mi sono preso la briga di ricopiare uno scritto che vorrei fosse commentato
da chi ha manico, quindi fatevi un esame di coscienza e cambiate post!
scherzi a parte, mi pare che ci siano buoni spunti per discutere
(eventualmente apprendere, per me) in materia di "guida allegra",
sensibilita', esperienza e quant'altro.
nulla di cio' che segue e' farina del mio sacco, semplicemente mi
incuriosisce la varieta' di reazioni che una cosa simile credo possa
suscitare.
vabe', andando al sodo:
(ho riportato tutto per completezza, ma m'interessano i commenti alla
parte in grassetto)
Meglio sbagliare da solo...
Pro e contro della frenta integrale. Le mie prime esperienze.
di Roberto Patrignani
(rubrica "Resti fra noi" Motosprint n.35, 30 agosto/5 settembre 2005, pag. 12)
Oltre che con il buonsenso, la moto va guidata con le mani e con i piedi: freno a mano e a pedale, frizione e leva cambio. Benché appartenenti alla specie umana dell'Homo Erectus, quindi bipede, usiamo con destrezza tutti e quattro gli arti quando ci troviamo a cavallo di una motocicletta. La dignità dell'evoluzione della specie la ritroviamo nella più composta conduzione dei veicoli a trazione automatica che ci consentono di poggiare le sole mani sulle manopole del manubrio, lasciando i piedi inutilizzati. Ad essi il compito di toccare terra al momento della salita e discesa e nelle soste. Ma aspettiamo con ansia il ritrovato idro-elettro-meccanico, o più semplicemente elettronico o a raggio laser, che ci esoneri dal servirci dei piedi come stampelle nelle soste, così come dell'acrobatico e disdicevole rituale per issare la moto sul cavalletto e farla scendere.
Sulla via del progresso già raggiunto, annoveriamo da non pochi anni la frenata integrale: due dischi anteriori e uno posteriore, di cui uno solo degli anteriori abbinato a quello post (comandato a leva sugli scooter e a pedale sulle moto) e leva sul manubrio per rincarare la dose sollecitando a mano il secondo disco anteriore.
Oserei dire che sono stato tra i primi a sperimentare nel 1974 la frenata integrale che Moto Guzzi e Brembo stavano progettando e collaudando assieme. Nel 1975, sia il modello Le Mans 850 sia la 750 S3 erano dotate del dispositivo che, effettivamente, su strada dritta o bagnata, riduceva spazi e tempi di arresto. La soluzione era stata pensata principalmente per utenti di recente acquisizione, piuttosto che per veterani che a... ripartire la frenata preferivano provvedere di persona. Non voglio rinnegare adesso le esperienze fatte allora, né bocciare moto e scooter che da allora vantano la frenata integrale, è che preferisco senz'altro sbagliare da solo, sollecitando a modo mio il sistema frenante anteriore (dal vecchio tamburo, al singolo o doppio disco) e quello posteriore, che si tratti di moto o di scooter.
La frenata non va idealizzata nella staccata turistica o spasmodica in prossimità di una curva, provenendo da un lungo rettilineo. Nel caso di una guida sciolta su strade tortuose, specie se sconosciute, capita quasi sempre di entrare e percorrere la prima parte della curva stessa con i freni sottomano e sottopiede, spizzicati di quel poco/nulla che l'esperienza ci ha insegnato indelebilmente a tener vividi e desti. Può bastare un niente sull'anteriore e un pò più di carico sul posteriore, miscelando con la stessa attenzione che si usa per non fare impazzire la maionese, il tiro in ripresa del motore con la riluttanza a lasciarlo del tutto libero di quel pizzico di sale sulla frenata.
Non sto parlando della vecchia scuola stradista imparata nelle antiche gare di gran fondo, ma in molti si guida ancora così, sia in gara che su strada. Implicitamente i freni devono essere indipendenti e tu stesso a regolarne lo "strisciamento". L'integrale è controproducente in questa conduzione un pò arrembante perché ti ficcadentro nella tua formula il lavoro di uno dei due dischi anteriori, quando magari tu vuoi solo stirare l'asse della moto, contrapponendo all'allungo con l'acceleratore l'effetto ancora galleggiante del freno anteriore.
Il famigerato curvone di Monza, in epoca precedente la brutta variante, si affrontava sparati proveniendo dal rettilineo dopo la Parabolica: le 500 scalavano una marcia; le più veloci 350 ufficiali pelavano più o meno abbondantemente il gas, ma c'erano anche diversi che entravano con le 250 "Casa" (vedi Provini con la Morini e Ubbiali con la MV bicilindrica) a manetta, però col piede sul freno posteriore a tirarsi via quei duecento giri di troppo.
Certo che adesso è una delizia lavorare sui freni a disco idraulici con un campionario a scelta di pistoncini che non aveva neanche Louis Armstrong sulla sua tromba. I tamburi di una volta, quelli di corsa a quattro ganasce, erano pure una cannonata, ma andavano preparati e rodati con cautela. Ricordo di un terrribile volo di Phil Read, con l MV Agusta in una Internazionale a Imola nel '73, per aver strizzato troppo disinvoltamente un 240 mm di diametro a quattro camme, modulabile quanto un... bastone fra le ruote.