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Il futuro dei biocombustibili
Tratto da "La Provincia" di venerdì scorso.
L’austerity degli anni ’70 è stata una mezza bufala per gli allarmismi che ha a suo tempo generato. Ma che le riserve di greggio si stiano depauperando è oggi indiscutibile, né bisogna aspettarsi rinvenimenti eclatanti di nuovi giacimenti fossili. Inoltre, i consumi crescono in tutto l’occidente, mentre la domanda di paesi quali Cina e India si fa sempre più pressante. A tutto questo si aggiungono questioni congiunturali e di mercato legati all’energia ricavata dal petrolio. Insomma, il quadro del futuro energetico a medio termine non è tra i più rosei. Come limitare la dipendenza dagli oligopolisti e non litigare quando si raschia il fondo dei barili? Concentriamo qui l’analisi sui soli trasporti i quali assorbono comunque un terzo dei consumi energetici europei. In questo contesto i combustibili ricavati da masse vegetali sono proposti come una soluzione particolarmente interessante per l’ecologia, la rinnovabilità e l’indipendenza economica che comportano. Tuttavia, a conti fatti, non sembra che la situazione sia così cristallina come ci viene prospettata da alcune fonti industriali e politiche. Ci troviamo adesso in una fase confusa in cui il mercato dei biocarburanti cresce tra molte iniziative, ma anche con molte critiche inerenti il rapporto tra costi e benefici. L’Europa, che è nel mondo il primo importatore e il secondo consumatore di energia, punta ad acquisire il 10% del fabbisogno dai biocarburanti entro il 2020. Bruxelles sostiene il progetto Best che promuove il bioetanolo (alcol etilico da fermentazione di vegetali), anche perché ormai quasi tutti gli analisti relegano il biodiesel in secondo piano. Dunque, bioetanolo a tutta birra? Molte aziende automobilistiche si stanno attrezzando, investendo in know-how e piantagioni. In verità, come si accennava, ci sono problemi di costo, emissioni, risorse, infrastrutture, cibo e ambiente. Facciamo una carrellata per afferrare la situazione per sommi capi. Un’unità di energia disponibile con l’etanolo ricavato oggi dal mais non costa meno di quella ottenibile con la benzina (pur col barile a 80 dollari): circa 6 centesimi di euro ogni kilowattora. Le pipelines attuali non sono compatibili col bioetanolo che provocherebbe problemi di corrosione (bisognerebbe modificare tutte le linee a costi notevolissimi). Nella produzione di bioetanolo da cereali (la fonte attualmente più utilizzata) l’energia resa è dopotutto minore di quella spesa, così com’è misero il bilancio tra gas serra aboliti e generati. Le coltivazioni che concorrono con gli usi alimentari causano attualmente rincari dei generi commestibili (è già successo negli Usa e in Messico) a danno delle economie deboli. Da recenti studi emerge che i gas di un motore a etanolo, prima supposti innocui, sono nocivi all’incirca come quelli rilasciati con la benzina: formaldeide e acetaldeide al posto di benzene e butadiene. Non è finita. Per produrre un litro di bioetanolo occorrono la bellezza di 4,6 tonnellate d’acqua, una risorsa preziosa e cruciale per lo sviluppo futuro dell’intero pianeta, che potrebbe diventare cara e cui oggi alcuni paesi poveri non accedono nemmeno. Ma è la Terra che rischia d’impoverirsi. Muovere i soli veicoli privati italiani a bioetanolo significa disporre da qualche parte nel mondo di piantagioni per circa 6 milioni di ettari, metà del suolo nazionale coltivabile. Figuriamoci cosa significa estendere questo all'Europa o al mondo intero. La specie umana divora già un quarto della biomassa creata dal pianeta. Sostituire i combustibili fossili con coltivazioni immani, che tra l’altro richiedono fertilizzanti e pesticidi, implica la perdita di ecosistemi, deforestazioni, desertificazioni, cambianti climatici. Le analisi ambientali recentemente condotte sono tutte concordi in questo senso e sono particolarmente allarmiste. In definitiva, un mondo moderno che andasse avanti con i biocombustibili non sarebbe affatto tutto rose e fiori. Al contrario, posto che le condizioni tecniche e le scelte strategiche restino quelle che si delineano ora, il futuro energetico europeo (e non solo europeo) affrontato con queste risorse naturali potrebbe riservare più difficoltà e rischi che soluzioni e serenità. Insomma, il rimedio potrebbe facilmente dimostrarsi peggiore del male. Il punto cruciale è che allo stato attuale i propugnatori dei biocombustibili tendono a focalizzare l’attenzione dei cittadini sull’impiego terminale di questi combustibili presentati come “verdi”, tralasciando tutti gli aspetti ambientali, sanitari ed economici che interessano l’intera filiera di produzione. Come al solito, si esalta un aspetto locale, dimenticando il quadro globale. Non è raro che ciò avvenga per interessi e spinte corporativistiche; e non è raro che il mercato, poco propenso a digerire le questioni tecniche e scientifiche, si lasci, per modo di dire, “abbindolare” dai potentati. Oggi non possiamo più permetterci questi atteggiamenti, giacché la dipendenza dall’energia è diventata più critica che mai, così come cruciale è il nostro rapporto con quanto ci offre la Terra in termini di ecosistemi, biodiversità e risorse. Naturalmente, è facile fare polemiche senza proporre alternative. In effetti, se non facciamo nulla per paura di cadere dalla padella nella brace quando la benzina supererà un certo prezzo qualcuno penserà bene di ricavarla dal carbone (ce n’è ancora molto) a costi concorrenziali, causando però spaventosi rilasci di gas serra nell’atmosfera. Meglio allora non dimenticare i biocombustibili, inquadrandoli in un contesto, come oggi si dice, “sostenibile”. È questa una sfida che richiede ingegno e tecnologia, ma anche buon senso. La strada è in parte già tracciata: piante non alimentari che crescono su suoli poveri (miscanthus giganteus), organismi ogm e bioraffinerie che trattano residui vegetali: foglie, paglia, rifiuti organici, scarti agroalimentari e legnosi. Dobbiamo metterci nell’ordine di idee di non poter più “buttare” nulla, altrimenti corriamo il pericolo di buttare noi stessi alle ortiche. |
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... pur non essendo un quotidiano che leggo abitualmente, mi è capitato di leggere questo
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=206400 ... che, tanto per chiarire le idee a tutti, ovviamente dice l'esatto contrario... |
I motori diesel possono essere modificati per andare col 100% di olio vegetale non esterificato
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.......la mia alfa 145 funziona con l'olio di colza anche senza essere diluito con gasolio, anche quando avevo la super uno diesel che hanno cercato di rubarmi a sestu...............il k75..................se trovo delle candelette bosch provo a montarle, magari funziona anche lei
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mi fa piacere ci sia qualcuno che lo dice apertamente, quando dico che uso l'olio nel serbatoio del diesel mi prendono per matto...
io però 20% olio 80% gasolio, perché è un common rail 1700 bar |
Albart fa questo lavoro in un certo senso.
Mi piacerebbe avere la sua opinione da top manager della bio mass economy. |
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Intanto i cereali aumentano di prezzo ( nn per i produttori) perche' c'e' una richiesta esagerata proprio per
produrre carburanti.:mad::mad::mad: |
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Non capisco però il punto della questione. Ma provo un secondo ad approfondire alcune questioni. Quando si parla di variazioni di prezzi in agricoltura bisogna innanzitutto capire se sono causati da variabili congiunturali o strutturali. Negli ultimi anni i prezzi del grano in Italia ad esempio erano ai minimi, circa 18 €/qle, un aumento dei prezzi era prevedibilissimo per un semplice dato di fatto macroeconomico ovvero legge domanda-offerta...a quei prezzi nessuno produceva più grano. Lo stesso dicasi per il mais da granella, è vero che i prezzi delle commodities alimentari seguono logiche "globali" però basta farsi un giro in basilicata per vedere che il grano li non lo fa più nessuno, quindi congiuntura. Detto ciò come operatori del settore siamo sicuri che i prezzi rimarranno sostenuti per qualche anno, ma che aumenti di questo tipo si sono visti nella storia e non è il caso di essere troppo allarmisti....il bioetanolo da mais infatti sta drogando l'economia agricola statunitense, avendo grossi impatti sull alimentazione food e sulla zootecnia sopratutto, quindi struttura,ma il prossimo step, forse il più promettente su cui stiamo lavorando noi e in genere i paesi che non hanno possibilità di produrre così estensivamente i cereali, è il cosidetto BTL ovvero bioetanolo da materiale lignocellulosico, che vi posso anticipare ha già raggiunto a livello sperimentale degli ottimi risultati. Insomma si può stare abbastanza tranquilli che le prossime guerre verranno fatte sul pane e non sul petrolio. a parte gli scherzi...mi piacerebbe approfondire la questione e capire cosa ne pensate in merito, visto che di queste chiacchere ne ho fatto una professione. |
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Per curiosita' frenco..............Da quanti km e' che metti il 20% del pieno in olio di colza nella tua macchina ?
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quella della benzina dai rifiuti mi pare grossa nel senso che se fosse vero....avremmo risolto una parte dei problemi.
Bioetanolo; non è bio......costa caro alla comunità, ma al momento è una delle strade da percorrere per ridurre la nostra dipendenza dal petrolio. Cereali; Albert dice una sacrosanta verità . Oggi i cereali costano come 20 anni fa!!!!! ma il pane , pasta, ecc. costano molto di più, questo significa che il denaro è stato distribuito diversamente. Sappiate che gli Agricoltori sono a break even ed in alcuni casi sono in perdita! Tornando al bioetanolo o al consumo di energia penso che se investissimo anche una parte del denaro nell' educare la gente a risparmiare, avremo economie maggiori in minor tempo. |
Congiuntura? Seeeee...
Che le coltivazioni di biomassa alimentare a scopo di propellente possano incidere pesantemente sui prezzi delle commodities alimentari è un dato ormai assodato. Mi pare veramente strano che si possa discutere su questo punto, rilevato in ritardo, ma ormai condiviso dagli analisti. Il mercato ragiona solo per domanda/offerta e, se non regolato e controllato, non guarda se il mais, ad esempio, è destinato alla raffineria o allo stomaco. Casi di rincaro grave per queste ragioni si sono avuti già ora negli Usa e in Messico. E non era affatto una questione di congiuntura sulle tortillas. Figuriamoci cosa succede quando la conversione al bioetanolo diventa di massa. La guerra non sarà per il pane; o meglio qualcuno la farà per magnà, altri per andare in vacanaza con l'auto a biocombustibile. E' questo il punto, altro che congiuntura. In quanto alle alternative, l'articolo accenna chiaramente a coltivazioni vegetali che non competono con gli usi alimentari (cercate "miscanthus giganteus" con Google) e a bioraffinerie che trattano foglie, paglia, rifiuti organici, scarti agroalimentari e legnosi. Sono le cosiddette tecnologie di "seconda generazione". La cosa interessante è che queste ultime non hanno preso piede semplicemente perché le conoscenze si sono nel frattempo sviluppate, ma soprattutto perché la prima soluzione - proprio per i problemi descritti - era in sostanza una vaccata clamorosa sul piano dell'intera filiera di produzione: bilanci negativi su ogni fronte (energetico, ambientale, economico, sanitario). Pura demagogia. In quanto al biodiesel, non contateci troppo. Ha finora avuto un notevole sviluppo, ma è destinato a nicchie. Perché? Per tutta una serie di motivi, il primo dei quali è che i motori diesel non avranno più gli sviluppi che hanno segnato fino ad oggi. Con l'entrata in vigore delle nuove normative sulle emissioni i costi di produzione di questi motori salgono molto (problema con gli ossidi di azoto e il particolato). Toyota ritiene addirittura che nessuno dei prossimi motori a gasolio potrà rispettare i severi parametri dell’Epa americana (Environmental Protection Agency) e non intende investire nel diesel Usa. È vero che in America la mentalità del mercato è diversa e le raffinerie sono più adatte a produrre benzina che gasolio, ma è ormai chiaro che anche da noi l’impegno industriale per rispettare le norme Euro 5 ed Euro 6 comporterà per i diesel notevoli costi di produzione. Va inoltre ricordato che un filtro anti-particolato da solo fa crescere i consumi del 2%, un catalizzatore anti-NOx avanzato anche del 5%. Se consideriamo che i diesel non hanno negli ultimi anni migliorato i loro consumi e che il prezzo del gasolio si sta livellando a quello della benzina si capisce che la convenienza del diesel, già ora più caro, verrà ridimensionata. Il futuro non è affatto diesel. Ma è proprio qui che il bioetanolo avrà buon gioco: esso alimenta infatti i motori Otto, non i diesel. |
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direi che l'analisi economica è abbastanza limitata e limitante, quel che conta sarebbe una seria analisi energetica. |
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Tra l'altro non uso solo colza, butto dentro anche l'olio di oliva delle scatolette del mio cane e l'olio della frittura. Non c'è nessuna scientificità, ogni tanto butto l'olio dentro e basta. Adesso faccio due foto e poi le posto. |
L'olio di colza se non avesse gli aiuti CE pari a 2 volte il valore della coltura (tanto che a volte manco si trebbia)..se avesse le accise e le tasse sui carburanti ecc ecc
costerebbe 10 volte il prezzo del diesel normale. L'utilizzare olio di colza, a parte ammettere (pubblicamente) di compiere un'atto illegale e fortemente sanzionabile, crea un costo notevole per tutti noi che paghiamo le tasse per i contributi CE all'agricoltura, per mancati introiti dalle accise sui combustibili |
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anyway, sono colpevole, non puoi capire il sottile piacere di evadere un po' di tasse... non ho giustificazioni e non ne cerco. però vi faccio vedere come riciclo l'olio delle scatolette e della frittura: prima lo scolo in barattoli di vetro http://farm2.static.flickr.com/1258/...f2e61dcb9a.jpg poi dopo che si è riempito e la decantazione ha fatto il suo lavoro, lo verso in una tanichetta http://farm2.static.flickr.com/1420/...a7691e2fac.jpg che uso per la macchina. |
naturalmente mentivo, non sono io, è un lontano cuggino che usa l'olio ed evade l'accise...
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1) trovo assurda l'idea che si possa sostituire il petrolio fossile con qualsiasi tipo di coltura biologica: ma quanti kg/qli/ton di vegetali ci vogliono per produrre 1 solo litro dell'equivalente in benzina? e che superficie è necessaria per coltivarli con relativi fertilizzanti e acqua? moltiplicato per la produzione giornaliera di barili di petrolio... 2) stiamo buttando via la risorsa più preziosa che abbiamo e nessuno fa niente per limitare/diminuire i consumi oltre che le emissioni nocive, veramente assurdo! se avete qualche altro link a studi sull'argomento...grazie |
porco mondo, c'è un terzo del mondo che crepa di fame
e nessuno muove un dito. Ma quando si tratta di usare piantagioni per foraggiare il mercato dei combustibili, fra un po' si fa crescere il grano anche al Polo Nord. Ma ci rendiamo conto ? Avanti cosi e dovremo decidere se fare il pieno di combustibile o fare mettere qualche cosa sotto i denti. |
questi argomenti sono sempre interessanti, da tecnico me ne son sempre interessato in maniera critica,cercando di filtrare la politica e la disinformazione.
Per combinazione negli ultimi tempi ho afifancato al mio lavoro di progettista di impianti siderurgici quello di revamping (rinnovamento) di centrali elettriche.Mi son studiato un po' di cose e quanto diro' potra' essere ovvio per alcuni, meno per altri. Dividerei la dipendenza del petrolio in due enormi "rami separati".Il primo, quello sotto gli occhi di tutti,anche dei piu' sprovveduti, e' quello dei mezzi di trasporto.Il secondo, secondo me molto piu' importante e' la generazione dell'energia elettrica.Tutte le industrie che producono qualunque prodotto hanno macchinari che funzionano con energia elettrica.Quindi, al mancare di questa non si stopperebbe "solo" il sistema dei trasporti, ma tutta la produzione.Non si produrrebbe piu' niente o quasi.Ritorno al medioevo immediato.Quindi secondo me precedenza assoluta alla soluzione della generazione dell'energia elettrica, che ha il pregio mostruoso che puo' essere prodotta in un sito e poi trasportata con semplici fili ovunque.Per fortuna si puo'' generare energia senza petrolio.Il nucleare avra' il problema delle scorie ma oggi e' essenziale, come dimostrato da tutti i paesi evoluti tranne noi naturalmente.Ma ho visitato anche inceneritori e centrali idroelettriche, questi sistemi non saranno modaioli e all'ultimo grido come eolico e fotovoltaico, ma garantiscono rese rispetto agli investimenti nemmeno paragonabili. Ho studiato la storia dell'idroelettrico italiano.Nei tempi della autarchia mussoliniana ebbe un grandissimo impulso e l'italia per decenni fu all'avanguardia assoluta a livello mondiale.Per fare quello che tutt'oggi in italia viene generato con l'acqua non basterebbe ricoprire l'intera penisola di pannelli e "ventilatori". Peraltro ho visto usi demenziali dell'energia, una centrale turbogas a trapani che ,nata per andare a gasolio e' stata convertita a metano , e ne brucia il triplo che il gasolio, solo per questioni politiche di importazione dal nordafrica.Sprecare pregiatissimo metano in centrale e' una follia solo italiana. Mentre invece potrebbe essere usato massicciamente sull'autotrasporto. Infine ancora, occorrerebbe spingere moltissimo sull'educazione al risparmio energetico dei cittadini (estrinsecabile in mille modi).Resto convinto che una politica di risparmo di es. il 15-20% nelle politiche di vita quotidiana sia possibile, se par poco vi dico che in italia equivarrebbe a 10 (dieci!) centrali elettriche a pieno regime. |
condivido appieno. Per il bene più prezioso, l'energia, dipendiamo totalmente da altri ma purtroppo e molto semplicemente non abbiamo dei politici che sappiano vedere oltre la fine del loro mandato (da qualsiasi parte stiano).
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aspes ieri volevo scrivere sta frase
Non esiste razionalizzazione figuriamoci se è possibile una rivoluzione razionale dell'intero sistema energetico ovvio che chi parla di energia parla per riempirsi la bocca (e le tasche) spero di non infrangere con ciò i sogni utopistici di albart o di altri che lavorano nel settore ;) |
x Aspes
Ho letto il tuo post e condivido quanto scrivi. Non infierisco sulla politica energetica italiana, perché è come sparare sulla croce rossa. Ho però una riserva su quanto scrivi, dettata dalla mia estrazione tecnica d'origine e che riguarda le centrali idroelettriche. Questi impianti fanno capo alla seconda fonte rinnovabile (dopo le biomasse), non inquinano, hanno un rendimento elevatissimo e hanno il grande pregio di poter regolare l'output (le grandi centrali termiche funzionano a regimi poco variabili) in funzione della richiesta della rete. Il loro contributo costituisce il 25% dell’energia elettrica ottenuta sul pianeta, percentuale che potrebbe essere incrementata e che corrisponde a circa il 5% del fabbisogno globale di energia. Tutto vero. A onor del vero va anche ricordato che questi impianti provocano un impatto ambientale non indifferente e comportano alcuni noti rischi sociali e ambientali. Che poi qualunque soluzione abbia un costo è ovvio, ma è bene ricordarlo, almeno finché intendiamo usare la lavapiatti e far funzionare le fabbriche. Il fatto cruciale però è che nei paesi industrializzati le possibilità di trovare nuovi siti di captazione sono molto limitate, sia per i salti montani sia per i fiumi (installazioni ad acqua fluente). Praticamente, in Europa non ha senso contare su forti sviluppi dell'idroelettrico, ecco perché si tende piuttosto a rinnovare. Ed ecco perché molte compagnie di utilities legate all'idroelettrico si stanno muovendo verso l'eolico, investendo anche da noi (Campania, Sardegna). L'idroelettrico va bene nei paesi in via di sviluppo dove le azioni delle compagnia sono in costante crescita, diversamente da quelle nostrane che sono tipicamente per "cassettisti". ;) |
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