Martedì 5 Giugno 2012
Samsun (TUR) – Poti (GEO)
609 km.
Parto di buon ora, sperando che il fresco duri almeno per un po’. Non sarà così, purtroppo!
Uscendo da Samsun mi imbatto in una miriade di taxi collettivi (tipo i marshrutka in terra russa) che a colpi di accelerazioni e sterzate da brivido si contendono il potenziale cliente ai lati delle strade. Uno di questi taxi, alla mia sinistra si accorge che poco più avanti, sulla destra, c’è un gruppo di clienti – non ci pensa un attimo mi taglia la strada pericolosamente (per me!) senza guardare – l’indicatore di direzione è l’ultimo dei suoi problemi!
Se ad un motociclista servono, di norma, quattro occhi, in Asia ne servono sei!
Vabbè, vorrà dire che starò maggiormente attento.
Finalmente mi immetto sulla strada costiera E70 che mi porterà in Georgia; aspettavo da tempo questo momento. Ricordo infatti di aver gustato particolarmente la strada costiera nel sud.
Purtroppo ne resterò deluso, questa qui è una vera e propria strada statale, che assomiglia più ad una autostrada – due corsie per senso di marcia, spartitraffico ampio che mi consente di intravedere il Mar Nero solo a tratti.
Peccato!
In compenso, la polizia, correttamente segnala con appositi cartelli e molto in anticipo, la presenza del radar per il controllo velocità. Auto civetta parcheggiate sulla destra contromano (viste negli anni passati), non mi pare di averne incontrate. La multa è quindi scongiurata.
Passo al largo di Trabzon (Trebisonda); contrariamente a quanto avevo preventivato, non mi fermo al porto per chiedere informazioni in merito al traghetto per Sochi (RUS) – qualche giorno prima di partire da casa – sul sito della compagnia di navigazione – erano state pubblicate le date e gli orari di partenza dei traghetti, con i relativi costi.
Arrivo alla frontiera con la Georgia nei pressi di Sarpi, al riguardo avevo sentito voci discordanti circa i tempi di attesa; alla fine me la cavo in meno di 30 minuti. I controlli per entrare sono veloci – la giovane poliziotta al gabbiotto, forse emozionata, si confonde e mi augura un “Welcome to Turkey”

; non gli dico nulla per non mortificarla.
L’architettura dell’edificio che ospita la frontiera georgiana mi ricorda qualcosa, che però mi sfugge…