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trottalemme 17-09-2013 19:37

Along the Arctic Highway /7
 
Martedì 6 Agosto
Oggi siamo ritornati sulla E6, la “Arctic Highway” che, da Tromsø, abbiamo raggiunto a Nordkjosbotn e seguita fino ad Alta. Per la varietà delle suggestioni naturalistiche, storiche ed etnografiche che offre, questo tratto avrebbe meritato ben più della giornata che gli abbiamo dedicato; si sviluppa seguendo la costa di tre spettacolari fiordi: il Lyngen, il Kvænangen e l’Altafjorden. Attraversa anche un breve altopiano, il Kvænansfjell che annuncia la bellezza struggente ed esotica del Finnmark e di tutto il Sapmi, la terra dei Sami.
Devo confessare che le sensazioni vissute in questa giornata e i paesaggi che mi hanno incantato ed entusiasmato si fondono e si confondono. Troppe cose da metabolizzare in poco tempo. Rimangono due incontri sulla via, il primo mancato e il secondo compiuto.
Skibotn è un villaggio distante una cinquantina di chilometri da Nordkjosbotn. Ci si arriva dopo avere fiancheggiato l’estrema propaggine del Lyngen e dopo una profonda ansa della strada che prepara la visione maestosa delle Lyngsfjellan al di là del braccio di mare; montagne di granito incappucciate di neve e ghiaccio verde. Il villaggio è sparpagliato nel bosco ed è grazioso; ha un distributore di benzina e un albergo, ma non ha un centro intorno al quale si possa intuire la sua disposizione. Al di là della splendida vista sulle Alpi di Lyngen, è interessante perché ogni altro anno ospita un grande raduno della Chiesa Laestadiana.
Il Laestadianesimo deve il suo nome a Lars Levi Laestadius, nato nel 1800 sulle montagne della Svezia Settentrionale e avviato alla vita clericale nella Chiesa Luterana presso le comunità sami di Norvegia e Finlandia. Egli fu il protagonista di una riforma “moralizzatrice” tesa a combattere le “piaghe” che, secondo lui, inquinavano la vita di quella gente. Nel complesso, egli respingeva tutte le “gioie” che non fossero ispirate dallo Spirito Santo e gli inutili “sfarzi” legati all’abbigliamento tradizionale lappone, ma concentrava la sua furia in particolare contro l’assunzione di alcol. Infatti, l’offerta e l’assunzione rituale di bevande alcoliche erano profondamente radicate nella cultura tradizionale same e, in particolare, rappresentava lo strumento utile a raggiungere lo stato di trance assieme al canto del joik e al ritmo del tamburo sciamanico. Dunque, la battaglia contro il consumo di alcol aveva anche lo scopo di combattere la vecchia cultura animistica oltre a ridurre la miseria legata all’alcolismo diffuso. Per fare breccia nelle coscienze approfittò di un evento naturale assai raro in Lapponia: il terremoto del 5 dicembre 1845, che fu interpretato da Laestadius come un segno dell’ira divina. La sua predicazione veemente e passionale fece breccia nei parrocchiani e cominciò a far sentire presto i suoi effetti. I suoi sermoni, traboccanti di metafore e il suo stato di eccitazione entusiasmarono i sami perché ricordava loro i riti sciamanici e i fedeli confessavano i propri peccati, piangendo e pregando per il perdono in una specie di estasi che culminava nel Likkatus, la comunione.
Il suo insegnamento non perì con lui e continua a essere predicato e vissuto da comunità sparse in tutto il mondo, oltre naturalmente ai Paesi scandinavi.
A Skibotn cerco le tracce viventi di questo movimento, così come nel West Virginia avevo cercato gli Amish. A differenza di allora, non trovo nulla nell’architettura e nel costume della gente che indichi l’appartenenza a questa cupa dottrina né riesco a raccogliere informazioni sul Laestadianesimo che rimane solamente un ricordo letterario.
Mi va meglio ad Alta. A pochi metri dal mare, un uomo approssimativamente abbigliato con una tunica ricavata da due pelli di renna, batte ritmicamente con un sasso uno scalpello sull’arenaria grigio-verde levigata dalla glaciazione appena conclusa. Una donna in piedi lo guarda mentre un ragazzino si diverte a saltare dentro e fuori una leggera canoa rivestita di pelle grigia che ricorda la foca. Il sole è basso sull’orizzonte e l’ombra lunga fa risaltare le figure incise nella roccia intorno all’uomo. Provo a parlargli, ma mi rendo ben presto conto che egli non mi vede perché lo sto incontrando nella mia immaginazione. Sono infatti all’interno del recinto del museo in cui sono custodite le straordinarie incisioni rupestri che risalgono indietro nel tempo fino a seimila anni fa. Ritraggono renne, alci, orsi, pesci, cacciatori, barche, recinti e sembrano raccontare delle storie. Per esempio, c’è un’orsa con due cuccioli in un branco di renne e alcuni arcieri a terra e in barca le stanno dando la caccia. Poco più in là, ci sono tre barche e un pesce all’amo; in una delle barche un uomo in piedi sembra colto nell’atto di gettare una rete nell’acqua. Perché quegli uomini e quelle donne tracciavano le figure che sto studiando? Tentavano di propiziarsi i favori degli dei rappresentando i propri desideri? Raccontavano con queste scene le storie che giustificavano la loro identità? Sono domande senza risposta, almeno per me, ma forse non è così importante cercare questa risposta ed è sufficiente ricordare ciò che ci unisce loro: il desiderio di ipotecare il futuro impetrando il favore di un dio e di raccontarci come sto facendo anche in questo momento. In una parola, l’umanità.

continua…

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Altre foto qui: http://giulio1954.com/2013/09/17/alo...tic-highway-7/

Sali 17-09-2013 21:31

Non avrò mai il tempo di leggere tutti i tuoi report. Pesco al volo qualche giornata e mi convinco sempre più che un giorno anche io....

positivo 17-09-2013 21:51

...cominciavo ad essere in pensiero ma, con calma, adesso me lo leggo ;)

discus 18-09-2013 21:31

Quote:

Originariamente inviata da ironalf (Messaggio 7635139)
ridicolo?
ridicolo è ben altro. L'inverno è lungo e foriero di ispirazione


:!::!::!::!::!:

Metzs 19-09-2013 12:31

Meraviglioso!!!

big_paul 19-09-2013 12:34

Ero preoccupato... pensavo ti fossi perso... ma nel racconto :-)

trottalemme 19-09-2013 13:13

Mi ero distratto un attimo... :!::!::!:

Tommasino 19-09-2013 14:07

Ci stai facendo sudare questo avvincente resoconto.

positivo 20-09-2013 07:37

Quote:

Originariamente inviata da trottalemme (Messaggio 7651847)
Mi ero distratto un attimo...


Lo ha distratto il lupo :rolleyes:


:lol::lol::lol:

60Luca 20-09-2013 09:12

Ti prego, dimmi il segreto per fare foto così incisive e cristalline...:!:

trottalemme 24-09-2013 19:32

Along the Arctic Highway /8
 
Oggi raggiungeremo Capo Nord, la soglia oltre la quale questa avventura dovrà fermarsi a circa 2000 chilometri dal Polo Nord.
Luogo fortunato, Capo Nord, fin dal battesimo nel 1553 da parte del capitano Richard Chancellor che vi si imbatté mentre cercava il passaggio a nord est, cominciò ben presto a mettere in moto viaggiatori europei desiderosi di esotismo. Francesco Negri da Ravenna lo raggiunse via mare nel 1664 e Giuseppe Acerbi fu il primo a calcarne il suolo via terra nel 1798. Diventò meta alla portata di molti, se non di tutti, solo dal 1956 quando fu tracciata la prima strada che lo raggiungeva. Oggi non è più l’impresa di un tempo per la verità non molto lontano, ma mettersi in strada per raggiungere Capo Nord mantiene ancora il profumo dell’avventura. Sarà la lunghezza del percorso; saranno le condizioni meteorologiche sempre un po’ imprevedibili e qualche volta estreme delle latitudini settentrionali; saranno i grandi silenzi, le imponenti foreste disabitate, i fenomeni naturali spaesanti come il sole che non tramonta per tutta l’estate. Sarà il peso del mito. Non so dire; fatto sta che mi accingo a raggiungere il Capo per la seconda volta.
Partiti da Alta, dopo una quindicina di chilometri lungo il fiordo, lo abbandoniamo per risalire sul vidda, l’altopiano che dobbiamo attraversare per arrivare a Skaidi. Percorriamo una gola rinserrata fra ripidi pendii a cui si aggrappano le betulle e, giunti alla testata della valle, gli alberi lasciano posto alla tundra e all’acquitrino; se si esce di strada, il terreno è morbido ed elastico, ma appena sotto la superficie è ghiacciato. Vicino ai corsi d’acqua, agli stagni e ai laghetti disseminati qua e là cresce il cotone selvatico che ingentilisce il paesaggio aspro con i fiocchi biancastri che oscillano all’aria.
Nessuno vive sul vidda, ma in estate i Sami di Kautokeino si muovono fin qui a vegliare sulle renne dopo la migrazione primaverile. Rallento per dare un’occhiata ai loro bivacchi estivi, ma non oso fermarmi sapendo quanto essi sono riservati. Nei pressi di Aisaroaivi, l’accampamento si infittisce vicino a una chiesetta in legno poco lontana dalla strada. Oggi è mercoledì e la porta della chiesa è sbarrata; non mi va bene nemmeno cercare di sbirciare dalla finestra. Peccato, mi sarebbe piaciuto dare un’occhiata all’interno.
La strada ora scende e riprendono i boschi di betulla. Le capanne dei Sami lasciano posto a quelle più curate dei norvegesi che vengono a pescare il salmone nel fiume Repparfjordelv. Gli alberi bassi hanno le foglie bruciate e l’aria stenta; sembrano sopravvissuti a un incendio e invece sono così a causa dei freddi venti che si infilano nella gola da nord e li maltrattano estate e inverno.
Dopo Skaidi, un nuovo, breve altopiano – mosaico di grigi, verdi e marroni – ci aspetta per condurci a Olderfjord e al Porsangerfjorden, il fiordo più ampio di tutta la Norvegia.
Ora viaggiamo verso nord sulla sponda del fiordo verso Magerøya, l’isola al termine della quale si concluderà anche il nostro viaggio. Il paesaggio è brullo, bello e malinconico.
Poco dopo una grande baia, deviamo verso Repvag che un tempo, prima della costruzione del tunnel sottomarino, fu il porto dei traghetti per Honningsvag e Capo Nord. Il villaggio si stringe oggi intorno ai capannoni di una industria di trasformazione del pesce e sembra disabitato. Il grande motel che un tempo doveva essere affollato di turisti in attesa di imbarcarsi, è ancora qui vuoto eppure ben tenuto forse nella speranza che il traffico si rianimi.
Entrare nel tunnel sottomarino incute sempre un po’ di timore. La prima volta che lo attraversai ero turbato dai racconti di nebbie e ghiacci che si potevano incontrare nelle profondità. Oggi mi sembra che sia stato rimodernato e, guadagnando in comodità, abbia perso quel vago profumo di passaggio iniziatico, buio e ghiacciato che ricordavo.
Giunti sull’isola, dirigiamo subito al Capo. Il tempo è bello e, conoscendo la rapidità con cui le condizioni meteo cambiano, non vogliamo perdere l’occasione. Il paesaggio diventa sempre più selvaggio e deserto e presto siamo al casello di ingresso e al mappamondo.
Di fronte al Mare di Barents approfondisco il respiro; allontano con uno sforzo di volontà i rumori che mi circondano; mi isolo per cercare la forza del luogo nel refolo di vento che mi accarezza la fronte. Per tutto l’inverno ho spiato questo luogo nelle giornate in cui era tormentato dai venti dell’artide; quando era immerso in un bagno di grigia umidità; nella notte senza luce e nel giorno in cui il primo raggio di sole ha tagliato l’aria.
Quante cose sono cambiate in questo luogo da quando vi arrivò Francesco Negri, sacerdote di Ravenna. Quante cose sono rimaste le stesse nel breve lasso di tempo che separa la sua vita dalla mia: il sole appeso nel cielo, le nuvole leggere, le onde del mare, il basalto della roccia, l’aria mai del tutto ferma.
A buon diritto, sento di potere fare mie le sue parole: “Or eccomi giunto al Nord-Cap, che è à dire all’estremità di Finmarkia, anzi, non ritrovandosi più altra terra dal genere umano verso al Polo abitata, del Mondo stesso; però co’ termini del medesimo rimane terminata la mia curiosità, onde son disposto a ritornar in Danimarca, e indi à Dio piacendo, alla Patria.”
Mi sento vuoto, purificato e allo stesso tempo pieno di ciò che mi circonda. Mi giro; sorrido a Maria Grazia e le accarezzo il viso; gli amici ci raggiungono e festeggiamo il culmine della nostra avventura.

fine


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Altre foto qui: http://giulio1954.com/2013/09/24/alo...tic-highway-8/

big_paul 25-09-2013 10:06

ma come.... fine... non ci credo... hai preso un aereo per tornare a casa? mi sento come se una bellissima donna dopo ore di coccole, al culmine mi dice:"beh: adesso vado. ciao."

Comunque sei un maestro!
Ciao

mary 25-09-2013 10:27

Sei stato fortunatissimo col tempo!
Io ho trovato vento a 70/80 Km/h ...e 6 gradi con pioggia ...i primi di luglio!
Anche le Lofoten sono andate a pu...ne per lo stesso motivo..., ma ci torno!

trottalemme 26-09-2013 18:30

Fortunatissimo? :lol:

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mary 26-09-2013 19:17

Siamo rimasti bloccati in una ytta per 1 giorno alle Lofoten ed un altro giorno a Nordkapp causa vento e pioggia e, quando siamo partiti ha seguitato...
Poteva andare un poco meglio, specie col vento...

trottalemme 26-09-2013 19:37

Tutta la mia comprensione e solidarietà... :!:

mary 26-09-2013 20:24

:lol::lol::lol:

bikelink 27-09-2013 06:16

se su butta male c'è solo da avere pazienza.. e essere ben equipaggiati.
succede spesso.

mary 27-09-2013 06:52

...ho avuto pazienza...;)

Antonio Tempora 30-09-2013 16:58

Grazie per la splendida lettura.
Capo Nord non rientra nelle mie mete programmate, ma leggendoti è come se ci fossi stato......Senza prenedere acqua e freddo !
Alla prossima


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