C’è gente che si abitua alle vibrazioni di un harley, ai polsi spaccati di una supersportiva oppure a farsi le file sotto il sole a 40° con il sidecar.
Insomma ci si abitua a tutto.
Che poi è la vita che è così, come nei rapporti umani, come diceva saintexupery con la volpe.
Piano piano, o seguendo il vecchio e saggio adagio partenopeo “chiane-chiane”.
‘Ste cavolo di bmw vanno bene.
Vanno male.
l’ultimo modello è meglio.
No, l’ultimo modello è peggio.
La considerazione di amplissimo respiro che faccio in questo sabato agostano è che il ferro che guidiamo ha determinate peculiarità.
Chiamo Ferro perché è sostanzialmente solo ferro, pezzi di metallo in movimento, che poi metaforicamente assuma in se un significato poetico e “macho” poco importa.
Sono peculiarità, qualcuno le chiama “carattere” ma il carattere è altro, secondo me.
L’abitudine o l’affezione ad una moto la considero una cosa positiva.
È un aspetto che difficilmente si nota, sempre distratti dal vivere quotidiano.
La novità del giocattolo nuovo sapete tutti quanto velocemente s’attenui, specchiarsi sulle vetrine, fotografarsi sotto i cartelli di località o dei passi alpini.
Poi, col passare dei kilometri, la bramosia e l’entusiasmo del nuovo, del figo (“cool” per gli anglofoni) attenua l’entusiasmo.
E qui, da come la vedo io, inizia il processo affezione.
Ci si affeziona a quel leggero buco nell’erogazione, al consumo dell’olio, alle vibrazione a 4570 Rpm o al freno posteriore che se strapazzato va in fading.
Ci si affeziona al cavalleto che striscia, alla serratura della borsa sx che ha sempre scoreggiato, al cupolino che fa lente e ti brucia il cruscotto o alle valige d’allumino che invecchiano opacizzandosi come le rughe sulla faccia di tua moglie .
Ci si affeziona a controllare l’olio dall’oblò, controllare la perdita d’olio dal paraolio della frizione, le macchie nere sui collettori o la ruggine sui paracilindri.
Certo sarebbe meglio non ci fossero queste “peculiarità” ma ci sono.
Ci sono.
Ci sono sempre state.
Forse in maniera minore ma ci sono sempre state, non lo notavi quando era nuova.
Ecco, cosa fa si che ci sia gente che con la moto con tutti questi problemi si trovi bene? Cos’è che permette di farsi viaggi assurdi con mezzi imbarazzanti in termini di prestazioni, problematicità e qualità percepita.
Sono tutti barboni che non si possono permettere la moto nuova? (forse si)
Pirsig non faceva altro che “sbocchinare” le valvole e il registro dell’olio e la catena.
E che diamine, qualcuno potrebbe dire.
Azzarderei un termine “simbiosi” o motociclismo 2-punto-zero.
Si smette di considerare il ferro per quello che è e si comincia a considerarlo come una pianta,
non una persona, il paragone non reggerebbe ma una pianta, che ogni tanto ha bisogno di cure e attenzioni, si.
S’impara a controllare l’olio, sostituire, registrare curare gli aspetti che per alcuni sono criticità.
Te li aspetti, ti viene in automatico, senza segnarti il kilometraggio preciso dall’ultima volta, ne riconosci i sintomi oppure l’occhio ti ci va come un riflesso incondizionato, come un tic.
Non è umorale, non va a simpatie, è così.
Trovare piacevole quello che è, anzi dovrebbe essere, “brutto” è il risultato dell’affezione, dell’abitudine e, in ultima analisi dell’evoluzione del rapporto motociclista-motocicletta.
Sintonia dell’essenza uomo-macchina che consente un’iterazione più intima e intensa.
Ecco perché le foto alle moto possedute da parecchio tempo generalmente sono sempre più belle delle foto alle moto nuove.