesantemente con le cure palliative e di non intervenire con terapie sproporzionate che non portino benefici concreti al paziente. L’opinione pubblica è sempre più cosciente dei rischi insiti nel lasciare al medico ogni decisione sulle terapie da praticare. Molti hanno assistito un famigliare, un amico o un congiunto durante una malattia incurabile e altamente invalidante ed hanno maturato la decisione di, se fosse capitato a loro, non percorrere fino in fondo la stessa strada. Altri hanno assistito alla tragedia di una persona in stato vegetativo persistente.
Quando affrontiamo le tematiche legate al termine della vita, non ci si trova in presenza di uno scontro tra chi è a favore della vita e chi è a favore della morte: tutti i malati vogliono guarire, non morire. Chi condivide, con amore, il percorso obbligato che la malattia impone alla persona amata, desidera la sua guarigione. I medici, resi impotenti da patologie finora inguaribili, sperano nel miracolo laico della ricerca scientifica. Tra desideri e speranze, il tempo scorre inesorabile e, con il passare del tempo, le speranze si affievoliscono e il desiderio di guarigione diventa desiderio di abbreviare un percorso di disperazione, prima che arrivi a quel termine naturale che le tecniche di rianimazione e i macchinari che supportano o simulano le funzioni vitali riescono a spostare sempre più in avanti nel tempo. Per il modo in cui le nostre possibilità tecniche ci mantengono in vita, verrà un giorno che dai centri di rianimazione usciranno schiere di morti-viventi che finiranno a vegetare per anni. Noi tutti probabilmente dobbiamo continuamente imparare che morire è anche un processo di apprendimento, e non è solo il cadere in uno stato di incoscienza.

Sua Santità, Benedetto XVI, ha detto che “di fronte alla pretesa, che spesso affiora, di eliminare la sofferenza, ricorrendo perfino all'eutanasia, occorre ribadire la dignità inviolabile della vita umana, dal concepimento al suo termine naturale”. Ma che cosa c’è di “naturale” in una sala di rianimazione? Che cosa c’è di naturale in un buco nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e proteine? Che cosa c’è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l’aria nei polmoni? Che cosa c’è di naturale in un corpo tenuto biologicamente in funzione con l’ausilio di respiratori artificiali, alimentazione artificiale, idratazione artificiale, svuotamento intestinale artificiale, morte-artificialmente-rimandata? Io credo che si possa, per ragioni di fede o di potere, giocare con le parole, ma non credo che per le stesse ragioni si possa “giocare” con la vita e il dolore altrui.
Quando un malato terminale decide di rinunciare agli affetti, ai ricordi, alle amicizie, alla vita e chiede di mettere fine ad una sopravvivenza crudelmente ‘biologica’ – io credo che questa sua volontà debba essere rispettata ed accolta con quella pietas che rappresenta la forza e la coerenza del pensiero laico.

Sono consapevole, Signor Presidente, di averle parlato anche, attraverso il mio corpo malato, di politica, e di obiettivi necessariamente affidati al libero dibattito parlamentare e non certo a un Suo intervento o pronunciamento nel merito. Quello che però mi permetto di raccomandarle è la difesa del diritto di ciascuno e di tutti i cittadini di conoscere le proposte, le ragioni, le storie, le volontà e le vite che, come la mia, sono investite da questo confronto.

Il sogno di Luca Coscioni era quello di liberare la ricerca e dar voce, in tutti i sensi, ai malati. Il suo sogno è stato interrotto e solo dopo che è stato interrotto è stato conosciuto. Ora siamo noi a dover sognare anche per lui.

Il mio sogno, anche come co-Presidente dell’Associazione che porta il nome di Luca, la mia volontà, la mia richiesta, che voglio porre in ogni sede, a partire da quelle politiche e giudiziarie è oggi nella mia mente più chiaro e preciso che mai: poter ottenere l’eutanasia. Vorrei che anche ai cittadini italiani sia data la stessa opportunità che è concessa ai cittadini svizzeri, belgi, olandesi.

Piergiorgio Welby

- la risposta del Presidente
Smart non è in linea  
Vecchio 21-12-2006, 22:11   #10
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E' sufficiente a dimostrare che poteva comunicare bene.

Ma da nessuna parte c'e' un divieto espresso di proseguire la cura... c'e' SOLO la richiesta di eutanasia, che e' un'altra cosa

Per questo dico che e' stata un'operazione di marketing, fumo negli occhi.
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Joe Falchetto non è in linea  
Vecchio 21-12-2006, 21:16   #11
ilmaglio
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Ma. Non mi sembra.
La questione, credo, non è il caso Welby, che è molto chiaro da tutti i punti di vista. La questione è che "aprire" su questo caso chiaro avrebbbe costituito un precedente per tanti altri casi per niente chiari.
Per esempio: la moglie che dice .. ma .. me l'ha detto lui, di staccare la spina ...
 
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