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Vecchio 16-05-2012, 08:36   #26
Enri&Co
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Barcellona/Milan all’Atlas Safari.

Prima comincia a piovere, poi una violenta grandinata che ci costringe ad una sosta per qualche minuto, infine la neve che si deposita pastosa sulla visiera del casco e sul parabrezza della moto. Fa un freddo cane sui tornanti costeggiati di boschi di conifere che stiamo attraversando. Sembra di essere sulle alpi austriache ed invece stiamo valicando uno dei pochi passi che da Fes, passando per Ifrane, ci condurrà a Midelt. Eravamo preparati alla possibilità di incontrare freddo sui valichi più alti del Medio Atlante, ma certo non ci aspettavamo questo freddo, ne, tanto meno, la neve. A Midelt la temperatura è mite.

Arriviamo con la piazza e le strade adiacenti in piena agitazione pre partita. I marocchini sembrano essere grandi appassionati di calcio. Sono le sei del pomeriggio, ma è bene ricordare che, per via dell’ora legale, già in vigore in Italia, qui siamo due ore indietro. Sciami di persone di ogni età si dirigono frettolose ad occupare i posti dentro e fuori, seduti o accalcati in piedi, dei pochi locali dotati di impianto di ricezione satellitare. Non abbiamo prevista nessuna prenotazione, ma non faccio in tempo ad estrarre la guida dalla valigia laterale che siamo avvicinati da un ragazzo che si propone di indicarci l’hotel di un “amico”. Rifiuto con cortesia e riprendo a consultare la guida. Lui insiste: “solo tu guarda” ripete portandosi l’indice della mano verso l’occhio. Rifiuto e riprendo a leggere. Un boato! Barcellona 1-Milan 0. Pare proprio che qui siano tutti dalla parte degli spagnoli! “Solo tu guarda” – “No, grazie”, ma intanto la guida mi informa che a Midelt non ci sono alloggi decenti, così, pur mostrando poco interesse, acconsento a seguirlo. Le stanze del.. chiamiamolo hotel, dell’”amico”, sono davvero poco invitanti. Non se ne parla. Il giovane non si scoraggia, ne conosce un altro, sempre di un suo “amico”, poco distante. Per accompagnarci chiede di salire sulla moto. Impossibile! Abbiamo, sia Marco che io, legati sulla sella del passeggero, il rollo impermeabile con i nostri effetti personali, ma lui non si scoraggia ed inizia a correre lungo una strada in discesa, facendo segno di seguirlo. Di nuovo grida e cori. Barcellona 2-Milan 1.

Ad un incrocio vedo che discute un po’ con Marco e poi salta svelto a cavalcioni sul borsone. Roba da matti. Arriviamo all’Atlas Safari. L’insegna è stesa lunga per terra, mezzo staccata dal palo, divelto, che la reggeva, la scritta è in frantumi. Le stanze sono al primo piano. Sotto, al piano terreno, un bar affollato fino all’inverosimile di persone, parlottano e discutono. Siamo nell’intervallo tra il primo ed il secondo tempo. L’hotel è decente, trattiamo il prezzo, 200 Dirham. Scarichiamo i bagagli. Pensavamo che tutto fosse finito ed invece ritroviamo il nostro amico sotto il portone che insiste per portarci a cena da un suo “conoscente”. Ormai non ce la facciamo più a discutere ancora e a reagire; lo seguiamo a piedi fino ad un buco di locale con due tavolini di formica verde pallido e le gambe di metallo. Sporchi, unti, sudici da farti passare l’appetito. Le pareti e le suppellettili sono anche peggio. In un locale così, se fossi in Italia, probabilmente non ci metterei piede manco morto.

Un nuovo coro di urla festanti ci distrae quel tanto che basta per farci sedere. Barcellona 3-Milan 1. Ordiniamo due tajine*, ceniamo e.. .. e naturalmente troviamo fuori dal locale sempre lui che adesso vuole mostrarci la sua collezione di tappeti berberi e bracciali d’argento. “solo tu guarda” mi dice ancora, sempre puntandosi l’occhio con l’indice. Senti amico – gli rispondo, prima in francese e poi, a rincarare la dose, in italiano – Io guarda, ma non compra. Non compra proprio niente.- Perché tu non compra?- Io non compra perché mi sono stufato e voglio andare a dormire – Devo essere stato convincente abbastanza, perché senza una replica ci saluta con grandi benedizioni e scompare in una viuzza buia in salita. Devo essere stato talmente convincente che Marco mi fa: -dici che stanotte ci viene a tagliare le gomme?- Noo, gli rispondo, stai tranquillo. Abbiamo avuto la sua benedizione e quella di Allah e quando dicono così sono davvero sinceri. La questione è chiusa. Arriviamo che il bar sotto l’alloggio si sta svuotando. La partita è finita. La giornata è finita, uno sguardo alle moto e ce ne andiamo a dormire. L’indomani, finalmente, cominceremo a lasciare le città e ad inoltrarci nel deserto e le montagne del Marocco orientale.

Il Tajine è un piatto tipico del marocco, il nome stesso è di origine berbera e indica il tegame in cui viene cucinato. Gli ingredienti sono carne, di solito pollo o agnello, riso e verdure. Il piatto tradizionale è fatto interamente di terracotta, ed è composto da due parti: una parte inferiore piatta e circolare con i bordi bassi, ed una parte conica superiore che viene appoggiata sul piatto durante la cottura. La forma del coperchio è pensata per facilitare il ritorno della condensa verso il basso ottimizzando la cottura degli ingredienti. La parte inferiore viene usata per servire il piatto in tavola. In origine la cottura veniva svolta appoggiando il tajine sulle braci, oggi anche su delle specie di barbecue. La cottura avviene lentamente, affinché la carne risulti tenera e aromatizzata, e le verdure ed il riso lessati dalle altissime temperature e dal vapore che si sviluppa all’interno del cono.

Il grande pregio, per noi occidentali, è che il cibo arriva in tavola rovente, così lasciavamo le posate, spesso sporche ed appiccicose di unto, qualche minuto infilate nella pietanza nella speranza che il calore le sterilizzasse almeno un poco. Devo dire che lo stratagemma ha funzionato. Nessun disturbo di stomaco ci ha mai colto durante tutta la durata del viaggio.

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Vecchio 16-05-2012, 21:04   #27
saveriomaraia
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Mbe?!

Dai dai che ho fame di leggere! 😄


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Vecchio 17-05-2012, 10:36   #28
Enri&Co
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Sto continuando a scrivere ma ci vuole un po’ di pazienza.
Qua devo fare tutto io, perché il mio socio McMarco dopo i numeri da circo equestre che abbiamo fatto sulle piste dell’Atlante,





ed in preparazione dei prossimi viaggi, ha pensato bene di partecipare ad un corso di guida in fuori strada, ed adesso si allena sui campi da cross.





Dice che non vuole più ritrovarsi ad essere costretto a baciare l’asfalto ritrovato, solo per aver attraversato qualche decina di chilometri di pietraie.





Bah, non ci sono più i motociclisti di una volta..

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Vecchio 18-05-2012, 09:32   #29
Enri&Co
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L’Hamada, lo Uadi e l’Erg.

Questo abbiamo fatto lasciando Midelt di buon’ora diretti a sud, attraverso il Marocco centrale. Siamo entrati nell’Hamada, che tra tutte le forme di deserto, le altre sono l’Erg (sabbia) ed il Serir (ghiaia), è la più ostile a qualsiasi forma di vita.



Il termine, in arabo, significa: “senza vita”. Il terreno è arido, roccioso e ricoperto di pietre aguzze. Si arroventa rapidamente sotto i raggi del sole, e si raffredda altrettanto velocemente al sopraggiungere della sera.



Eppure, nonostante queste caratteristiche terribili, viene scavato ed eroso facilmente dal vento e dall’acqua, così dove scorre o scorreva un fiume si forma o si è formato uno Uadi che taglia la superficie piatta e arida fino a formare canyon profondi.



Che in questa regione del paese raccolgono l’acqua del disgelo proveniente dalle cime più alte dando vita a oasi rigogliose e lussureggianti.



Attorno al letto del torrente, le palme, gli ulivi, gli aranci crescono abbondanti. Il poco terreno, strappato alle pietre, viene coltivato. Gli insediamenti umani si accalcano nelle piccole porzioni di territorio rese vitali dallo scorrere della scarsa acqua, fino al confine immaginario dove l’acqua stessa non riesce ad andare oltre e le pietre, il sole e l’arsura hanno di nuovo il sopravvento.



Continuiamo ad attraversare l’hamada, costeggiando lo uadi della valle dello Ziz, fino a Rissani dove ci fermiamo a pranzo: omelette berbera, un miscuglio di uova strapazzate, verdure, pomodori e olive, cucinate nella solita tajigine, tutt’intorno ronzano acchiappa turisti che passano avanti e indietro sbirciandoci con la coda dell’occhio. Ci rendiamo conto di essere in qualche modo fuori luogo, di averli perlomeno disorientati se non sorpresi. Che ci fanno due occidentali a sedere in un bar ristorante abbastanza fatiscente, sudicio quanto basta, a mangiare assieme ad arabi e berberi che fumano, bevono caffè e discutono tra loro. Uno, tra i tanti, trova il coraggio di avvicinarci, ci chiede dove siamo diretti, se abbiamo bisogno di un alloggio o se vogliamo fare un giro nell’erg. Siamo a posto gli rispondiamo, appena finito di mangiare ci dirigeremo verso il deserto. Non ci serve nulla. Sappiamo esattamente dove vogliamo andare. Proprio verso quelle colline dorate laggiù in fondo, le dune dell’Erg Chebbi.



Regalo un pacchetto di sigarette ad un uomo che ci si è avvicinato timidamente. Un uomo con gli occhi da giovane, ma con la pelle da vecchio. Un uomo forte ma con addosso la stanchezza di chi lavora duro da cento anni. Un pacchetto di sigarette, quello che avevo in mano. In quegli istanti mentre ci guardavamo negli occhi non mi è venuto in mente altro. Che Allah mi perdoni. Ancora adesso il ricordo di non aver fatto di più mi rattrista. Eppure devo aver fatto molto perché lui si posa la mano destra sul petto e china appena la testa in segno di saluto. E tutti gli altri dai tavoli attorno ci salutano sventolando le mani e ringraziandoci a voce alta, mentre saliamo sulle moto e partiamo. Il deserto ci aspetta. Il deserto, con le sue dune giallo, oro e il sole che le accarezza.



Il deserto. Che parola grossa, avremo fatto si e no qualche centinaio di metri prima che le ruote affondassero e le moto, che probabilmente già sapevano come sarebbe andata a finire, si appoggiassero indifferenti sul para coppa e ci dicessero: -e adesso?-



Riportare sul terreno più compatto la moto di Marco è stata una faticaccia. Una vera faticaccia, questo il prezzo da pagare per voler provare l’emozione di sentirsi, per un istante, come i campioni di qualche blasonato rally africano. Il sudore mi colava dalla schiena, lungo le gambe, fin dentro gli stivali, ma resistere alla tentazione di lanciarsi in quel mare di sabbia soffice e vellutata sarebbe stato impossibile..



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Vecchio 18-05-2012, 11:42   #30
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Se può fare piacere c'è mio cugino che ha un Hotel a Merzouga.....
http://www.elfaris.net/
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Vecchio 19-05-2012, 13:52   #31
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Oh, Mica mi puoi lasciare con le moto insabbiate!
Daiiii. 😄
Mi ricordi candy candy: per creare aspettativa le puntate finivano sempre nel momento peggiore,


Aifonn e palpalatappa.
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Vecchio 21-05-2012, 10:58   #32
McMarco
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Grande Enri&co! per fortuna che ci sei tu ad alimentare il report xche io sono rimasto parecchio indietro!!!

Fare un stage di OFF con la moto scarica e' stata una passeggiata in confronto a quello che mi tocca fare per starti dietro con la moto a pieno carico!!
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Vecchio 28-05-2012, 08:57   #33
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Di qua non si passa.

Ci lasciamo il deserto di Merzouga e la località di Taouz, da dove cominciano tutte le piste che si inoltrano verso le profondità del deserto sahariano, alle spalle.
Il nostro programma prevede di essere al Ksar di Ait Ben-Haddou in serata.



Il Ksar è un città fortificata dove in passato facevano sosta e trovavano ristoro le carovane di pellegrini o commercianti di spezie.
Ait Ben Haddou si trova sulla rotta dei carovanieri che attraverso il deserto del Sahara erano diretti a Marrakech.



Le torri, che una volta erano di guardia, ospitano nidi di cicogne.
Il fiume Ouarzazate scorre a fianco della cittadella. Il sole, nelle diverse ore del giorno, dipinge le mura di terra e argilla, con tutte le tonalità dell’arancio, del marrone e dell’ocra.



I monti all’orizzonte, con le cime ancora innevate, danno un tocco di magia ad un panorama unico.



La bella N10, percorsa al giorno d’oggi da moderne carovane di turisti, non c’interessa per niente.
Puntiamo diretti su Goulmina per una strada interna, nonostante le poche persone che incrociamo ci facciano segno a grandi gesti che di lì non si passa.
Noi proseguiamo imperterriti.

http://youtu.be/tgIpzxZXIN8

Figuriamoci se, dopo l’Islanda, un fiumetto fangoso che invade la sede stradale ci può fermare.
All’altezza di Tineghir entriamo e percorriamo le Gole del Todra



Per lasciare, dopo pochi chilometri, l’asfalto. Il bivio dove la strada si divide è piantonato da una banda di ragazzini che ci avvisano che oltre il passo la strada se l’è portata via il fiume e si offrono di accompagnarci su di un'altra.
Io non mi fermo nemmeno, Marco chiacchiera un poco ma poi mi segue.
Poco dopo altri uomini che incrociamo sul cassone di un vecchio camion ci avvisano di nuovo che non si passa, ma ancora una volta, come sento le parole “vi accompagno”, ingrano la marcia e parto spedito.
Sarà stata l’esperienza a Fes con Youssef, o il giovane di Midelt, quello dell’Atlas Safari, la bettola sudicia e i tappeti che ci voleva rifilare, ma ormai quando sento “vi accompagno” l’istinto mi fa ingranare la prima ed aprire di botto la manetta del gas.



Sulla carta è segnata una via attraverso un passo che sale fino a 2800 metri di quota e con un giro a semicerchio dovrebbe ricondurci verso le gole del Dades.
Quella prendiamo, in barba a tutti gli avvertimenti, incoscienti ed inconsapevoli di cosa ci attenda..
La strada è una striscia appena accennata che sale i pendii, il fondo è di terra solo un poco più pressata di quella che la circonda. Spediti saliamo di quota. L’aria è fredda.
Rapidamente arriviamo al passo, segnato da quattro pietre in bilico una sull’altra.



Marco posiziona la sua macchina fotografica sul manubrio, aziona l’autoscatto



e documentiamo per i posteri la conquista del valico, prima di iniziare la discesa.



Chi va in montagna lo sa, spesso la discesa è molto più impegnativa della salita.
Nel caso nostro la motivazione è presto detta, come a più riprese avevano cercato di avvisarci, la strada non c’è! Le piene invernali hanno cancellato completamente qualsiasi traccia. Dopo pochissimi chilometri ci si para davanti il fondo di un canyon ricoperto di ciottoli e pietre che sembrano tagliate con l’accetta, tanto i bordi sono affilati e gli spigoli accuminati.
Più scendiamo e più la gola si restringe.



Sarebbe il percorso ideale per una prova speciale di trial, peccato ci tocchi farla con uno Scania a pieno carico!
Le moto rimbalzano da una pietra all’altra, in particolare la mia. Con queste condizioni di terreno il telelever lavora esattamente come se al posto della molla ci fosse un bastone di legno. Vado in terra tre/quattro volte, non ricordo con esattezza, ma se lo volete sapere con precisione scendo in garage a contare le ammaccature lasciate sulle alu dalle pietre appuntite e poi ve lo dico.
Marco mi sembra un po’ teso, stanno collezionando, lui e soprattutto la moto, una sfilza di botte che lasceranno il segno; e poi mi accorgo che, quando ci fermiamo a rifiatare o mi viene ad aiutare a rialzare la moto, non fa più le battute spiritose che ci scambiamo di solito. Non ci sono le benevole frasi di scherno che due amici e compagni di viaggio affiatati si scambiano normalmente.
La conferma di questa sensazione ce l’ho dopo forse una ventina di chilometri di “prova speciale” perché, primo: gli ritorna il buonumore, secondo: pretende una foto mentre si scambia effusioni amorose con l’asfalto ritrovato.



Dopo di che, arrivare alle Gole del Dades è un passeggiata.
Tutto è come nei depliants del turismo ed anche noi non ci possiamo trattenere dal fare le due foto più scattate da chi si trovi a passare da queste parti.
La prima alla strada che scende nella gola.



La seconda alla fortezza (ora trasformata in albergo) che la sovrasta.



Oltrepassiamo il ksar di Imzoudar, completamente abbandonato, che sorge accanto a caratteristiche formazioni di roccia.



Ed arriviamo in serata, come previsto, ad Ait-Ben Haddou.
La Kasbah Valentine è un gioiellino che consiglio a chiunque si debba fermare da queste parti. Il titolare e la moglie, dopo un primo istante di smarrimento nel vederci arrivare conciati come siamo, di una squisitezza unica. Ci servono thè alla menta e mandorle tostate in attesa della cena.

Siamo stanchi, sporchi, ammaccati, ma consapevoli che la tappa di oggi è una di quelle che non si dimenticano.

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Vecchio 30-05-2012, 11:26   #34
Enri&Co
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Di che colore sono i muri delle vostre case?

Uscendo dalla stradina dove si trova il nostro alloggio, ci affacciamo sull’unica strada che attraversa Ait-Ben Haddou. Da una parte la strada asfaltata da cui siamo arrivati la sera precedente. Dall’altra si esce dal paese per una striscia di terra che dovrebbe condurre al passo Tizi’n-Tichka.
Asfalto o terra? Che domanda inutile. Terra!

Ma che significato ha la parola terra in questi luoghi desolati. Per noi qualche chilometro di avventura in più. Per chi qui ci vive, a volte appena sopravvive, e trascorre la vita intera, significa casa. Rappresenta il luogo dove trovare riparo al gelido inverno. Dove custodire le capre che, col latte, la carne ed un minimo di agricoltura, sono spesso l’unico mezzo di sostentamento.

Case rosse di terra rossa.



Case chiare di terra chiara.



E per i più fortunati, accanto a case scure di terra scura, uno splendido campo di calcio.



Case di terra dove crescere i propri figli.

Figli che non hanno gli stessi occhi languidi che si vedono nelle foto messe in giro dalle molteplici organizzazioni che dedicano energie e risorse ai bambini d’Africa.
Gli occhi dei bambini che abbiamo incontrato su queste mulattiere sono allegri, i visi sereni. Ci correvano incontro felici di vederci passare, probabilmente emozionati soltanto dal fatto di poterlo raccontare. Forse nei villaggi attraversati in questa parte del Maghreb abbiamo avuto la fortuna di incontrare gli ultimi bambini berberi rimasti lontani ed isolati dal luccichio illusorio dei flussi turistici. Se sia un bene o un male, non saprei dirlo. Bambini che non hanno nulla, spesso nemmeno le scarpe, ma nulla chiedono. Al contrario di tantissimi altri incontrati ai “margini della civiltà” che ci aggredivano a sciami, chiedendoci di tutto, a volte pretendendo di tutto.

Saliamo, attraversando villaggi





E ruderi di villaggi



Marco lamenta a più riprese un rumore strano sul posteriore che pare fare i capricci. Ci fermiamo più volte a controllare e rimettere in tensione la catena che evidentemente ha sofferto per le botte ricevute lungo la tappa del giorno precedente.



Arriviamo al passo. A terra ancora qualche spruzzata di neve



Scendiamo.
La strada è meravigliosa. Di tanto in tanto siamo avvicinati da qualche cortese venditore di pietre fossili.



Nel fondo delle valli, dove scorre appena un poco di acqua, campi coltivati ordinatamente e mandorli in fiore.



Passiamo più volte dal freddo al caldo fino ad imboccare la strada che ci porterà a Marrakech.

L’impatto col caldo ed il caos infernale del traffico attorno alla città è micidiale.

Il primo impulso è di girare la moto e tornarcene in mezzo ai monti. Per strada c’è di tutto: dal carretto spinto a braccia, carico di verdure al pullman granturismo; dalla famigliola di padre, madre e figlio a cavalcioni di un somarello, al 4x4 super attrezzato, ed ognuno sembra che vada per la propria strada seguendo il proprio ritmo e le proprie traiettorie, incurante di ciò che lo circonda, e forse è proprio così che funziona. Ci infiliamo frastornati in un ordine apparentemente disordinato, ma a cui anche noi ci adeguiamo prontamente.

Benvenuti a Marrakech.

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Vecchio 30-05-2012, 14:17   #35
McMarco
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Per forza ho baciato l'asfalto non e' che la situazione in cima al passo fosse molto rassicurante......



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Per quanto riguarda la tappa, con il senno di poi e' stata forse un po eccessiva. Se si ha il tempo meglio dividere la tappa in due o fermarsi prima per godere al meglio dello spettacolo. In ogni caso partire dal deserto al mattino e ritrovarsi dopo poche ore alle soglie dei tre mila metri e' stata una esperienza unica ed incredibile!
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Ultima modifica di McMarco; 30-05-2012 a 14:25
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Vecchio 30-05-2012, 14:22   #36
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Per chi volesse maggiori informazioni per il pernotto alla Kasbah Valentine qui trova tutti i dettagli:
http://kasbahvalentine.com/
Oltre ad averci offerto te, mandorle e dolci come aperitivo ci hanno poi servito probabilmente il miglior pasto di tutto il viaggio.

Per quanto riguarda il percorso da Ait ben Haddou fino a Telouet per dovere di cronaca bisogna dire che la strada e' ora asfaltata e facilmente percorribile, i panorami e i continui cambi di colori la rendono comunque uno spettacolo davvero incredibile.
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Ultima modifica di McMarco; 30-05-2012 a 14:27
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Vecchio 31-05-2012, 12:50   #37
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Incantatori di serpenti o incantatori di turisti?

Dedico poche righe alla piazza Djema el Fnaa di Marrakech.




Forse non era quello che cercavo in questo viaggio. Forse tutte le meraviglie descritte nelle maggior parte dei racconti di viaggiatori entusiasti mi avevano reso prevenuto. Certo è stata una mezza delusione.




Le decine di bancarelle che propongono cose da mangiare sono tutte uguali.
Ciò che ti servono, abbastanza scadente.




I numerosi “artisti di strada” che improvvisano spettacoli sono le comparse di un circo all’aperto. C’è il vecchio con la scimmietta al guinzaglio, anch’essa vecchia e spelacchiata. L’incantatore di serpenti con i rettili frastornati dal baccano della calca anziché dal suono degli strumenti. Ci sono le danzatrici berbere col velo fin su gli occhi, ma se le guardi bene ti accorgi che sono uomini travestiti. I tamburi. Le campanelle di latta. Le donne che ti scarabocchiano le braccia con l’henné.



Tutti son lì a chiedere soldi. Gli spettacoli solo un pretesto.
Come ti avvicini e fai il gesto di alzare la macchina fotografica, li vedi allungare la mano ed intimarti: money!




Non so che aggiungere. Forse è un lavoro anche questo e come tale deve essere rispettato. In un paese che non ti offre gran che, riuscire a far giornata assecondando gli umori del turismo di massa, in fondo è piccola fortuna.




Per me però è stato molto più avventuroso entrare a Marrakech e, assecondando il traffico caotico, scovare il riad che avevamo prenotato proprio nel cuore della Medina. Facilissimo da raggiungere secondo i gestori, una coppia di hippies francesi sopravvissuta, abbiamo immaginato, ai fasti dorati dei tempi del film Marrakech Express. Nella realtà talmente imbucato in una stretta stradina che non avremmo mai trovato senza l’aiuto di una banda di ragazzini che in cambio di qualche Dhiram ci hanno guidati chiassosi, correndo tra i vicoli. Una stradina talmente stretta che quando ci siamo trovati davanti alla porta d’ingresso il manubrio era praticamente incastrato tra le pareti dei muri della via e oltre non saremmo potuti andare perché la strada si stringeva ulteriormente.

Ci siamo divertiti molto di più, anche se ad un certo punto abbiamo temuto di non farcela, a ritrovare il nostro riad la sera, dopo cena, per andarcene a dormire. Nonostante fosse veramente a dieci minuti di cammino dalla piazza, nonostante avessimo cercato di memorizzare più punti di riferimento possibili, abbiamo vagato un’ora e più percorrendo e ripercorrendo a piedi le stesse viuzze senza riconoscere i riferimenti memorizzati. Tornando diverse volte nella piazza per riprendere il percorso dall’inizio, ma evidentemente confondendo sempre qualche crocicchio, qualche insegna, qualche portone.

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Vecchio 31-05-2012, 23:16   #38
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Vecchio 01-06-2012, 12:34   #39
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10 Dirham e una vite di ferro.

Uscire con le moto dalla Medina di Marrakech è stato impegnativo, ma non tanto quanto entrarci la sera precedente. Percorriamo il senso inverso di carretti stracolmi di mercanzie diretti a rifornire i negozietti che man mano stanno aprendo.


VIDEO http://youtu.be/R7cLTkZnxus


Ci dirigiamo verso l’uscita della città con l’intento di fare una foto a noi e le nostre moto proprio davanti al cartello che indica, in caratteri occidentali e arabo: Marrakech. Il primo che incontriamo non ci piace. Si trova proprio accanto ad un pannello pubblicitario gigante, con una freccia enorme puntata verso il deserto e mucchi di immondizia, che indica dove sorgerà un nuovo centro residenziale. Ritorniamo verso il centro. Il posteriore della moto di Marco comincia a dare di nuovo segni di ribellione, ci ripromettiamo di dargli una controllata non appena scattata la foto.

E’ su di un vialone caotico ed assolato che con un rumore sordo di ferro tritato, il cerchio posteriore dell’800 si blocca. Spingiamo la bmw gialla al margine di un’area di servizio e cerchiamo di capire quale sia il danno effettivo. Non è un problema di catena, la ruota, spinta a mano, ondeggia, percorrendo una traiettoria ovale. Occorre smontarla.

Sono le 9 di mattina, ma il caldo comincia a farsi sentire. Compro altra acqua e tirati fuori i ferri dalla valigia, ci mettiamo al lavoro. La ruota vien giù facile e con essa le poche sfere ancora intere del cuscinetto, le altre, spaccate a metà o completamente polverizzate, una volta smontato anche il disco del freno, le dobbiamo tirare fuori dal mozzo con un po’ di fantasia. Bel pasticcio.





La prima idea è quella di trovare un camioncino che porti la moto all’imbarco di Tangeri e proseguire il viaggio in due sulla mia. Però sul lato opposto del vialone dove siamo fermi, vediamo una fila di botteghe, tra cui quella di un ragazzo che ripara biciclette. Ci vuole del coraggio, ma andiamo a chiedere. Ci vuole coraggio perché nel frattempo avevo chiamato il meccanico del mio concessionario che in diretta mi aveva indicato, dopo aver sfilato il perno della ruota, la sequenza di smontaggio dei distanziali, del paraolio, fino ad arrivare al cuscinetto, e confermato che, una volta tolto il seeger di fermo, occorre un estrattore per rimuovere il pezzo danneggiato e sostituirlo con uno nuovo.

La bottega è proprio una bottega, il pavimento all’interno è in terra battuta ben impregnata di olii e grassi. Ovunque intorno pezzi di biciclette, motorini, carretti. Cose che noi tutti butteremmo via senza pensarci due volte e che invece qui, alla periferia di Marrakech, diventano una fonte inesauribile di pezzi di ricambio. Il ragazzo guarda il cerchione, pensa, ragiona, valuta, analizza, poi ci dice: -vado dal fabbro qui vicino, faccio saldare una vite di ferro ai bordi del cuscinetto rimasto incastrato dentro il mozzo, così poi possiamo tirarlo fuori- La logica è impeccabile, ma il pensiero dell’elettrodo di un saldatore all’interno del mozzo a cercare di unire i bordi delle guide del cuscinetto con una vite di ferro ci fa rabbrividire; il ragazzo però è sicuro e ci convince.

Il fabbro, anche se nere come il carbone, ha le mani di un chirurgo ed esegue un lavoro da maestro, il meccanico con qualche martellata ben assestata estrae quel che resta del cuscinetto, ma non è finita, perché, dopo essersi annotato il numero di referenza sparisce uscendo dal retrobottega per riapparire dopo qualche minuto con un cuscinetto nuovo fiammante. Non ci possiamo credere. Allah è veramente grande. Le martellate per rimettere in sede il pezzo nuovo, questa volta, non sono come quelle spietate per estrarlo. Sono i colpi forti e gentili di un artista che crea, di uno scultore che cambia la materia in opera d’arte, trasforma il ferro in mezzo di locomozione funzionante. Noi siamo increduli. Lui è raggiante, fiero e sicuro di aver fatto un buon lavoro. Lui con le mani sporche e la maglietta unta di grasso misto a sudore. Noi con le nostre moto di un altro pianeta e le tute da astronauta. Lui, credente con un martello tuttofare. Noi, infedeli con la cassetta di utensili Beta.

Rimontare la ruota risulta meno facile che smontarla, ma ne veniamo a capo. Rimprovero Marco di non essersi portato anche la chiave dinamometrica per stringere il bullone di serraggio del mozzo e, calcolando gli Nm “a occhio”, ci facciamo delle grandi risate. Accendiamo la moto lasciandola sul cavalletto e ingraniamo tre, quattro marce. Tutto va che è uno spettacolo.
Ripartiamo che sono da poco passate le 11.





Non abbiamo la foto ricordo accanto al cartello di Marrakech, ma abbiamo quella della magica bottega, del nostro salvatore, meccanico di biciclette, a cui ne abbiamo promesso e spediremo una copia appena rientrati, e quella in cui ci stringiamo la mano soddisfatti davanti alla moto riparata alla perfezione.





Sono bastate poco più di 2 ore e il viaggio continua.
Ci fermiamo dopo una decina di km e mentre ricontrolliamo il cerchio, la catena ed il serraggio del bullone, Marco mi racconta di quando è andato a pagare: il fabbro è costato 10 Dirham, il cuscinetto 30.
Per il suo lavoro il meccanico mi ha detto: -fate voi- e io gli ho dato in tutto 100 Dirham. Traduco al cambio attuale (1 Euro=11Dh): il fabbro è costato 90 centesimi, il cuscinetto 2 euro e 70 e io gli ho dato in tutto meno di 10 euro.

Allah è grande!

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Vecchio 29-08-2012, 22:54   #40
cecco75
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predefinito per poco non ci si trova a 2800m...

Ciao Enri&co (e McMarco)
prima di tutto complimenti per il tuo report, scritto bene e ben riempito di belle foto....
come giò detto sul mio breve report, a maggio ho fatto (senza saperlo) il tuo giro ma al contrario (l'ho detto che non lo sapevo...) infatti il mitico passo a 2800 io (noi) l'ho fatto salendo dalle gole del Dades, quindi dal (ridente) paese di Msemrir, è per quello che non vedevamo la pista...non era indicata.....
Siamo infilati nel letto del fiume e abbiamo detto:
"(in fiorentino) unnè miha esta la strada.....ma icchè....si saranno sbagliahi...."
invece era quella come ben sai....
Altra differenza con voi, noi siamo andati su scarichi, avevamo lasciato infatti le valigie laterali in albergo........della serie.....nel dubbio viaggio leggero.....questo ci ha evitato di "appoggiarsi" x terra...
Cmq....bel report...

PS: Anche il mio compagnero di viaggio si chiama Marco....
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Vecchio 30-08-2012, 10:18   #41
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@Mcmarco e Enri e Co:
bello-bello-bello
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....andatura turistica...ndè piano ch'è pericoloso
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Vecchio 30-08-2012, 15:22   #42
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Bellissimo, puoi condividere itinerario su mappa e magari gps tracks? Potrebbe essere molto uile e istruttivo per tanti d noi che lo stanno sognando un giro cosi...
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Vecchio 31-08-2012, 09:10   #43
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Non possideo un gps, ma nel post iniziale ci sono abbastanza info, comprese le google map di tutte le tappe..

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Vecchio 31-08-2012, 16:28   #44
McMarco
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Non abbiamo viaggiato con GPS ma con semplice mappa Reise Know How.
Questo l'itinerario preso dal mio giornale di bordo:

Lunedi 2 Aprile: km 127
Tanger Med-Chefchaouen

Martedi 3 Aprile : km 420
Chefchaouen-Fes- Ifrane – Midelt

Mercoledi 4 Aprile : km 364
Midelt- Er Rachidia – Erfoud – Rissani –Merzouga – Taouz – Merzouga

Giovedi 5 Aprile : km 491
Merzouga – Erfoud – Goulmina – Tinejdad – Tinghir – Tamtetoucht – M’semrir –Boumalne Dades – Ourzazate – Ait Ben Haddou

Venerdi 6 Aprile : km 201
Ait Ben Haddou – Telouet – Tizi N’Tichka- Marrakech

Sabato 7 Aprile : km 294
Marrakech – Demnate – Agouti – Azilal

Domenica 8 Aprile : km 432
Azilal – Ait Halouane – Tilouguite – Imi n Warg – La Cathedrale de Roches – Tilouguite – Ouaouizeght – Beni Mellal – Meknes

Lunedi 9 Aprile : km 469
Meknes – Fes – Taounate – El Jebeha – Tetouan – Tanger Med

@ Enri&co che nostalgia rileggere il tuo report! Gran bel viaggio e gran bei ricordi......quando ripartiamo?
__________________
______________
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Vecchio 31-08-2012, 18:37   #45
Enri&Co
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Quote:
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Gran bel viaggio e gran bei ricordi......quando ripartiamo?
Presto!

Dopo la Francia a metà ottobre ci mettiamo al lavoro per la Pasqua in Armenia..

..tu intanto continua con gli allenamenti..

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Vecchio 31-08-2012, 20:03   #46
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dopo la tunisia,il marocco e' la prossima meta,mi sono letto tutto mooolto volentieri,visto che andro zavorrato vedro' anche di scansare se c'e' verso brutti posti per alloggiare grazie
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ride hard-ride free!! ex r850r ora gs 1200 r honda dominator 650 del 91vespa 50 cc tre marce del 69
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Vecchio 01-09-2012, 18:48   #47
toshiba
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ubicazione: San Mo' an riva al Po
Messaggi: 2.382
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appena rientrato...ho letto che a Midelt avete faticato con l'hotel...Vi consiglio per la prossima volta il Riad Villa Midelt ...sistemazione più che decorosa gestita da due ragazze simpaticissime!!
__________________
GS 1250 HP my19 - per i viaggioni
R 100 GS 1988 - l'immarcescibile
R 1200 C 2006 - new entry
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