ne riporto il testo:
Migliaia di chilometri e settimane lontani da casa. Nascono le agenzie specializzate
Dalla City alla steppa in 4 mesi I raid in supermoto dei manager
Un film lancia la moda. Sempre più donne nei viaggi no limits
NEW YORK - Dovevi esserci nato «biker». Era scritto nel Dna e nelle canzoni popolari. «Born to be wild», nato per essere selvaggio, su due ruote col vento in faccia e i pensieri sull’orizzonte. Erano gli anni ’60 e un </B></I>biker </B>sopra ai 30 era considerato un poco di buono. A volte lo era. Altre volte era solo un tipo originale che spogliava la sua moto (serbatoio, manubrio, ruote, motore, telaio e stop) per fuggire dalle convenzioni, con viaggi brevi e ad alto contenuto spirituale. E non solo. Un puro, per così dire.
MANAGER IN SELLA - Oggi invece l’inversione potrebbe definirsi a «U». Perché il vero </B></I>biker </B>purista, la moto la rimpinza di </B></I>gadget </B>prima di partire per avventure sempre più proibitive. Sono fughe dal quotidiano che assomigliano a delle Parigi-Dakar personalizzate. È una «tendenza», parola orribile, ma corroborata da imponenti dati: il mercato del </B></I>raid </B>motociclistico in solitaria è esploso negli ultimi dieci anni. Riguarda un’umanità col portafoglio gonfio, perché viaggiare anche quattro mesi di fila è un lusso. Però la nicchia si allarga, i costi si livellano.
La miccia l’hanno accessa a Hollywood. «Long Way Round», un film documentario con Ewan McGregor (quello di </B></I>Moulin Rouge </B>e </B></I>Trainspotting </B>), dopo un’ingloriosa vita nelle sale, è stato riesumato dal mercato del dvd per trasformarsi in </B></I>cult </B>: 400 mila copie vendute. La trama? Due tizi, Ewan e l’amico Charley Boorman (figlio del regista John), prendono la moto a Londra e raggiungono New York, passando dalle steppe russe, quindi Alaska via stretto di Bering. Circa 33 mila chilometri in quattro mesi di vita brada. Alla fine anche un libro-diario. Copie vendute: 700 mila. Ed è lì che i primi professionisti con tanto di pancetta hanno cominciato a perlustrare le concessionarie di moto sotto casa.
LE MOTO - Ma il movimento dei «bikers» dell’ </B></I>endurance </B>era già una realtà. È ben spiegato dalle strategie di parecchie case automobilistiche, Bmw su tutte, che da anni producono moto ideali per quello che oggi definito </B></I>overlanding </B>, un viaggiare su percorsi poco battuti con possibilità di cimentarsi in qualche eccitante fuori strada. La moto-mito per questa categoria umana è la R80 GS, una bestia che esordì negli anni ’80. Certo, meno comoda dei mostri che si vedono oggi in circolazione, tipo la Bmw 1200, o anche la Yamaha, la Triumph e certe Ducati. Gioielli tecnologici (con prezzi mai inferiori ai 13 mila euro) cui non manca nulla per affrontare tundre gelate così come deserti brucianti.
Su questa scia sono nati i </B></I>tour operator </B>di settore: organizzano gruppi di centauri per mete esotiche come Goa oppure i dintorni dell’Himalaya. Ci sono pacchetti per tutte le tasche. Si sta in giro da due settimane a cinque mesi. Dipende.
Ma il caso più significativo è quello di Touratech, azienda nata dentro un garage di Stoccarda, col tipo, Herbert Schwarz, che vendeva per corrispondenza gadget per motociclisti fanatici. Era il 1990. Oggi la Touratech ha 100 impiegati e una sede che sembra l’atrio di un aereoporto. Commerciano minuscoli Gps, ma anche sistemi di congelamento di cibo secco per la grandi distanze.
LE DONNE - Simon Pavey, titolare di una scuola di addestramento per moto </B></I>off-road </B>(altro segmento in crescita), spiega: «Si rivolgono a noi persone di ogni età, spesso con scarsa esperienza dell’ </B></I>off-road </B>. Sono motociclette con grande capacità di carico. Richiedono una scuola speciale». Ci sono pure i sociologi a dire che la fuga in moto è solo una reazione alla pressione che esercita su di noi questa società. La prova sarebbe che il fenomeno non è più solo maschile. Anzi. In America dal 1998 le donne </B></I>bikers </B>sono aumentate del 40%. Vi sarebbero oggi in giro quasi 800 mila motocicliste, tant’è che si producono anche moto «femminili». C’è pure una </B></I>pasionaria </B>del movimento. Si chiama Roe Hyer. A 39 anni le concessero sei mesi per colpa di un cancro. Racconta: «Decisi di cominciare a vivere». Si comprò una Suzuki Intruder 800 e si mise a girare l’America. Oggi ha 54 anni ed è guarita. In sella ad una moto, ha mantenuto la parola.
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Running GURU secondo Mad Mat
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