La giornata è fradda ma tersa, in queste giornate non sei tanto tu che vuoi guidare la moto, quanto lei che vuole che tu la porti a spasso.
Abbigliamento invernale e scaldo leggermente il mio K. Immaggino mentalmente il percorso dell’olio dalla coppa ai cilindri. Adesso è abbastanza fluido. Posso partire. Partire ma piano perché vedo ancora l’olio del cambio e della coppia conica denso come marmellata; si spalma irregolarmente tra i freddi ingranaggi a chiazze.
La mia moto non parla, nel senso che non conosce la lingua umana, ma attraverso i rumori, seppur attutiti dal casco, comunica le proprie emozioni. Attraverso i movimenti fa da interprete tra te e la strada. Possiede inoltre una sorta di telepatica intesa che in tempo reale permette la comunicazione veloce.
La mia K ha vent’anni: io quando avevo vent’anni non avevo paura di nulla. In questo un po’ mi assomiglia.
Ho la moto ideale: una moto con la storia alle spalle ma abbastanza moderna. Non vorrei un’altra moto. Oltretutto le moto nuove mi fanno un po’ senso: vanno come quelle vecchie ma si rompono prima e quando si rompono ti fanno incazzare e ti viene da pensare che più la moto è nuova e più e nuovo il tecnico che l’ha progettata.
Ma non si sono parlati tra loro?
E’ che il vecchio ingegnere è andato in pensione e l’ultimo giorno di lavoro si è portato via la cartella con i disegni del vecchio motore; quello nuovo ha dovuto cominciare tutto daccapo; è un giovane capace, volenteroso ma con poca esperienza. Non è colpa sua ma cade sovente sulle banalità.
La moto è sostanzialmente un pezzo di ferro dalla forma simmetrica. Tutte le moto sono uguali nell’impostazione generale e nemmeno tanto diverse nella funzione che assolvono. Si reggono in piedi soltanto in movimento grazie all’effetto giroscopico delle ruote.
La differenza tra una moto e l’altra è limitata ed apprezzabile solo dopo una prova ma il suo gradimento è assolutamente soggettivo. E’ insensato definire una moto migliore di un’altra. Una moto può riservarmi delle sensazioni che un altro non percepisce nemmeno, e viceversa.
Se apprezzi la tua moto, qualunque essa sia, migliorerai il rapporto con lei, comincerai ad ascoltarla e lei, se mai ti lascerà a piedi lo farà con garbo e giudizio. Se può ti porterà a casa, se proprio non può perché magari il cardano si è rotto si fermerà sapendo che hai ancora le forze per spingerla per quattro chilometri prima di casa.
Se poi si ferma due chilometri dopo il casello, alla partenza di un viaggio sognato, allora non è la tua moto. Tu credi che lei ti appartenga solo perché hai firmato una pila di ottocento cambiali ma lei non lo sa.