Ed eccoci qui. La paura dei primi metri. La strana ruvidezza "ai bassi". Le vibrazioni sui polsi a 110. Poi una domenica mattina infilo gli stivali, il giubbotto con il paraschiena, il casco. Mi lascio il cancello alle spalle e dal mio paesello di Ozieri, nel Logudoro sardo, prendo la via per Nughedu, poi verso Bultei, Pattada ed il ritorno a casa. Un saliscendi da terza, quarta, terza, mucca, cacca di mucca, qualche seconda, il primo freddo quando attraverso la foresta Fiorentini, su su da cinquecento a mille metri tra alberi secolari e macchie di umido. Le mani implorano guanti invernali che non ho ma la mia mucca inizia a scaldare gli zoccoli ed io non ho intenzione di sentire lamentele. Terza, tiri e lasci. Quarta, stacchi piano, terza. Piano piano piano inizi a disegnare. Inizi ad alzare lo sguardo. A guardarti dall'alto scarabocchiare sull'asfalto linee sempre più sicure. Aumenta la confidenza. Il cambio ogni tanto sputa, è vero. Mi sono anche dovuto fermare, ma tra burberi come minimo ci si rispetta e forse iniziamo a fare amicizia. Ne è passato qualche altro centinaio di chilometri, abbiamo preso la prima acqua ed un paio di superstrade. C'è da capire il ritmo più congeniale. C'è da guardarci i piedi ad ogni passo per non schiacciarci i calli a vicenda. Mille chilometri son pochi ma già ci si conosce, ci si rispetta, ci si diverte. Ci si vuol bene.