Mukkista doc
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Ambaradan, così per curiosità.
”Ambaradan” è un nome geografico, diffuso in Italia al tempo della seconda guerra Italo-Etiopica (1935-6).
Si chiama “Amba Aradam” il massiccio etiopico su cui, nel 1936, i soldati italiani sconfissero l’esercito abissino. La propaganda fascista esaltò l’episodio, sottolineando l’asprezza della battaglia e l’eroismo dei nostri soldati. Il nome di luogo contiene “amba”, che in abissino significa “altura” e che ricorre, nella zona, associato al nome proprio dei vari monti: “amba Aradam”, “amba Alagi”, ecc. In Italia questo nome passò presto a significare “confusione”, “baraonda”: un significato suggerito dal caos della battaglia, ma anche dal suono della parola, particolarmente suggestivo nella successione delle quattro /a/ e nel ritmo creato dai due accenti (quello principale sull’ultima sillaba e quello secondario sulla prima: “àmbaradàn”).
Un’osservazione: le “voci” del “disordine”, in italiano, sono molto più numerose e fantasiose di quelle dell’ordine.
Le elenco alfabeticamente, senza distinguere se la confusione coinvolge oggetti, o persone, o suoni, ecc.: “accozzaglia”, “ambaradan”, “arruffio”, “babele”, “Babilonia”, “bailamme”, “baraonda”, “caos”, “casino”, “farragine”, “guazzabuglio”, “marasma”, “pandemonio”, “parapiglia”, “putiferio”, “scompiglio”, “trambusto”, “Tresibonda”, “zibaldone”, ecc. Evidentemente il concetto negativo di “disordine”, “confusione”, ci impressiona di più di quello positivo di “ordine”, “buon assetto”, “compostezza”, “regolarità”, ecc.
In realtà ogni lingua suddivide e organizza in modo diverso la totalità dell’esprimibile. Per esempio: “si nasce” con una sola parola; o al massimo si “viene alla luce” con una perifrasi. Ma per “morire” esistono molte alternative: attenuazioni e riguardi verbali (“eufemismi”): “spirare”, “mancare”, “decedere”, “defungere”, “trapassare”, “andarsene”, “perire”, “scomparire”, “cessare di vivere”, “andare all’altro mondo”, “esalare l’ultimo respiro”, “rendere l’anima a Dio”, “mancare all’affetto dei propri cari”, “passare a miglior vita”, ecc.; o, viceversa, accentuazioni espressive: “crepare”, “schiattare”, “tirare le cuoia”, ecc. Alessandro Manzoni, per annunciare solennemente al mondo che Napoleone era morto, iniziò il “5 Maggio” scrivendo: “Ei fu…”.
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