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Bentornato Giulio
Felice di leggerti anche qui:D |
...eccolo-eccolo, ha finito di togliersi di dosso moscerini, peli di renna, penne di gabbiano, riportato al suo splendore Lady B. e acceso il pc (che fa pure rima) ed ha finalmente “imbracciato” la tastiera: BRAO!!! :D:D:D
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Barista!
patatine e crodino, grazie! |
Questa volta anche io mi metto comodo per la continuazione e finale :toothy2:
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Along the Arctic Highway /2
Giovedì 1 Agosto
È notte nel campeggio di Skarnes. Mi sveglio forse perché la stanza è bagnata da una luce che potrebbe essere quella della luna piena, ma allo stesso tempo è differente: diffusa, lattiginosa. Guardo l’orologio: sono le due e dieci. Il camping è silenzioso e il fiume coperto da una nebbia bassa, densa e vibrante. Quattro ore dopo il cielo è coperto, ma si intravedono timidi squarci che fanno ben sperare. Facciamo colazione con succo d’arancia, crackers wasa e marmellata di mirtilli. Mando giù malvolentieri la tazza di caffè solubile a cui non riesco ad abituarmi, ma Maria Grazia è stata irremovibile: per la moka nel bagaglio non c’è posto! Io guido la moto e lei comanda la logistica. Imbocchiamo la R24 che fiancheggia per un lungo tratto il bel lago Storsjøen e raggiungiamo nuovamente la E6 nei pressi di Hamar e del lago Mjøsa. Poco dopo il villaggio di Brumunddal la strada attraversa il lago su un ardito ponte e prosegue lungo la sponda occidentale fino a Lillehammer, dove il lago termina. Poco prima della città incontriamo una ragazza che vende fragole e pianto un’inchiodata che fa smadonnare l’amico che mi segue. Ho un ricordo troppo bello del profumo e del sapore delle fragole norvegesi per rinunciarvi. La bancarella è in posizione strategica, accanto a uno spiazzo con alcune panchine. La giornata ormai è bella, calda, e passiamo almeno un’ora a mangiare fragole e guardare gli impianti sciistici sulle colline dietro Lillehammer. Forse sarebbe stato meglio utilizzare quel tempo per visitare la collezione Sandvig (http://www.maihaugen.no) che raccoglie oltre un centinaio di esempi dell’architettura rurale tradizionale, ma è stato un bel momento; ci serviva per ritrovare un momento di spensieratezza dopo le tensioni dei giorni passati. Lasciata Lillehammer alle spalle, imbocchiamo la Gudbrandsdalen ricca di significati storici per l’identità norvegese. La tradizione vuole che Hundorp conservi i resti di Dale Gudbrand che intorno all’anno 1200 era il sovrano pagano della valle e che si sottomise al Santo-Re Olav, convertendosi insieme alla sua gente al cristianesimo. Poco oltre attraversiamo la cittadina di Vinstra, nelle vicinanze della quale nel XVIII secolo visse Peder Olsen, preso a modello da Henrik Ibsen per il suo Peer Gynt. La valle si rinserra, mantenendo un aspetto florido in cui si alternano larghi prati e folte foreste di conifere. La strada corre al fianco del fiume che scende impetuoso e spumeggiante e raggiunge Dombås dove sostiamo prima di affrontare la salita al Dovrefjell. La strada lascia il paese salendo la ripida costa a oriente; è ben disegnata con larghi tornanti e occorre esercitare un ferreo controllo della volontà per limitare la tentazione di aprire il gas e correre oltre gli esigui limiti di velocità consentiti. L’ambiente diventa aspro: gli alberi cedono il posto agli arbusti e predomina la pietra e il lichene. La giornata è tranquilla, ma tutto fa intendere che l’altopiano sia spesso spazzato da venti poderosi e paralizzato da lunghi inverni nevosi. Il Dovrefjell è un altopiano selvaggio in cui non c’è nulla di particolarmente attraente allo sguardo, ma l’asprezza del luogo è di cupa bellezza ed evoca la potenza delle forze naturali che qui giocano la loro partita senza tempo: l’acqua, l’aria, la terra, forse anche il fuoco. Siamo entrati nel più antico parco naturale della Norvegia, fondato nel 1923, famoso per l’alce, la renna, il lemming, ma soprattutto per gli uccelli che custodisce. Sarebbe bello fermarsi; lasciare la motocicletta e prendere uno dei sentieri che si dipartono dalla strada principale. Magari portarsi appresso una piccola tenda e campeggiare lassù fra le stelle e i falchi. Chissà, magari un giorno, se Dio vorrà. Poco dopo Hjerkinn, la strada raggiunge il punto più alto dell’altopiano da cui si scorgono in lontananza la Snøhetta e la Svånåtind, cime incappucciate di neve che superano i duemila metri. Da qui, la E6 inizia una bella discesa verso Oppdal e prosegue nell'ampia vallata del Byna. Mancano ancora centoventi chilometri a Trondheim e siamo in sella ormai da più di otto ore. Intuisco che il paesaggio ha ancora molto da dirci, ma sono stanco e prevale la voglia di arrivare; di fare una doccia bollente e di scolare una birra ghiacciata alla faccia del costo proibitivo della birra in Norvegia. Mano a mano che ci si avvicina a Trondheim, le foreste lasciano il posto all'agricoltura e l'influenza della terza città della Norvegia diventa sempre più evidente. D'un tratto, la strada diventa un’autostrada urbana e in poco tempo siamo in città. Abbiamo percorso 506 chilometri e siamo stati sulla strada più di dieci ore. Continua... http://giulio1954.files.wordpress.co...inerario-2.jpg http://giulio1954.files.wordpress.co...8/img_4735.jpg http://giulio1954.files.wordpress.co...8/p1060599.jpg http://giulio1954.files.wordpress.co...8/p1060602.jpg http://giulio1954.files.wordpress.co...8/p1060611.jpg http://giulio1954.files.wordpress.co...8/img_4737.jpg |
Complimenti! Aspettiamo con ansia la prossima puntata ;) :happy1: :drinkers:
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complimenti sempre racconti di viaggio coinvolgenti!
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fantastico!!!
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Along the Arctic Highway /3
Venerdì 2 Agosto
Uscendo da Trondheim, incontriamo il fiordo che prende il nome dalla città e che costeggeremo per una novantina di chilometri fino a Steinkjer in una florida regione di grandi fattorie. La strada è ancora in ombra, ma il grande specchio d’acqua immobile e la costa opposta sono già illuminati dal sole. Poco dopo Stjørdal raggiungiamo un ramo minore del fiordo – lo Åsenfjorden – in cui la corazzata tedesca Tirpiz nel 1943 subì uno dei numerosi tentativi di attacco da parte della Royal Air Force. Da qui a Steinkjer nulla più di rilevante, a meno di non lasciare la E6 per muoversi verso il confine svedese, poco lontano. Ora, l’ambiente muta. La strada scende lentamente lungo una valle boschiva verso Asp e raggiunge lo splendido lago Snåsavatnet, solcato da lente correnti che disegnano arabeschi sulla superficie di vetro. I successivi duecento chilometri saranno una successione di valli in cui si alternano boschi, paludi, laghi e piccoli campi coltivati prevalentemente a fieno. Di tanto in tanto pugni di case interromperanno la continuità del paesaggio, destando quasi sorpresa. In uno di questi paesini, Gartland, spicca una bella chiesa bianca che anticipa i caratteri dell’architettura che incontreremo più a nord. A Lakfors, una breve deviazione ci conduce a una delle grandi cascate del Nordland con una portata d’acqua gigantesca, sebbene non particolarmente alta. Cerchiamo per qualche minuto di scorgere i salmoni saltare nell’acqua, ma senza successo forse perché siamo sfortunati o forse perché servirebbe più tempo. Oltrepassata velocemente Mosjøen, la strada si allontana dal fiordo e scende in una valle inizialmente stretta e boscosa e successivamente più ampia laddove ospita i laghi Fustvatnet e Ømmervatnet. Il paesaggio è idilliaco: le foreste di conifere si riflettono nelle acque calme dei laghi insieme ai modesti picchi innevati che le sovrastano. Giunti al Ranafjord, a Bjerka cominciamo a cercare un campeggio dove passare la notte. Il primo che troviamo avrebbe belle e ampie hitties, ma la vista è abbruttita dai fabbricati industriali che si frappongono rispetto al fiordo e il fiumiciattolo che scorre accanto al campeggio è asfittico e puzzolente. Proseguiamo fino a Yttervik dove troviamo il camping che farebbe per noi, ma sfortunatamente non hanno una hytte con due camere. Intanto, la strada offre magnifiche vedute sul Ranafjord e sull’imponente ghiacciaio Svartisen, lontano nella foschia del pomeriggio. Attraversando il ponte sul fiume Dalselv, scorgo un po’ defilato dalla strada un motel in legno. Andiamo a vedere. Le camere sono quattro in tutto e due sono ancora libere: ampie, ben arredate e ariose. Decidiamo di fermarci lì per dormire e anche per cenare. Il proprietario è simpatico, ma sembra più interessato a passare il tempo chiacchierando con i ragazzi del luogo e fumando che non a curare l’accoglienza degli ospiti. A cena scelgo la “bistecca” di alce che si rivela un burger di carne trita, non male di sapore, ma senza il carattere che faccia pensare alla selvaggina. Gli altri rimangono sul salmone che in Norvegia è scelta che non delude mai. Oggi abbiamo percorso quattrocentottantanove chilometri e siamo rimasti in sella otto ore. continua… http://giulio1954.files.wordpress.co...inerario-3.jpg http://giulio1954.files.wordpress.co...8/img_4745.jpg http://giulio1954.files.wordpress.co...8/img_4754.jpg Altre foto qui: http://giulio1954.com/2013/08/24/alo...tic-highway-3/ |
Complimenti... seguo con impazienza
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Along the Arctic Highway /4
Il primo libro che io lessi nella mia infanzia, compitando faticosamente le parole, fu “Ventimila leghe sotto i mari” di Jules Verne. Avevo sette anni e mi fu regalato, probabilmente in edizione ridotta, in occasione della prima comunione. Lo lessi tutto, rimanendo imprigionato nel fascino della lettura che non mi abbandonò più. Di tutto il libro, una delle immagini che si appropriò dei miei sogni e dei miei terrori fu il Maelstrom, il gigantesco gorgo in cui rimane imprigionato al termine del libro il Nautilus e dal quale si salvano a stento il professor Pierre Aronnax, il fido cameriere Conseil e Ned Land, il fiociniere canadese. Forse l’immagine del gorgo mi impressionò particolarmente perché prossima alle preoccupazioni che mi affliggevano quando attraversavo con mio padre lo stretto ponte che percorreva una diga sull’Adige rombante delle acque che fluivano dalle paratoie aperte.
“Il Canadese aveva interrotto il suo lavoro, ma una parola, ripetuta venti volte, una parola terribile, mi rivelò il motivo dell’agitazione che si propagava a bordo del Nautilus. Non era per noi che l’equipaggio si agitava. « Maelstrom ! Maelstrom !» gridavano. Il Maelstrom! In quella situazione spaventosa poteva risuonare alle nostre orecchie un nome più spaventoso?” Partiamo alle sei da Dalselv, rinunciando alla colazione, per essere sul ponte di Saltstraumen alle 9.54 quando la marea sarà al suo massimo e potremo vedere da vicino il gigantesco vortice che ai miei occhi conserva ancora i contorni disegnati dallo sguardo infantile. Raggiunta rapidamente la città di Mo i Rana, l’attraversiamo che è ancora addormentata. La strada ora segue il corso del fiume Ranelva fino al villaggio di Storforshei, oltre il quale entra nella Dunderlandsdalen. Sulla sinistra si erge l’ Ørfjellet ancora ammantato di neve nonostante l’estate avanzata e sulla destra lo Jarfjellet, guardiani solitari dell’accesso all’altopiano che attraversa il Saltfjellet. La strada sale e scende lungo il terreno chiaramente morenico fino a Storvollen dove la Dunderlandsdalen incontra un’altra valle glaciale, la Tepsdalen. Gradualmente le fattorie diventano meno frequenti e meno imponenti. Raggiungiamo Krokstrand, l’ultimo villaggio prima dell’attraversamento del Circolo Polare Artico. Un Kafé fastosamente illuminato nella penombra del mattino ci richiama a una sosta dopo l’ottantina di chilometri percorsi, ma rinunciamo convinti che troveremo la colazione all’Arctic Polar Centre, dove comunque ci fermeremo per la foto di rito. Sbagliamo perché troveremo il Centre sbarrato e riusciremo a bere qualcosa di caldo solo a Fauske, un centinaio di chilometri a nord. Poco a poco ci lasciamo alle spalle gli alberi e la strada ora corre nell’ambiente lunare dell’altopiano. Nonostante la giornata sia bella, lassù ci si sente esposti, possibili prede dei venti e delle nebbie. Il terreno è sassoso e solo negli avvallamenti si annida quel po’ di humus che consente alla vegetazione nana di crescere stenta. Qualche capanna disabitata offre la prospettiva di un riparo in caso di necessità, ma nessun segno di vita. Poco oltre il Circolo Polare raggiungiamo lo spartiacque che segna l’inizio della Lonsdalen; la strada ora fiancheggia impetuose rapide e piccole cascate finché ritorna a incontrare gli alberi e la foresta immettendosi nella grandiosa Saltdalen che arriverà al mare nei pressi di Rognan. Seguiamo il fiordo lungamente fino alla periferia di Fauske, dove abbandoniamo la E6 per entrare in città e fermarci finalmente a fare colazione e rifornimento di benzina. Abbiamo finora percorso circa duecento chilometri e siamo in orario per giungere all’appuntamento con il Maelstrom. La strada ora è la R80 che costeggia ancora il fiordo che abbiamo percorso fin qui e che ora prende il nome di Skjerstadfjord. A sud-ovest svettano i profili aguzzi del Børvasstinden e del Kistrandfjellet. A Løding imbocchiamo la famosa RV17 e ben presto siamo all’abitato di Saltstraumen oltre il quale si erge il possente ponte che scavalca lo stretto in cui quattro volte al giorno lottano le acque del Saltfjord e dello Skjerstadfjord. Il Saltstraumen è la più forte corrente di marea del mondo che si crea quando la marea che si è alzata nel Saltfjord cerca di riempire lo Skjerstadfjorden con una differenza di altezza che può raggiungere il metro. Allora, una massa di 400 milioni di metri cubi di acqua di mare si fa strada attraverso lo stretto lungo 3 chilometri e largo 150 metri, ora in un senso ora nell’altro con una velocità dell'acqua che raggiunge 41 km orari. Vortici fino a 10 metri di diametro e 5 metri di profondità si formano quando la corrente è al suo massimo. Mancano pochi minuti al colmo di marea. Parcheggiamo le motociclette nel grande piazzale sotto il ponte e corriamo assieme a poche altre persone verso il centro della campata mentre sotto di noi si rinnova lo spettacolo delle acque che si mescolano, vorticano e spumeggiano mentre frotte di gabbiani si gettano a caccia dei pesci rimasti intrappolati nella tremenda corrente. Lo spettacolo non è certo quello disegnato dalla fantasia di Verne, ma le forze in gioco hanno il terribile fascino dell’ineluttabile e rimaniamo a lungo a osservare il gioco dell’acqua che crea effimere figure simili a frattali, sempre uguali e sempre diverse fra di loro. Tornati alle motociclette, vediamo sorpresi una Triumph Tiger tedesca sulla quale il proprietario ha lasciato tutti i suoi beni. Evidentemente però la sua fiducia non deve essere completa, perché dall’alto del ponte sentiamo un richiamo ed è lui, il germanico, che ci avverte che ci sta guardando. Scende e scambiamo due parole sui nostri itinerari e sul tempo; i classici discorsi fra motociclisti che non vogliono apparire scortesi, ma neppure prendersi il tempo di approfondire la conoscenza. Lentamente percorriamo i pochi chilometri che ci separano da Bodø dove ci imbarcheremo per le Isole Lofoten. continua... http://giulio1954.files.wordpress.co...inerario_4.jpg http://giulio1954.files.wordpress.co...8/p1060669.jpg http://giulio1954.files.wordpress.co...8/img_4757.jpg http://giulio1954.files.wordpress.co...8/img_4782.jpg Altre foto qui: http://giulio1954.com/2013/08/28/alo...tic-highway-4/ |
Complimenti per il racconto e l'accostamento di 20.000 leghe sotto i mari, in particolare appunto del gorgo che si e' creato e per la descrizione dell'immagine da te riportata.
....... Attendo il Work in progress..... |
@ trotta......sei andato con la barca a vedere le orche??
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..caro Giulio e ' un piacere leggerti anche a colazione come adesso !! Però un cosa voglio dirti: non essere "avaro" di foto pleaseeeeeeeee
Lamps nordici |
…uau, visitare uno i posti descritti nei libri letti da bambino, spettacolo :rolleyes: :D
Grande Julius, la colazione stamattina per me é saltata ma ne valeva la pena, mi rifarò più tardi :lol::lol::lol: |
Grazie! Come sempre i tuoi racconti, il tuo modo di scrivere, i riferimenti storici/letterari rendono i tuoi viaggi "vicini". Sembra di essere in strada con voi.
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Along the Arctic Highway /5
Domenica 4 Agosto
La notte passata abbiamo alloggiato in una sontuosa rorbu nel villaggio turistico di Reine: un ampio salone, due camere da letto e, naturalmente, il bagno. Le finestre del salone danno sulla rada incorniciata dalla mole massiccia del Klokktinden e dai picchi aguzzi che chiudono lo sguardo a nord-ovest. Mentre facciamo colazione, ci permettono anche di osservare la pesante coltre di nubi che grava sulla zona e che ci precluderà di gustare i colori del mare e della roccia quando il sole li incendia. Ci immettiamo sulla E10, praticamente l’unica strada che attraversi l’arcipelago e dalla quale si staccano le strade minori che conducono alle diverse località, e percorriamo l’isola di Moskenes. Contiamo di fermarci a Ramberg dove ricordo esserci una splendida spiaggia sabbiosa, ma – ahinoi – quando arriviamo, piove a dirotto e sconsolatamente proseguiamo. Nonostante la luce cupa e le nuvole basse, le linee del paesaggio donano una sensazione di grande armonia e nel mio cuore si mescolano l’entusiasmo e il rimpianto. Le rocce, la terra e la vegetazione sono spente, ma il mare cambia continuamente colore, passando dall’acquamarina, allo smeraldo, al turchese, allo zaffiro. Superato il ponte che unisce Moskenes a Vestvågøya, a Leknes deviamo dalla E10 sulla 817, una piccola strada che costeggia la parte meridionale dell’isola in un ambiente bucolico e apparentemente dimenticato dalla storia. Su di noi incombe la mole imponente del Monte Blåtinden e la sottile striscia di terra fra la montagna e il mare è contesa dalla strada, groppi di case e piccoli greggi che stazionano oziosi. Poco dopo Valberg, un cartello sulla destra all’imbocco di una strada bianca indica una hytte in affitto. La stradina percorre un breve promontorio e arriva a un prato con due villette bianche, un capannone in legno e un piccolissimo punto di approdo fra le rocce. Se si ha la fortuna di trovare libera una delle due villette, l’esperienza del soggiorno è esclusiva: nessuno intorno, la costa frastagliata da un lato e la montagna scura dall’altro, i racconti di pesca del padrone della hytte che vi mostrerà anche il magazzino dove secca per il suo uso personale i merluzzi. Altri due ponti ci conducono su Austvågøya. Deviamo sulla penisola ai piedi del Monte Vågakallen per raggiungere Henningsvaer, splendida cittadina di pescatori. Fino al 1981, si poteva raggiungere la cittadina solo via mare e, sebbene, ora sia una delle mete turistiche più importanti delle Lofoten, non ha perso una sua autenticità come forse è accaduto in altre località così famose. Dopo una breve passeggiata sul porto che unisce le due isole che formano la cittadina, entriamo nel piccolo supermercato che è contemporaneamente ufficio postale, negozio di souvenirs e bar per bere qualcosa di caldo. Per proseguire, occorre ripercorrere la strada fatta all’andata e presto ci ritroviamo a Svolvær, importante città di scambio, nella quale non entriamo per dirigerci subito a nord lungo l’Austnesfjorden e lo Sløvenfjorden fino a Fiskebøl. L’ambiente ora è meno drammatico che nelle isole occidentali dell’arcipelago e per questo probabilmente è consigliabile percorrere le Lofoten da Nord-est a Sud-ovest e non il contrario. Continua a piovere e le nuvole basse ci precludono lo sguardo sulle montagne circostanti. A Fiskebøl, un ferry boat ci traghetterà sull’isola di Langøya che attraverseremo insieme all’isola di Hinnøya per giungere alla nostra meta odierna: Andenes sull’isola di Andøya. Assieme, tutte queste isole formano un arcipelago con caratteristiche simili e allo stesso tempo sfumate rispetto alle Lofoten: le montagne sono un po’ più arrotondate, ma il contrasto fra la roccia e l’acqua dei fiordi rimane immutato. Inoltre, le isole Vesterålen sono meno note al turismo organizzato e dunque offrono un ambiente più tranquillo e meno preconfezionato. Giunti a Strand, sull’isola di Hinnøya, il cielo si apre e percorriamo il lungo fiordo che la divide dalle isole vicine con un entusiasmo crescente per l’ambiente che ci appare e i colori del paesaggio. C’è tempo anche per una sosta in un ristorante di campagna in cui piombiamo con l’indole un po’ chiassosa dei motociclisti mediterranei suscitando un momento di sconcerto e di bonaria curiosità nei clienti. La zuppa di carne di renna è squisita, come pure il pane fatto in casa. Sarei tentato dai monumentali dessert che vedo passare, ma mi trattengo. Andøya è lunga, stretta e piatta ad eccezione del fianco occidentale e dunque, passati con l’ennesimo ponte sull’isola, scegliamo la panoramica strada occidentale, ma purtroppo il tempo si guasta nuovamente e ci impedisce di avere una visione completa delle montagne che tornano a farsi aguzze e a scendere a precipizio nel mare. Arriviamo ad Andenes che il tempo sta nuovamente migliorando. Al largo, qui il mare è profondo 1.000 metri, scuro e freddo. Sarebbe il posto giusto per fermarsi un giorno a vedere le balene, ma il ritardo che abbiamo accumulato all’inizio del viaggio ci obbliga a proseguire senza soste e rinunciamo all’idea nonostante le numerose agenzie che propongono la breve crociera. Forse per risarcirci un po’, Giove pluvio ci regala uno splendido tramonto che non termina mai. Al termine della giornata abbiamo percorso trecentotrentotto chilometri. continua... http://giulio1954.files.wordpress.co...inerario_5.jpg http://giulio1954.files.wordpress.co...8/img_4812.jpg http://giulio1954.files.wordpress.co...8/p1060712.jpg http://giulio1954.files.wordpress.co...8/img_4824.jpg http://giulio1954.files.wordpress.co...8/p1060789.jpg http://giulio1954.files.wordpress.co...8/p1060858.jpg Altre foto qui: http://giulio1954.com/2013/08/31/alo...tic-highway-5/ |
Le foto che hai scelto mi inumidiscono gli occhi.
Evito con cura di aprire le altre. |
...preciso e dettagliato, direi quasi svizzero :cool:
Preciso e dettagliato? :confused: doppia aggettivazione? ...vabbe' CSNF :lol::lol::lol: |
complimenti veramente
ciao |
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