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Quelli che amano guardare il Panorama In questo forum si parla di MOTOTURISMO è dedicato a chi ama viaggiare e macinare km su km per visitare il mondo |
20-12-2006, 11:30
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#26
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Mukkista
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Christian
Trento
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20-01-2007, 13:32
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#27
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Mukkista doc
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Eccomi, qui. Scusate tutti, ho avuto ben altri pensieri per la testa ultimamente, quindi il racconto si è fermato da un mesetto. Oggi riprendo con la tappa successiva.
Spero di riuscire ad essere più costante, ma non lo prometto.
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BabboAle ver. 2.0
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20-01-2007, 13:33
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#28
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Mukkista doc
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14 Agosto, lunedì. Huaraz - Lima
Nonostante la stanchezza accumulata nei giorni precedenti decidiamo di essere pronti a partire per le 7, ci aspetta un’altra lunga giornata, da Huaraz alla capitale sono quasi 500km e prima di uscire dal Callejon de Huaylas vogliamo fare una deviazione verso una piccola valle nella quale cresce la Puya Raimondii, una varietà di cactus dalla quale ogni cento anni sboccia un fiore che raggiunge i dieci metri di altezza, poi la pianta muore. Inoltre siamo un po’ preoccupati per l’ingresso a Lima, tutti ci hanno raccontato di un caos pazzesco lungo l’autostrada (ancora abbiamo il coraggio di chiamarla così) che porta verso il centro. Non vorremo certo arrivarci con il buio!
Alle 7 ci troviamo tutti nella hall dell’albergo. Siamo riposati e il morale è alto. Per la prima notte ci siamo fermati in un hotel degno di questo nome, i letti comodi e l’ambiente pulito ci servivano soprattutto per il morale, oltre che per rimettere a posto qualche osso e muscolo. Questa volta il briefing è preciso e dettagliato, non vogliamo rischiare di perdere tempo lungo il tragitto per incomprensioni, inoltre Gael si separa dal gruppo per raggiungere quanto prima il meccanico KTM a Lima e far sistemare la sua moto che continua a perdere olio qua e là.
La giornata è splendida, l’aria tersa non ci fa accorgere del freddo che fa alle 7,30 del mattino a 4000 metri di altitudine. Ci mettiamo un’ora a raggiungere la deviazione per la Puya Raimondii, guidando lungo una strada perfetta, lo sguardo si perde continuamente oltre la striscia di asfalto cercando inutilmente di abbracciare tutto assieme il panorama intorno. Snoccioliamo uno dopo l’altro paesini e curve, paesini e curve…il rosario del motociclista.
Dopo la deviazione la pista piega verso est, e a differenza di quelle percorse nei giorni seguenti è in ottime condizioni, larga e con un fondo duro, niente pietroni o grosse buche. Fatta apposta per i grossi bicilindrici. Curva dopo curva provo ad aprire sempre più il gas fino ad accorgermi di poter guidare in tutta sicurezza fino ad una velocità di 80-100km/h. Oltre non voglio spingermi, col cuore mi sento l’erede di Meoni, ma per fortuna ho sempre una testa che mi ricorda che vivo la maggior parte del mio tempo difronte ad un pc e che per dieci anni non ho guidato una moto. Però è divertente salire e scendere dalle pedane, impostare la prossima curva sbilanciandosi verso l’esterno, sentire il posteriore che scivola un po’ alla minima correzione di gas. Provare a vedersi da fuori e farsi foto con l’immaginazione. Non so dire quanti km abbiamo percorso, forse 20 o 30. Di sicuro troppo pochi perché presto intravedo la sbarra e il casotto che indicano l’entrata del parco. Mi fermo in cima ad una sella per scattare qualche foto agli altri che arrivano alla spicciolata. Quanto sono brutti, banali, turisti, rispetto alla mia immagine che mi ero costruito con la fantasia poco fa, quando putroppo non c’era nessuno a fotografarmi da quassù; guarda lì, quasi tutti seduti sulla sella, e alzatevi cacchio che vi sto facendo una foto…. Ovviamente anche io ero ero brutto banale e turista, ma provo a non pensarci.
I maxicactus sono veramente impressionanti così come la scenografia intorno: laghetti, torrenti, cime innevate che vomitano piccole lingue glaciali verso la valle. Ma in quel momento penso solo a risalire in sella per ripercorrere la pista. L’umore è altissimo, siamo tutti euforici per una giornata che per ora è semplicemente perfetta, tanto che non ci accorgiamo che qualcuno è sparito, e io commetto l’errore di non ricontare tutti i caschi prima di ripartire. Fabio si era spinto un km più avanti della piazzola nella quale ci eravamo fermati e la sua moto non ripartiva. Lo rivedremo all’incrocio con la strada principale, per paura di perderci ha fatto il ritorno come una speciale della dakar. Ecco, lui sa guidare, mica io. Mi è bastato vederlo negli ultimi cento metri. Peccato che non avessi in mano la macchina fotografica in quel momento.
Il resto del gruppo, con le bmw in fondo, percorre tranqullamente la via del ritorno, fermandosi spesso nei punti che avevamo memorizzato all’andata come ideali per scattare foto. L’andatura tranquilla non basta ad evitare una caduta di un GS, per fortuna senza conseguenze.
Ripresa la strada asfaltata continuiamo a salire fino ai 4600 metri del passo che introduce alla lunga discesa verso l’oceano. Ci fermiamo per uno spuntino a base di pane e formaggio fresco comprato lungo la strada al passo. Poche baracche di fango e lamiera, diversi camion fermi lungo la strada per mangiare e un panorama mozzafiato a 360°.
Per le successive due ore o forse tre ci divertiamo come pazzi a guidare in discesa, tra curve e tornanti infiniti, su un asfalto perfetto. Pensate alle nostre strade della domenica, quando ci ingarelliamo tra amici su e giù per il Bracco, la Futa, Viamaggio….Con un paio di differenze: il traffico è inesistente e i nostri passi finiscono sempre troppo presto, qui fai in tempo a stancare gambe e braccia, guardi l’altimetro e ti mancano ancora 3000 metri di dislivello, passa un’ora e ne mancano ancora 2000…..fantastico. Inoltre la mancanza di alberi lascia spazio alla vista, spesso si riescono a dominare i successivi 500 o 1000 metri di strada, avendo la possibilità di utilizzarla come una pista, da una banchina all’altra.
Ma arrivano i primi segnali che la giornata si sta guastando. Il cielo, limpido e azzurro in montagna, man mano che scendiamo comincia ad offuscarsi fino a quando, giunti a livello del mare, a una ventina di km dalla panamericana ci copre di una coltre grigia e inizia a piovigginare. Mancano ancora 200 km a Lima, sono le 15,30 e possiamo contare su 3 ore di luce. Dovremmo farcela ad arrivare prima del buio. Dovremmo.
Ma presto la pioggia si fa più consistente e il cielo scende sempre di più, trasformando la foschia in nebbia. Proseguiamo spediti per ancora un centinaio di km. Ma dopo una sosta per metterci tutti l’antipioggia entriamo in un muro di nebbia che ci impone di rallenare sotto i 50km/h. Nella testa di ognuno di noi comincia prima ad insinuarsi il sospetto, poi ad affermarsi la certezza che anche oggi arriveremo col buio. E con la nebbia.
Diventa impossibile tenere la visiera chiusa, almeno il freddo sulla fronte ci aiuta a mantenere la concentrazione. Cala il buio e la nebbia si inspessisce sempre di più. Mi metto in cima al gruppo e dietro di me un paio di moto con i faretti di profondità. Per una mezzora buona guidiamo nell’oscurità più totale, su una strada deserta della quale non intravediamo nemmeno i margini laterali. Riesco a malapena a vedere il becco della mia moto. E non posso fare a meno di pensare a cosa succederebbe se incappassi in una buca, un animale che attraversa, una macchina ferma sul ciglio a fari spenti. Poche volte la mia vita è stata tanto a rischio, un rischio consapevole e purtroppo calcolato e accettato per necessità. Gli altri dietro a me non è che siano troppo più tranquilli e rilassati, ma almeno hanno un fanalino rosso da seguire. Tutti in fila indiana a non più di 5 metri l’uno dall’altro per non rompere la colonna. A 15km/h.
Quando mi chiedevo come fosse possibile che da mezzora non incontrassimo nessun’altra auto ecco che un fanalino rosso arriva anche per me. Una piccola utilitaria ci supera a 30 o 40 km/h. La nostra salvezza. Mi accodo subito e con me tutta la colonna che mi segue. Sono fradicio, ho freddo, la fronte congelata e gli occhiali dentro al casco che gocciolano, ma quella macchina non la mollo per nessun motivo al mondo.
Quando arriviamo a Lima la nebbia si dissolve lasciando spazio alla pioggia. Non pesante, ma sempre pioggia. La strada a 4 corsie si fa più trafficata km dopo km e adesso ho il problema delle luci e dei fari in senso contrario che abbagliano le mie lenti bagnate. Non ci vedo niente, proprio niente, tranne le sagome di persone, biciclette, animali che sono ai margini della strada che ogni tanto la attraversano buttandosi come gatti in mezzo alle corsie. Terrore, di nuovo….quando e come finirà questa giornata? Ad un certo punto non ce la faccio più, mi rendo conto di essere completamente accecato e mando avanti angelo, che non ha gli occhiali, a guidare il gruppo.
Per fortuna io non so come ci si possa sentire quando il medico ti rassicura dal sospetto di una brutta malattia o quando esci da un’auto che ha girato su se stessa per 10 volte, ma ho immaginato quale deve essere la sensazione arrivando all’appuntamento con il mezzo di appoggio, all’ultimo casello dell’autostrada. Non ricordo se ci siamo abbracciati, se ci siamo scambiati aneddoti e commenti, di sicuro ho fumato, e non poco. Comunque l’ingresso a Lima, anche se in un pandemonio peggiore di Napoli dopo lo scudetto, ci è sembrato una bazzecola dopo quello che avevamo passato nelle ultime due ore. E non ci siamo nemmeno mai persi, filando sparati verso il nostro albergo in centro. Un miracolo, e non è stato l’unico della giornata. In albergo troviamo Gael che è arrivato alle 15, non ha trovato né nebbia né pioggia. E ha revisionato completamente la moto con 35 dollari.
Dopo la doccia il morale è ancora più alto. Sentiamo di essere riusciti in qualcosa di grande oggi. Non certo sperato o cercato, ma ci siamo riusciti, tutti assieme. Per la prima volta sentiamo di essere un gruppo, ognuno ha fatto esattamente ciò che doveva fare. E sublimiamo queste sensazioni con una ricca cena e un paio di giri di pisco in un ristorante a lato di Plaza de Armas.
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Ultima modifica di ale4zon; 31-08-2007 a 01:11
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21-01-2007, 14:18
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#29
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Mukkista doc
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15 Agosto: martedì. Lima – Paracas: solo 220 kilometri?
Oggi non abbiamo l’acqua alla gola e ve lo dico subito: la giornata non presenterà sorprese. Sveglia comoda, due passi per il centro, poi decidiamo di dividerci. Una parte del gruppo decide di fermarsi a visitare la cattedrale e il quartiere di Miraflores e poi proseguire verso sud. Gli altri, con me, visiteranno il museo de oro, collezione privata di preziosissimi manufatti precolombiani e ripartiranno più tardi per Paracas. Ci ritroveremo tutti alla sera all’Hotel EL Mirador.
Ci ributtiamo nel traffico con la massima diligenza per raggiungere senza intoppi il museo, situato in un quartiere periferico, una visita di un paio di ore e riaprtiamo. Alla prima sosta per la benzina scopro di avere una vite di 3 cm piantata nella gomma posteriore. In cinque minuti grazie al kit tubeless la gomma è riparata, ma riparto preoccupato per la tenuta della riparazione. Passano i kilometri e la pressione sembra tenere, bene.
Prima del tramonto siamo in prossimità della penisola di Paracas. Ci scarichiamo dei bagagli lasciandoli sul mezzo di appoggio diretto all’Hotel, mentre non non sappiamo resistere a una prima scorribanda sulla spiaggia. Solo dopo scopriamo che l’area che abbiamo scelto era interdetta anche al passaggio delle persone: si tratta di una zona di nidificazione di molte specie. Quasi quasi trovo inadeguata la gentilissima attitudine delle guardie che ci invitano pacatamente a spostarci dall’altro lato della strada, ci sentiamo tutti un po’ vandali pensando a quello che stavamo facendo.
Dopo il tramonto rientriamo in Hotel e ci concediamo una ricca cena a base di pesce tornando indietro alcune decine di km fino a Pisco per aggiudicarci il ristorante migliore a detta delle guide e di chi ci aveva preceduto nel viaggio. Opinione assolutamente condivisa anche da noi. Alticci, schivando proposte da un paio di pusher e travestiti, rientriamo in hotel cantando nel pulmino come ragazzini in gita.
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29-01-2007, 14:25
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#30
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Mukkista doc
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16 Agosto: mercoledì. Paracas - Nazca
Prima dell’alba, ancora un po’ storditi dal pisco della sera prima e dalle poche ore di sonno, ci vestiamo come omini della michelin per salire a bordo della barca che ci porterà a scorrazzare tra gli animali delle isole ballestas. Il freddo non aiuta a rendere gradevole la sensazione di salire su un motoscafo alle 5,45 del mattino con il marasma nello stomaco. Ma incredibilmente nessuno si sente male, molti dormono, compreso me, ma neanche uno di noi si sporge dal bordo a pasturare i pesci. La traversata dura una mezzora, durante la quale ci avviciniamo per qualche minuto alla costa della penisola di Paracas per osservare il grande candelabro preincaico. Non mi azzardo in strane interpretazioni tanto le trovate in ogni guida. Giunti alle isole l’odore di guano è vomitevole. Non so se avete presente l’odore del guano, un misto di fogna, piscio e uccello morto. Il guano, appunto. Non certo l’ideale per l’ora di colazione. Lo spettacolo di miliardi di esseri che ti volteggiano attorno, che si affacciano dal pelo dell’acqua, che si tuffano dagli scogli è incredibile, nonostante la giornata grigia. E nonostante l’odore di guano. In mezzo a questo miliardo di esseri ne compaiono due che oltre ad essere esseri sono anche umani. In una condizione che tutti giudichiamo disumana. Abbandonati sugli scogli accanto ad un molo malandato, in attesa di una barca che li riporti via dopo una settimana di lavoro ininterrotto al freddo e all’umido. Per raccogliere guano, ovviamente. 5 isole, 2 km quadrati in totale, miliardi di uccelli e due persone, per una settimana a raccogliere guano. Dopodichè tornano sulla terraferma, raccolgono una cinquantina di dollari in cambio di quintali di guano, e aspettano per un paio di giorni assieme alle famiglie il prossimo turno. Vabbè, pensiamo alla nostra colazione che ci aspetta in hotel, e poi al giro in off dentro al parco, e poi alle dune di huacachina, e poi a Nazca, e poi, e poi.
Rimessi i piedi a terra finalmente un po’ di sole pallido comincia timidamente a scaldare l’aria. Caffèlatte e tè scaldano i nostri stomaci malmessi, ci dobbiamo preparare per una delle giornate più emozionanti del viaggio, e siamo in piedi già da 3 ore. Il percorso tra l’hotel e l’ingresso del parco è breve, incontriamo di nuovo le guardie della sera prima, che sempre gentilissime ci spiegano cosa possiamo e non possiamo fare all’interno. Anche se siamo in moto e sarà facile farci prendere la mano e la manetta dovremo stare attenti a non lasciare mai i percorsi battuti per non arrecare danni al fragile ecosistema. Mica vorremo fare frittatine di uovo di albatro con le nostre ruote no?
Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo la penisola di Paracas, e alla prima occasione siamo tutti con le ruote sulla sabbia. E’ una sabbia perfetta, che ci possiamo fare? Infatti l’umidità dell’aria le conferisce una certa coesione che aiuta a mantenere sulla linea le nostre moto, anche le più pesanti. Arriviamo ad una scogliera affacciata sull’oceano. E giù foto. Saliamo su una cresta lungo un infinito scivolo di sabbia, e giù foto. Ci perdiamo tra i mille sentieri in mezzo ad un campo di dune. E giù foto. Ben presto scompariamo l’uno dalla vista dell’altro per sentirci soli, ma in tutta sicurezza in mezzo a questo mini deserto di 300km quadrati. Incredibile come questo posto si mangi tutto: giri una duna, un piccolo promontorio e non vedi più nessuno. A un certo punto scorgi una moto in cima alla duna accanto alla tua, poche centinaia di metri, provi a chiamare ma niente. Il deserto si mangia anche la voce. E allora rimonti in sella, corri, corri fino alla prossima duna, poi, siccome quella discesina ti è piaciuta molto rigiri e la rifai e poi provi il sentiero accanto e chissà dove porta. Tutto questo dura circa un paio di ore, fino a quando ci ritroviamo sulla scogliera che chiamano la Catedral, uno strapiombo sul mare di un centinaio di metri. E qui non siamo soli. Conosciamo 4 argentini che stanno girando il sudamerica correndo dietro al vento. Con i loro parapendii si gettano dalla scogliera per galleggiare sospesi nell’aria. Non si tratta di buttarsi da un aereo, da un ponte, da un palazzo con la meta di poggiare i piedi sul suolo 1000 o 100 metri sotto. Loro la terra l’abbandonano in orizzontale, una corsetta e i piedi si staccano sul ciglio della scogliera. E rimangono lì alla stessa altezza dei tuoi occhi, come un rapace che scruta il terreno in cerca della preda. Ripiango di soffrire di vertigini perché deve essere una sensazione unica quella di galleggiare in aria. Forse assomiglia un po’ ad immegersi con le bombole, chi lo sa….
Oh, dobbiamo ricordarci che siamo motociclisti e che il nostro sogno lo stiamo vivendo anche noi e che ci aspettano ancora 4000km, quindi rimontiamo in sella! Riprendiamo la panamericana, a malincuore dopo l’esperienza del deserto, la prima per molti, e all’ora di pranzo siamo già all’oasi di Ica Huacachina. A detta di tutti nel gruppo un pezzo di Algeria in Perù. Anzi, a detta di quelli che sono stati in Algeria. Huacachina è un campo di dune alte fino a trecento metri al cui centro sorge un’oasi verdissima. Al cui centro qualche furbo imprenditore ha costruito albeghi, ristoranti e soprattutto noleggia dune buggy guidati da pazzi furiosi. Partiamo con i nostri (ne servono due per contenerci tutti) e appena superata la cresta della prima duna nel nostro orizzonte si apre un panorama infinito di dune, nient’altro che dune. I buggies corrono fortissimi, i nostri piloti si divertono a lanciarli lungo discese folli, facendo riombare i 4000cc dei vecchi motori Ford, godono a maltrattare i nostri stomaci già provati con curve in parabolica sfruttando i fianchi delle dune. E noi ridiamo istericamente. A metà del tour ci fermiamo sul bordo della duna più alta per provare qualche discesa col sandboard. Nulla rispetto all’adrenalina di quando siamo a bordo dei buggies.
Il giro finisce presto, un’ora forse. Purtroppo, perché in un attimo si viene catapultati in un ambiente completamente differente da ciò che uno si aspetta in Perù. Per fortuna, perché i primi segnali di nausea cominciano a manifestarsi. Almeno in me. Altri 10 minuti e mostravo al resto del gruppo lo stato di digestione precoce del pejerrey fritto e impanato.
Ripartiamo tardi, sono già le 17 e arriveremo sicuramente al buio a Nazca, ma oggi non ce ne importa proprio niente, tanto è stata esaltante la giornata.
L’albergo di nazca è molto bello, forse il migliore fino ad adesso, con tanto di parco e piscina. E poi è proprio di fronte all’aeroporto da dove domani decolleremo per osservare dall’alto le linee di Nazca. E ci troviamo anche un’amica di Andrea, pure carina. Io comunque finisco la serata a chiacchierare con Hugo delle imminenti elezioni e di Alan Garcia, tanto per riportare un po’ i piedi per terra. Buonanotte a tutti. Che figata questo viaggio.
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BabboAle ver. 2.0
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29-01-2007, 20:32
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#31
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il silenzio ha il rumore del passato
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30-01-2007, 18:08
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#32
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Mukkista doc
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17 Agosto, giovedì. Nazca - Puquio: che sfiga, anzi che culo!
Ci svegliamo e non sappiamo che oggi sarà il giorno dell'incidente più serio del viaggio. Non sappiamo nemmeno che gli incidenti potrebbero essere due. Soltanto una grossa fortuna ha permesso di evitare il secondo e pesanti conseguenze dal primo.
Ma sono ancora le 9 del mattino e alla spicciolata ci svegliamo, facciamo colazione sotto le tettoie del bar open air dell'hotel tanto che sembra di stare in qualche atollo del pacifico, qualcuno aggiorna il sito dall'internet point, qualcun'altro va a procurarsi una torta per Angelo che oggi compie gli anni. Tra le 11 e le 13 la maggior parte del gruppo vola per osservare dall'alto le linee di Nazca. Niente di esaltante a detta di chi lo fa. Io avevo già dato 13 anni fa e non ci ho tenuto a ripetere l'esperienza, vista la mia avversione per tutto ciò che si stacca da terra, soprattutto se di lunghezza inferiore ai 70 metri.
Verso le due partiamo verso le Ande, la nostra destinazione è Puquio, un paesino senza alcun interesse particolare, se non quello di offrire da dormire e da mangiare sul lungo tragitto fino a Cuzco. Una tappa tranquilla insomma, qualcosa tipo 170km tutti asfaltati. SENZ'ALTRO oggi non arriveremo col buio...
Senza-altro, appunto, che se uno ci pensa bene significa letteralmente se non succede niente di imprevisto eccetera eccetera. E ti pare che quando ci aspetta una giornata soft non debba succedere qualcosa?
Ma andiamo con ordine. Lasciata Nazca la strada comincia a salire sulle prime colline che poi si fanno montagne in un continuo susseguirsi di curve. Chi non ha sintomi post volo se la gode tutta, altri che soffrono un po' di nausea sono costretti a qualche sosta lungo la strada.
Comunque siamo rilassati e felici, la guida è appagante e stiamo entrando nel vivo del viaggio: ci aspetta Cuzco, l'ombelico del mondo, e poi macchupicchu e finalmente la Bolivia.
Come ogni volta che ci troviamo su strade come queste, piene di curve e senza possibilità di inforcare deviazioni o bivii sbagliati, il gruppo si allunga. Io apro la fila, mascam la chiude. Ogni tanto mi giro a guardare di sotto la lunga carovana di moto che disegna un lungo serpente che si allunga fino a due o tre tornanti più in basso. Il sole è ancora alto sull'orizzonte ma grazie all'aria estremamente rarefatta tinge tutto di arancione sotto un cielo azzurrissimo.
All'ennesima occhiata verso il basso a cercare i miei compagni vedo una macchia rossa che procede ad almeno il doppio di velocità rispetto alle nostre moto. E' Alfredo in sella al suo dominator che corre come un pazzo, evidentemente per raggiungermi. Mi fermo subito sul ciglio della strada e non devo aspettarlo per molto. Già dall'espressione del suo viso dentro il casco aperto capisco che deve essere successo qualcosa che non è la solita svomitazzata post piper. Cristiano è caduto. Durante l'attraversamento di un gruppo di case un cane è sbucato fuori all'improvviso e lui non ha potuto evitarlo. No, non correva, ci rassicura Alfredo, ma la sua moto ha fatto una capriola in avanti e lui sotto. Sicuramente non è in grado di guidare, forse ha un dito rotto, e poi una brutta botta all'anca, non riesce a sorreggersi sulle gambe. Cazzo, penso, cazzo. Comunque il Maurizio, il nostro medico è con lui, continua a provare a tranquillizzarci Alfredo.
Rimonto in sella, l'incidente è successo una decina di km indietro, non dovrebbe volerci molto su questa strada. Comunque non faccio in tempo a raggiungere il posto che già vedo il pulmino di Hugo che chiude il gruppo avanzare verso di me. E Cristiano dentro al pulmino che mi fa OK con la mano, quella sana. L'altra ha il dito medio steccato dopo una lussazione alla falange perfettamente ricomposta da Maurizio senza nemmeno togliere il guanto. E ti voglio vedere a togliere un guanto quando il dito medio è piegato a 90 gradi rispetto al palmo, ma dalla parte sbagliata. Ma non è il dito a preoccupare, piuttosto l'enorme ematoma sul fianco che parte da metà tronco e arriva a metà coscia. Appena a Cuzco dovremo fare una radiografia per scongiurare fratture. Il sintomo evidente è che come mi avevano detto Cristiano non sta in piedi da sè. Comunque tiriamo tutti un sospiro di sollievo a vederlo anche troppo tranquillo in compagnia di Hugo e Alberto sul pulmino. La moto non è messa meglio, il cupolino è rotto ma in qualche modo è stato sistemato col nastro telato, il telaio è un po' piegato. Poi danni minori tipo frecce, leva frizione, serbatoio bozzato e rigato. Adesso la moto è nelle mani del nostro jolly, Luca, inizialmente al seguito sul mezzo di appoggio, ma che si rivelerà preziosissimo in questa e altre occasioni.
Riprendiamo la strada ancora in tempo per non arrivare dopo un'ora di guida al buio. Il percorso continua a salire fino a 4600 metri della Pampa Galera, paesaggio spettacolare al tramonto, alpaca, lama, vigogne tutto intorno a noi. E poi in una serie infinita di tornanti e curve scende di nuovo fino ai circa 3000 metri di Puquio. Mi fermo all'ingresso della città ad aspettare gli altri fino a Mascam che chiude il gruppo. Uno, due, tre, nove, undici.......mancano quattro o cinque moto. Le BMW. Passa mezzora e intanto è proprio buio e ad ogni minuto la temperatura sembra scendere di un grado, fa freddissimo e aspettiamo con ansia comparire i loro fari dall'ultima curva. Ogni 10, 15 minuti passa una macchina, chiediamo a tutti ma nessuno li ha visti. Visto che abbiamo ancora il problema di trovare posto per dormire a 20 persone e siamo in un paesino fuori da qualsiasi circuito turistico lascio il gruppo ad aspettare e vado da solo a cercare un hotel. Dopo mezz'ora sono di ritorno con la soluzione letto/cena in tasca, ma ancora gli altri non sono arrivati. E sono circa le 20, noi siamo arrivati da un paio di ore.
Finalmente un camionista ci dice di aver visto un gruppo di moto ferme a circa un'ora da lì (praticamente al passo) a riparare una ruota. Sospiro di sollievo. Altri 5 minuti e finalmente cominciamo a sentire in lontananza il rumore dei bicilindrici, a scorgere il bagliore dei fari. Non si trattava di una semplice foratura, Claudio ha centrato una grossa pietra con la ruota anteriore ad una velocità di 120km/h. NOn sa nemmeno lui come ha fatto a rimanere in piedi. La gomma era squarciata, il cerchione piegato. Ecco il motivo del ritardo, per cercare di ribattere il cerchio con attrezzi improvvisati e montare poi un pneumatico di riserva.
Sfiniti dalla stanchezza e dalla sensazione di pericolo scampato terminiamo la serata in una rosticceria. L'unico locale ancora in grado di darci cibo alle 10,30. Uno dei polli più buoni mai mangiati; uno non è tanto per dire, ne abbiamo mangiato uno a testa. Ad un certo punto si presenta uno con un registratore in mano che dice di volerci intervistare per la radio locale, domani saremo la notizia di apertura del notiziario.
Capite cos'è Puquio?
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BabboAle ver. 2.0
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31-01-2007, 12:27
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#33
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Mukkista
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Arf!!!
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31-01-2007, 12:33
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#34
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Mukkista doc
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appena ho mezzora carico le foto relative a ciascuna giornata come avevo iniziato a fare per i primi giorni. Durante il mese di interruzione del racconto imageshack ha inserito la registrazione nel sito e adesso non sono in grado di rintracciare quelle che avevo già caricato.
Vediamo se domani o al massimo venerdì riesco a postare foto e un'altra giornata. Poi per una settimana mi fermo che vado a sciare.
Grazie a tutti quelli che seguono questo 3d.
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BabboAle ver. 2.0
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16-03-2007, 08:15
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#35
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Presidente del FIAT DUNA fun club
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Aspettiamo che si sciolga la neve
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che emerita stronzata !!!
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17-03-2007, 17:05
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#36
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Mukkista doc
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ehm....ho la vigna da potare.
Dai, in settimana riprendo.....
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BabboAle ver. 2.0
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18-03-2007, 05:56
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#37
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Guest
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... stasera ... trova il tempo stasera ... dopo il duro lavoro dei campi ...
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30-03-2007, 12:39
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#38
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Mukkista doc
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Giuro, giuro, giuro....
che la prossima settimana riprendo il racconto.
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BabboAle ver. 2.0
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02-04-2007, 10:04
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#39
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Mukkista
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e chi si ricorda che devo lavorare dopo aver iniziato a leggere questo racconto??? aaargh,... non finirei mai...
Molto appassionante il narratore! molto bella l'avventura!
Complimenti! ed è comunque poco!
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Califfo DeLuxe '75
Moto Guzzi V35 I Serie '78 MI
BMW K75s '87 IM
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06-04-2007, 16:23
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#40
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Mukkista doc
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18 Agosto – Puquio – Cuzco: Cavalchiamo le Ande
La sveglia è fissata molto presto, da Puquio a Cuzco sono più di 400km di curve e passi, ci siamo accordati per trovarci tutti in sella per le sei del mattino. Per fortuna la giornata si preannuncia fantastica fin dal mattino, l’aria è tersa e splende un sole tiepido in un cielo senza una nuvola neanche all’orizzonte. Uscire dal paese non è facilissimo, la mancanza totale di indicazioni ci obbliga a chiedere informazioni ad ogni angolo. I contadini pronti per il mercato ci guardano un po’ straniti, ma alla fine ci riconducono all’asfalto. E che asfalto. Sembra posato da una settimana, la strada piega dolce ad ogni curva e noi con lei. E ricominciamo a salire verso l’altopiano.
Dopo circa mezz’ora ci affacciamo sull’altopiano. Non è come da noi, che quando arrivi in cima, in qualsiasi cima, dall’altra parte vedi sotto e la strada ricomincia a scendere. Qui quando arrivi in cima il paesaggio si spiana in una distesa infinita di gobbe dolci e laghi; e all’orizzonte le vette aspre delle ande. Non c’è nessuna discesa dall’altra parte, almeno per decine e decine di km.
Superato il ciglio che ci introduce sull’altopiano ci fermiamo per ammirare il paesaggio mozzafiato difronte ad una laguna azzurra e piattissima, non tira un alito di vento ma fa un freddo boia. Qualcuno termometrodotato ci informa: 14 sotto zero. 4700 metri di altitudine. A stare fermi si riesce a percepire il tepore del sole, già alto, ma appena risaliti in moto ricominciamo a soffrire. Stringo forte le manopole riscaldate perché se solo sollevassi per un attimo le mani si raffredderebbero. Ogni tanto stendo le gambe a toccare i polpacci sui cilindri. Tutto fa brodo. Attraversiamo piccoli grumi di case di fango, dai quali spunta un po’ di fumo a significare che la gente c’è e aspetta che l’aria si scaldi un po’ prima di uscire ad iniziare la giornata. Che qui significa portare al pascolo lama e alpaca. Non riesco a immaginare altro.
Per fortuna non dura moltissimo, dopo un’altra mezz’ora la strada comincia a scendere di nuovo in un’enorme ferita di pietra nell’altopiano che prelude alle fertili valli sottostanti, e in breve ci troviamo tutti con una tazza di liquidi commestibili caldi in mano. Il paese in cui ci troviamo è qualcosa più di un piccolo grumo di case. Una doppia fila di baracche si stende sui lati della strada per un paio di centinaia di metri. Ha tutto l’aspetto di essere una posta lungo l’infinita strada che attraversa l’altopiano. In tutte le case offrono una tazza calda e pane fresco con uova per pochi spiccioli. Sul ciglio della strada delle persone stanno scuoiando un paio di alpaca appena macellati.
Si ferma anche un pulmann, viaggia con il cofano motore aperto perché nonostante il freddo, l’altitudine e le salite portano il motore allo stremo. Qui la gente è abituata a veder passare molta gente, ma nonostante questo siamo l’attrazione della giornata. Anzi, credo che capiti una volta all’anno di veder passare una mandria di barbudos in sella a motociclette grandi quanto una vacca di quelle che pascolano giù, verso il mare.
Non riesco a descrivervi meglio l’aria che si respira e quello che ci passa in testa qui. Sarà per l’effetto di una bevanda calda, sarà per la certezza che ci stiamo avvicinando a Cuzco, e ormai è alla nostra portata dopo quello che abbiamo passato nelle ultime 48 ore, ma è una delle poche occasioni in cui non sento nessuno dire “andiamo? Si riparte?”…
E comunque si riparte. La strada continua bellissima, il caldo aumenta ad ogni tornante e giunti a fondovalle ci troviamo a guidare su un percorso che corre a lato del fiume, disegnando curve ora larghe ora strette dove cominciamo a limare i pippolini sulla spalla delle gomme. Intorno a noi si ricomincia a vedere del verde intenso, attraversiamo ponti sopra il fiume blu cobalto e la tentazione di fermarsi per una foto è continua. Ma ancora più forte è la tentazione di rimanere in sella per la prossima curva. Sicuramente è il giorno in cui ci stiamo divertendo di più a guidare. E dura tanto, tre, quattro ore, non saprei dire…fino a quando giungiamo ad Abancay, una città nel cuore delle Ande, dove pranziamo.
Riprendiamo il cammino sulla strada che si inerpica verso un nuovo passo tra foreste di eucalipti e villaggi che sembrano usciti da un documentario del Nat.l Geographic. E poi scendiamo di nuovo, e risaliamo. Non si incontra nessuno per strada, la temperatura è perfetta, attorno ai 20 gradi, il sole splende alto. Ad ogni sosta vicino ad una casa, in un villaggio, c’è modo di scambiare quattro chiacchiere. Certo, gli argomenti sono sempre quelli: da dove venite, dove andate, quanto corre la moto, quanto costa. Ma è bello e giusto così. Sono le stesse cose che chiederei io al loro posto.
Mi fermo per pisciare, dopo aver accuratamente scelto il panorama migliore. Raramente capita di pisciare dentro un quadro. Davanti a me ho una valle che man mano che scende si stringe fino ad un profondo canyon. Ai lati, immensi picchi privi di vegetazione. Mi ricordo vagamente un panorama simile al parco Yosemite in California. Ma è tutta un’altra storia. Qui non ci sono frotte di famigliole col camper e bambini obesi, qui non siamo a poche centinaia di chilometri dalle più grandi metropoli del mondo. Qui non arriva il loro puzzo.
Mentre mi godo questi pensieri sento una macchina che si ferma vicino a me. E’ la polizia, mi chiedono se va tutto bene, se ho bisogno di qualcosa, solo per avermi visto fermo al bordo della strada. Riesce a starmi simpatica anche la polizia, da queste parti.
Ci raduniamo tutti per uno degli appuntamenti lungo il percorso. Anche se non c’è modo di sbagliare strada lo facciamo perché ci aiuterebbe nel caso continuassero a verificarsi imprevisti come nei giorni precendenti.
C’è da affrontare l’ultima salita prima di entrare nell’altopiano di cuzco. L’asfalto è sempre perfetto e le curva disegnate col compasso; la tentazione è forte e io e Mascam cediamo. Con i due adventure ci buttiamo a capofitto tra le curve e i tornanti, superandoci a vicenda, grattando le pedane e a volte i cavalletti. Lo sappiamo bene che sono cose che non andrebbero fatte a 10000km da casa ma che volete che vi dica. Noi non viaggiamo col camper, né con bambini obesi.
Sù in alto, sull’altopiano, la vicinanza di Cuzco, una grande città, viene annunciata da numerosi campi coltivati a mais, quinoa, grano. Le baracche globulari lasciano posto a perfette fattorie che immaginiamo abitate da anziane signore con racconti su vicereame e mezzadri sfaticati pronti per essere snocciolati. Ricominciamo a vedere mucche e cavalli dal pelo lucido. Ma è una campagna così diversa dalla nostra…di fili elettrici neanche l’ombra, di trattori nemmeno, la gente lavora i campi ancora con le bestie.
Siamo a Cuzco! Siamo nell’ombelico del mondo. La capitale dell’impero Inca. Siamo al distributore Grifo ad aspettare Atahualpa che ci guiderà al nostro albergo.
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06-04-2007, 16:24
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#41
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Mukkista doc
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19 Agosto – Cuzco: a zonzo tra i secoli
Da quando siamo partiti è la prima giornata in cui non saliremo in moto. Fa anche piacere, dopo 10 giorni e circa 3000 km. Non solo, le moto le riprenderemo tra tre giorni perché qui faremo base per l’escursione a Macchupicchu. E’ tutto perfetto: le moto sistemate dentro garage custoditi, l’albergo è bello, accogliente e a 300 metri dalla piazza principale e inoltre a pochi passi c’è un motonoleggio con un meccanico bravissimo. Ne approfittiamo per vulcanizzare le gomme forate nei giorni precedenti e per far sistemare la carburazione all’Aprilia di Luca che aveva faticato molto nei passi dei giorni precedenti.
Per oggi non facciamo programmi, ognuno se ne va a zonzo per i fatti suoi tra mercati, chiese coloniali, vicoli stretti, alla ricerca del proprio immaginario. Nel pomeriggio ci ritroviamo tutti un po’ per caso alla fortezza di Sachsayhuaman che sovrasta imponentemente la conca nella quale si stende la città.
Scendiamo nuovamente verso Cuzco a piedi e ceniamo nel ristorante consigliato da numerose relazioni di Avventure. Ovviamente ci troviamo altri 4 gruppi di Avventure nel Mondo. La cosa buffa è che anche per loro, che stanno viaggiando con pulmino, siamo degli alieni con le nostre moto. E’ bello anche sentirsi fighi, ogni tanto.
Dopo cena serata lunghissima tra i vari locali del centro, primi tra tutti il Kamikaze e il Mama Africa (Mama Africa? A Cuzco?). Sotto sotto un po’ di gente attorno ci mancava un po’. Soprattutto nella fascia di età 20-40 e dall’aspetto curato  .
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06-04-2007, 16:24
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#42
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non fare il furbastro, metti le foto
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che emerita stronzata !!!
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06-04-2007, 16:27
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#43
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Mukkista doc
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20 Agosto – Pisac – Ollantaytambo – Aguas Calientes: La valle sagrada
Lungo la valle sagrada degli incas scorre il Rio Urubamba; la valle si chiama così perché rappresentava la riserva di cibo del centro dell’impero con i suoi campi fertili, buoni per il frumento e le bestie. A Pisac visitiamo le rovine abbarbicate sulla montagna, dove mettiamo a dura prova polmoni e gambe e, scesi di nuovo in paese, il mercato, ormai attrazione prevalentemente turistica. Le empanadas appena sfornate però sono da urlo.
Erano alcuni giorni che il freno posteriore di un GS1100 ogni tanto si surriscaldava e si bloccava. Adesso scopriamo che il calore ha fuso la guaina del cardano, la polvere rischia di entrare e sfasciare tutto. Riparazione improvvisata con un pezzo di gomma e dello scotch e siamo pronti a ripartire.
Dopo pranzo percorriamo altri 90 km lungo il fiume Urubamba fino a Ollantaytambo, dove la strada finisce e si è costretti a prendere il treno se si vuole raggiungere Aguas Calientes, ultimo paesino della valle ai piedi della montagna di Macchu Picchu.
Mentre siamo in treno penso a quanto è diverso, e anche anche rilassante, ogni tanto farsi portare in giro: ci stiamo spostando e non siamo noi a guidare. Vabbè, ogni tanto.
Sopra ai finestrini panoramici del treno intanto cominciano ad apparire dei nuvoloni neri molto minacciosi e appena mettiamo piede nella stazione di arrivo, che poi è poco più di una tettoia, si scatena il diluvio. Credo di non aver mai visto piovere con una tale violenza. Da noi qualcosa di simile può succedere in estate, ma l’acquazzone dura pochi minuti e poi smette e magari torna il sole. Su questo facevamo affidamento aspettando sotto la tettoia della stazione. Ma dopo mezz’ora il cielo non lascia alcuna speranza e quindi ci procuriamo delle mantelline di plastica in un banchino lì vicino (evidentemente la cosa succede spesso) e ci avviamo a piedi verso l’albergo. In dieci minuti di cammino, nonostante le mantelline, ci infradiciamo fino alle mutande. Continuerà a piovere fino a notte.
Vi siete chiesti perché il paese si chiama Aguas Calientes? Terme, certo. E allora, cosa meglio di un bagno caldo dopo le secchiate d’acqua che abbiamo preso in testa? Certo, continua a piovere e le terme sono all’aperto, ma è un dettaglio irrilevante quando ti trovi immerso nell’acqua a 40 gradi.
Però ci girano un po’ le palle perché se il tempo continuerà ad essere questo anche domani ci rovinerà la visita alle rovine. Ci addormentiamo con una preghierina ad Athaualpa e Inti, Dio del Sole.
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06-04-2007, 16:27
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06-04-2007, 16:27
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Mukkista doc
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21 Agosto – Macchupicchu – Cuzco
Da Aguas Calientes c’è un servizio di bus navetta per salire alle rovine. La prima corsa è alle 5,20 del mattino. Io avevo consigliato a tutti di prendere quella per essere a Macchupicchu con l’alba, di per sé uno spettacolo, e soprattutto quando ancora le frotte di turisti non sono arrivate. Comunque ciascuno era libero di salire quando voleva, l’unico appuntamento era alle 15 alla stazione per riprendere il treno per Ollantaytambo.
I temperari che hanno deciso di seguire il mio consiglio hanno scoperto che aveva smesso di piovere e quindi meritava davvero una levataccia del genere. Io non ce l’ho fatta, e sono arrivato alle rovine alle 10,30.
Macchupicchu è uno dei posti più incredibili del mondo, io non me la sento di raccontarvi le sensazioni che si provano a stare lì. C’ero già stato 13 anni prima e questo ha tolto molto alla mia esperienza ma tornarci una o dieci volte è un’emozione sempre nuova. Io non ci provo nemmeno a descriverla. E poi qui siamo su QdE, se volete maggiori dettagli andate su www.quellidellincas.com.
Torniamo a Cuzco che è già buio, giusto in tempo per una cena a base di braciole di Alpaca e per rituffarsi nella movida cusqueña.
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06-04-2007, 16:28
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#46
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Mukkista doc
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Come promesso, sono tornato. Con calma anche le foto.
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BabboAle ver. 2.0
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06-04-2007, 16:29
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bene
p.s. sto aspettando che tu finisca...per iniziare a leggere, sono allergico alle puntate
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che emerita stronzata !!!
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06-04-2007, 16:31
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#48
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Mukkista doc
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Beh, siamo ancora a metà. E prevedo che le puntate sulla Bolivia saranno luuuuuuuuungheeeeee.......
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BabboAle ver. 2.0
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10-06-2007, 20:09
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#49
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Mukkista doc
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Bravissimo!!!!
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R1200GS LC+KTM1290ADV S
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09-08-2007, 13:13
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#50
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Presidente del FIAT DUNA fun club
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Quote:
Originariamente inviata da ale4zon
Beh, siamo ancora a metà. E prevedo che le puntate sulla Bolivia saranno luuuuuuuuungheeeeee.......
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luuuuuuunghisssime.....
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che emerita stronzata !!!
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