va be', vuoi la risposta seria.
io non volevo.
l'ha voluto lui.
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per giudicare la Telelever, occorre fare un discorso più generale sulle soluzioni "alternative" alla forcella telescopica.
Lo scopo principale di queste soluzioni è separare la funzione sterzante da quella ammortizzante, ovvero coniugare la massima costanza d'assetto a seguito di trasferimenti di carico (eminentemente in frenata ma non solo) con la massima efficacia nell'ammortizzazione, ossia in una copia il più possibile fedele del manto stradale. Eliminare insomma sia il beccheggio, sia la probabilità di andare a pacco su sconnessioni sotto carico.
La forcella, per garantire assetti meno scompensati possibili, oltre a dover investire una fortuna nella qualità e dimensione dei componenti, ha comunque bisogno di escursioni piuttosto ridotte e di risposte piuttosto sostenute, il che significa che l'incontro di una sconnessione in frenata, per una forcella studiata per rendere al top sui trasferimenti di carico, è sconfortevole e pericolosa.
gli scritti di Vittore Cossalter e dei suoi collaboratori (
http://www.dinamoto.com ), sono sicuramente validi ed interessanti.
il succo delle conclusioni dell'articolo di Cossalter sul Telelever, citato migliaia di volte su tutti i siti bmwari italiani, è che, con il telelever, il trasferimento di carico arriva alla ruota
prima, quindi consente di esercitare la massima forza frenante senza scivolare
prima di una forcella di analoghe caratteristiche di escursione, frenatura e costante elastica; e che le fondamentali quote ciclistiche risultano meno alterate in frenata, addirittura arrivando a un lieve aumento di avancorsa (stabilità e direzionalità).
In maniera più organica e discorsiva, si può ricorrere a un numero di
Motociclismo, precisamente giugno 2005, anno 92 n. 6, pp.268-281 (senza mezza pagina di pubblicità, è un servizio grosso): trattano in maniera comparata le caratteristiche fondamentali di 4 sistemi.
L'articolo (anzi la serie di articoli) è piuttosto approfondito, senza esagerare.
L'inquadramento generale della cinematica delle sospensioni "alternative" è così presentato:
"Il principio di funzionamento è sempre lo stesso: visto di lato, esso è costituito da due aste fissate al telaio e collegate tra di loro mediante un terzo componente (biella) che normalmente è solidale al mozzo ruota; dalle lunghezze delle aste, della loro posizione ed inclinazione relativa e dalla loro posizione iniziale rispetto al telaio, dipende la
traiettoria percorsa dal punto di contatto ruota-terreno, e quindi il comportamento della sospensione anteriore in frenata. Tale traiettoria è facilmente ottenibile
individuando il punto detto 'centro di istantanea rotazione' della biella [...].
[...]
se la traiettoria del punto di contatto è inclinata nel senso di avanzamento (in avanti rispetto alla verticale), una parte della forza frenante lavora a favore dell'estensione della sospensione. Questo tipo di configurazione consente di ottenere il cosiddetto effetto anti-dive: l'affondamento legato al trasferimento di carico è contrastato dalle forze di frenata. Al contrario,
nel caso della forcella, la traiettoria del punto di contatto a terra è sempre inclinata verso il posteriore della moto, per cui la forza frenante lavora a favore della compressione dell'ammortizzatore [...] Se, infine, la traiettoria è verticale, la forza frenante non influenzerà in alcun modo il comportamento della sospensione, che sarà in questo caso neutro.
[...]
La soluzione a quadrilatero è eccezionalmente versatile: consente un numero infinito di traiettorie - quindi di comportamenti dell'avantreno - in frenata e,
giocando con la lunghezza delle aste [...], permette di ottenere durante l'escursione della sospensione variazioni positive o negative dell'inclinazione della biella, quindi dell'asse di sterzo e dell'avancorsa, cosa impossibile con una forcella. I benefici più evidenti si notano in fase di frenata: non in termini di spazi d'arresto, ma piuttosto di
riduzione dei transitori;
in pratica si riduce l'intervallo di tempo che intercorre tra l'azionamento della leva del freno e l'effettiva trasmissione della forza frenante a terra, in quanto la variazione d'assetto è minima[...] Come rovescio della medaglia si ha
una certa complessità costruttiva [...]"
Volendo riassumere le altre considerazioni fatte nel servizio, sulle sconnessioni leggere ripetute la meglio ammortizzante è il telelever (moto: R1200ST), su quelle grosse il duolever (K1200R), in frenata e nel beccheggio il più efficace è lo schema del forcellone oscillante (Vyrus), seguito a poca distanza dal telelever, e solo poi dal duolever; mentre sulle sconnessioni singole di breve durata sono all'incirca tutte alla pari.
Un aspetto negativo comune di forcella (MV F4, il top del top all'epoca) e telelever è la
scarsa escursione, mentre sotto questo aspetto sicuramente la soluzione migliore è quella della duolever.
Un
aspetto fondamentale ma poco rappresentabile è quello che riguarda
la trasmissione delle forze, che ovviamente migliora quanto più il loro "percorso" è rapido e si svolge attraverso elementi più robusti e/o, per la loro dimensione e/o per la loro disposizione rispetto alla direzione delle forze da trasmettere, meno soggetti a risultarne deformati (nel caso delle sospensioni con foderi e canne, tale deformazione comporta infatti anche "stiction" o static friction, tendenza alla non scorrevolezza da flessione).
Sotto questo profilo senz'altro il forcellone oscillante tipo tesi/vyrus primeggia alla grande, avendo addirittura un comando dello sterzo indiretto; è seguito dal duolever che ha una favorevolissima trasmissione delle forze, e anch'esso uno sterzo sgravato da tale compito. La forcella telescopica e il telelever vanno meno bene (anche se il telelever va molto meglio): le forze corrono a lungo attraverso elementi "male" inclinati rispetto a esse, alcuni dei quali sono poi di resistenza modesta (e qui la qualità ad esempio delle piastre conta anch'essa parecchio), e si trasferiscono altresì tra piani con angoli piuttosto stretti, anch'essi non molto favorevoli. (Oltrettutto il cannotto di sterzo è in una posizione tale da esercitare una forte leva sul telaio intero, mentre i punti di fissaggio del telever del duolever e del forcellone oscillante sono più accentrati, quindi gli shocks che vi si scaricano sono meno destabilizzanti.) In questo aspetto il dimensionamento, la qualità dei materiali e il design (steli rovesciati) delle componenti della forcella e in generale dell'avantreno della moto che la adotta, incidono molto sulla minore o maggiore scorrevolezza ed efficienza generale.
La sintesi finale è un po' monca: si potrebbe dire che
la forcella "vince il campionato pur perdendo tutte le partite" (o quasi) perché è poco complicata e poco delicata (mentre il migliore di tutti, il sistema vyrus, è delicatissimo per la sua dipendenza da giochi micrometrici che richiedono materiali, lavorazioni e manutenzioni dispendiosissime),
pesa e ingombra poco, essendo da decenni l'"incumbent" ha avuto uno sviluppo qualitativo di materiali e componenti nettamente superiore a quello delle altre, e soprattutto... i piloti sono abituati a capire quello che succede attraverso di essa, e non si trovano bene con la "trasmissione di informazioni" attraverso le altre.
Infine, la variazione di quote ciclistiche consentita dalla forcella (che come abbiamo visto all'inizio è ritenuto un difetto di funzionamento nelle premesse per "cercare altro") è sfruttabile da piloti abili per velocizzare l'inserimento della moto in curva. Questo effetto ha una doppia dimensione: da un lato la riduzione transitoria di avancorsa è oggettiva; dall'altro, si ha qui il noto
effetto qwerty: se le dattilografe (e oggi che tutti usiamo molto la tastiera, la popolazione nel suo complesso) sono formate battendo sulla tastiera qwerty, tutti gli studi che, lingua per lingua e grafia per grafia, sono volti a individuare il posizionamento ottimale dei tasti per probabilità e prossimità, sono destinati, anche se azzeccati, a imporre una transizione lentissima che nessuno dotato di senno sentirà mai di accollarsi da solo, perché condannerebbe il proprio ufficio a perdere un sacco di tempo e momentanea produttività per riformare il proprio staff (restando anche prigioniero dei propri dipendenti). La forcella (
un'invenzione BMW) è - non solo ma anche - la tastiera qwerty della guida agonistica di velocità.
Tre ultime considerazioni.
La prima. Gli schemi alternativi sono all'età della pietra: il peso, l'ingombro rilevantissimo e la delicatezza sono tare micidiali per motociclette finalizzate alla prestazione, per esempio
il telelever è uno schema che allungherebbe enormemente una moto con una disposizione del motore diversa dal boxer e dal vecchio "sogliola". Il duolever fa meglio ma non scherza. La vyrus è complicata come un'aereo

e richiede una verifica minuziosa e frequentissima delle tolleranze. E'
palese che se non si farà in modo che il vantaggio di questi schemi non vincoli ad altri enormi svantaggi, i modelli stradali più rivolti a primeggiare nell'agonismo restano COMPLESSIVAMENTE irraggiungibilil, con tutte le pecche della forcella.
La seconda. Una moto da corsa (su asfalto) non è progettata per rispondere ad asperità improvvise e significative mentre le sospensioni sono già pesantemente impegnate da uno smorzamento dei carichi. Una qualsiasi moto che viene utilizzata sulle nostre strade, in questo senso, ha invece una grossa spina nel costato quando si confronta con una moto che solleva quasi completamente il conducente dal problema di disaccoppiare mutamenti d'assetto da trasferimento di carico, frenata e passaggio su sconnesso.
(Ancora dall'articolo di Motociclismo citato:
"Chi ha messo mano a sistemi alternativi [alla forcella telescopica], lo ha invariabilmente fatto con il fine di ottenere una sospensione che affondi solo per copiare le asperità del terreno, garantendo la massima aderenza possibile ai pneumatici; e che minimizzi, viceversa compressioni ed estensioni da trasferimento di carico [...] Una sospensione che in frenata arrivi già a fondo corsa non disporrà di alcuna risorsa per far fronte a una piccola buca, che diventa in grado di far saltare la ruota fecendole perdere contatto con il terreno (allungando gli spazi di frenata) e bloccandola durante il distacco (diminuendo la stabilità).")
La terza. Una moto da competizione su
fuoristrada non è progettata per conservare rigorosissimamente l'assetto con accelerazioni e decelerazioni molto significative, anche perché scarica fisiologicamente in perdite d'aderenza tutte le richieste di aggiustamento "eccessive" non appena esse vanno a gravare sulle gomme. Le sue sospensioni devono assicurare molta luce a terra e uno scorrimento molto esteso; e
non hanno praticamente nessuna controindicazione a farlo, diversamente da una stradale. (Almeno così a me pare.) E' abbastanza assurdo quindi su di essa porsi il problema di separare funzione sterzante e ammortizzante, e farlo al prezzo di un maggiore peso e ingombro e di una proliferazione di cuscinetti a sfera e altre componenti delicate agli urti e poco amiche di polvere e altri agenti naturali di erosione.