A Milano, da bambino, esisteva una via lungo la quale c’era un’enorme doppia vetrina che apparteneva ad un negozio di giocattoli.
Non passavo spesso di là, ma quando capitava,…..,quando capitava entravo in trance.
Mi perdevo dietro ai mezzi motorizzati e telecomandati, passavo ore ad osservarli da fuori sognando di usare tutti i giocattoli, tutti i più belli, aerei, barche, macchine telecomandate. Mi davano l’idea che possedere qualcosa che si sarebbe mosso da solo, senza la spinta della mia mano, qualcosa che fosse fornito di motore e che fosse guidato senza l’ausilio di un filo, sarebbe stato meraviglioso.
Anche quelle vecchie piccole macchine a vapore con fornello e caldaia, che solo dopo esser state accese si sarebbero mosse da sole, avrebbero fatto girare il piccolo volano metallico ed avrebbero fornito forza lavoro ad uno dei tanti possibili accessori, anche quelle erano meravigliose.
Io stavo là come un ebete per infinito tempo ad osservare e con lo sguardo mi soffermavo su ogni giocattolo. Uno alla volta, per tutti c’era un sogno, nessuno veniva trascurato.
L’idea di qualcosa che si muove da solo, che puoi guidare, che non appartiene al tuo corpo ma è come se fosse un suo prolungamento, mi dava gioia, mi dava un’idea di immensa libertà.
Mi ero quasi dimenticato di queste vecchie sensazioni, questo osservare tanti oggetti, tutti diversi, ma tutti con in comune l’immensa dote di farmi sognare e di promettermi libertà. In fondo il possederli non era così importante, quello che c’era di meraviglioso era diversificare. Con il veliero telecomandato avrei giocato allo stagno, con l’aereoplanino cabrate e picchiate mozzafiato. L’automobile doveva essere un fuoristrada, l’avrei fatta arrampicare ovunque. La macchina a vapore aveva un fascino tutto suo, un fascino particolare, si muoveva praticamente da sola, era quasi autosufficiente, non richiedeva pile, non richiedeva benzina, solo legnetti, carta, carboncini, tutto materiale che per un bambino arriva direttamente dalla natura.
Ebbene mi ero quasi dimenticato di quel sognante osservare, meditare, immaginare, di quel placido spostare l’occhio da un oggetto all’altro, quell’essere soggetto a focose ma brevi e quotidiane passioni che un giorno mi facevano immaginare una regata in uno stagno con un micro veliero ed il giorno dopo non mi facevano dormire sognando un biplano da combattimento che ubbidiva al mio telecomando.
Ora però, io, ma non solo io, ho scoperto questa immensa, virtuale, più che doppia vetrina di giocattoli che è moto.it/usato/usato.
Un giorno cerco un’Africa Twin usata, però nuova, però perfetta, però con pochi chilometri e pronta per essere preparata e per portarmi ovunque. Un giorno invece cerco qualcosa di più leggero, un DRZ oppure un XR, ma anche un TT, qualcosa di cattivo per stupirmi su per le mulattiere. Un altro giorno il sogno è diverso, un altro giorno sono romantico e pistaiolo, voglio un Guzzi Le Mans degli anni settanta, un prodotto raffinato da sistemare in officina e da rendere unico e godibilissimo anche in pista.
La vetrina è immensa, un po’ di fantasia, due clik ben assestati e posso spiare vecchi GS 80 con serbatoi e sospensioni modificate che mi parlano del deserto.
Non è finita mica qua però, sognare è bello, ma qualcosa, un piccolo giocattolo ogni tanto, è bene che ce lo portiamo a casa. Eccomi allora famelico e curioso che spazio indaffaratissimo nel mondo delle possibili elaborazioni.
Esistevano negli anni ottanta le Guzzi serie piccola a quattro valvole per cilindro, mezzi fragilissimi ma potenti, con motori che oggi si potrebbero montare sulla mia moto dopo aver regalato loro un po’ di affidabilità con delle valvole più moderne.
Chi di noi non ha un suo personale sogno nel cassetto? Una moto che da sempre lo affascina, ma che per un motivo o per un altro non ha mai posseduto?
Chi di noi non si è mai recato davanti alla grande vetrina virtuale ed usando il mause e la tastiera non ha spostato lo sguardo da un oggetto all’altro dei suoi desideri?