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Vecchio 24-09-2007, 13:11   #1
Guanaco
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Lightbulb Il futuro dei biocombustibili

Tratto da "La Provincia" di venerdì scorso.


L’austerity degli anni ’70 è stata una mezza bufala per gli allarmismi che ha a suo tempo generato. Ma che le riserve di greggio si stiano depauperando è oggi indiscutibile, né bisogna aspettarsi rinvenimenti eclatanti di nuovi giacimenti fossili. Inoltre, i consumi crescono in tutto l’occidente, mentre la domanda di paesi quali Cina e India si fa sempre più pressante. A tutto questo si aggiungono questioni congiunturali e di mercato legati all’energia ricavata dal petrolio. Insomma, il quadro del futuro energetico a medio termine non è tra i più rosei.


Come limitare la dipendenza dagli oligopolisti e non litigare quando si raschia il fondo dei barili? Concentriamo qui l’analisi sui soli trasporti i quali assorbono comunque un terzo dei consumi energetici europei. In questo contesto i combustibili ricavati da masse vegetali sono proposti come una soluzione particolarmente interessante per l’ecologia, la rinnovabilità e l’indipendenza economica che comportano. Tuttavia, a conti fatti, non sembra che la situazione sia così cristallina come ci viene prospettata da alcune fonti industriali e politiche. Ci troviamo adesso in una fase confusa in cui il mercato dei biocarburanti cresce tra molte iniziative, ma anche con molte critiche inerenti il rapporto tra costi e benefici.


L’Europa, che è nel mondo il primo importatore e il secondo consumatore di energia, punta ad acquisire il 10% del fabbisogno dai biocarburanti entro il 2020. Bruxelles sostiene il progetto Best che promuove il bioetanolo (alcol etilico da fermentazione di vegetali), anche perché ormai quasi tutti gli analisti relegano il biodiesel in secondo piano. Dunque, bioetanolo a tutta birra? Molte aziende automobilistiche si stanno attrezzando, investendo in know-how e piantagioni. In verità, come si accennava, ci sono problemi di costo, emissioni, risorse, infrastrutture, cibo e ambiente. Facciamo una carrellata per afferrare la situazione per sommi capi.


Un’unità di energia disponibile con l’etanolo ricavato oggi dal mais non costa meno di quella ottenibile con la benzina (pur col barile a 80 dollari): circa 6 centesimi di euro ogni kilowattora. Le pipelines attuali non sono compatibili col bioetanolo che provocherebbe problemi di corrosione (bisognerebbe modificare tutte le linee a costi notevolissimi). Nella produzione di bioetanolo da cereali (la fonte attualmente più utilizzata) l’energia resa è dopotutto minore di quella spesa, così com’è misero il bilancio tra gas serra aboliti e generati. Le coltivazioni che concorrono con gli usi alimentari causano attualmente rincari dei generi commestibili (è già successo negli Usa e in Messico) a danno delle economie deboli. Da recenti studi emerge che i gas di un motore a etanolo, prima supposti innocui, sono nocivi all’incirca come quelli rilasciati con la benzina: formaldeide e acetaldeide al posto di benzene e butadiene.


Non è finita. Per produrre un litro di bioetanolo occorrono la bellezza di 4,6 tonnellate d’acqua, una risorsa preziosa e cruciale per lo sviluppo futuro dell’intero pianeta, che potrebbe diventare cara e cui oggi alcuni paesi poveri non accedono nemmeno. Ma è la Terra che rischia d’impoverirsi. Muovere i soli veicoli privati italiani a bioetanolo significa disporre da qualche parte nel mondo di piantagioni per circa 6 milioni di ettari, metà del suolo nazionale coltivabile. Figuriamoci cosa significa estendere questo all'Europa o al mondo intero. La specie umana divora già un quarto della biomassa creata dal pianeta. Sostituire i combustibili fossili con coltivazioni immani, che tra l’altro richiedono fertilizzanti e pesticidi, implica la perdita di ecosistemi, deforestazioni, desertificazioni, cambianti climatici. Le analisi ambientali recentemente condotte sono tutte concordi in questo senso e sono particolarmente allarmiste.



In definitiva, un mondo moderno che andasse avanti con i biocombustibili non sarebbe affatto tutto rose e fiori. Al contrario, posto che le condizioni tecniche e le scelte strategiche restino quelle che si delineano ora, il futuro energetico europeo (e non solo europeo) affrontato con queste risorse naturali potrebbe riservare più difficoltà e rischi che soluzioni e serenità. Insomma, il rimedio potrebbe facilmente dimostrarsi peggiore del male. Il punto cruciale è che allo stato attuale i propugnatori dei biocombustibili tendono a focalizzare l’attenzione dei cittadini sull’impiego terminale di questi combustibili presentati come “verdi”, tralasciando tutti gli aspetti ambientali, sanitari ed economici che interessano l’intera filiera di produzione.


Come al solito, si esalta un aspetto locale, dimenticando il quadro globale. Non è raro che ciò avvenga per interessi e spinte corporativistiche; e non è raro che il mercato, poco propenso a digerire le questioni tecniche e scientifiche, si lasci, per modo di dire, “abbindolare” dai potentati. Oggi non possiamo più permetterci questi atteggiamenti, giacché la dipendenza dall’energia è diventata più critica che mai, così come cruciale è il nostro rapporto con quanto ci offre la Terra in termini di ecosistemi, biodiversità e risorse.


Naturalmente, è facile fare polemiche senza proporre alternative. In effetti, se non facciamo nulla per paura di cadere dalla padella nella brace quando la benzina supererà un certo prezzo qualcuno penserà bene di ricavarla dal carbone (ce n’è ancora molto) a costi concorrenziali, causando però spaventosi rilasci di gas serra nell’atmosfera. Meglio allora non dimenticare i biocombustibili, inquadrandoli in un contesto, come oggi si dice, “sostenibile”. È questa una sfida che richiede ingegno e tecnologia, ma anche buon senso. La strada è in parte già tracciata: piante non alimentari che crescono su suoli poveri (miscanthus giganteus), organismi ogm e bioraffinerie che trattano residui vegetali: foglie, paglia, rifiuti organici, scarti agroalimentari e legnosi. Dobbiamo metterci nell’ordine di idee di non poter più “buttare” nulla, altrimenti corriamo il pericolo di buttare noi stessi alle ortiche.
 
 


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