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Mukkista logorroico!
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La mamma degli imbecilli...
Ieri mattina, ancora sonnacchioso e desideroso di relax, mi lascio trascinare dall'entusiasmo del mio amico Raffaele a fare un giro con un gruppo di multistradisti e altra umanità motociclistica.
I.
Al distributore sotto casa attendo con il motore spento, i piedi a terra e la marcia ingranata (siamo leggermente in discesa) che l'auto davanti a me sia rifornita.
Improvvisamente, un colpo da dietro mi fa sussultare e mi spinge avanti. Mi giro e vedo un'auto appoggiata alla mia targa, con a bordo una donna sulla cinquantina che impreca contro di me perché le sarei finito addosso.
Le impartisco una breve e poco cortese lezione teorica sulle moto e in particolare sulla loro mancanza di retromarcia, raddrizzo la targa e la cosa finisce lì.
II.
Facciamo rotta verso il Lago del Turano, Tiburtina fino a Poggio Moiano e poi misto gustosissimo verso Carsoli.
Procedo dietro ad un membro del gruppo, che guida in modo piacevole e non esasperato una Yamaha da pista (una vecchia serie di R1 o R6, non sono ferrato nel genere). Insieme teniamo un passo spedito, ma tutt'altro che al limite, visto anche il fondo, spesso un po' umido, quando un rombo fastidioso attira la nostra attenzione. Alle spalle appare un Monster Dark 620 con marmittina spaccatimpani, che arriva velocissimo e mi sorpassa in staccata all'ìngresso di una curva. Lo lascio passare (non mi ingarello per principio), prendo la mia distanza di sicurezza dal tipo, ma allungo un po' il passo per reastare in contatto visivo e vedere che cosa combina.
Guida male, allungando come un disperato e soprattutto staccando troppo tardi e sbagliando vistosamente le traiettorie; cerca in tutti i modi di raggiungere il mio compagno di strada, il quale nel frattempo ha accelerato un po', perché il Dark gli sta praticamente addosso ad ogni ingresso in curva, per poi essere seminato nel percorrerla.
All'ingresso di una curva a destra il pirla sbaglia la staccata, finisce nella corsia opposta (la strada è deserta, per fortuna) e fa quasi per fermarsi. Rallento, per dargli il tempo di partire, ma lui continua a restare quasi fermo (forse si è spaventato, o semplicemente cerca di scalare qualche marcia), per cui arrivato alla sua altezza lo passo agevolmente all'interno e riprendo il mio passo originario, spedito, ma rilassato.
Apriti cielo. Il pirla parte a tutta birra e si lancia al mio inseguimento. Sento la sua stupidissima marmitta avvicinarsi troppo e istintivamente allungo un po' il passo ed entro in curva di slancio, fatto decisamente provvidenziale, perché il cretino come suo solito ritarda troppo la staccata, tanto che tocca la mia targa con la ruota, facendomi scodare leggermente sulla destra, e finisce a terra in scivolata contro il guard-rail.
Osservo la caduta dagli specchietti e vedo che la moto lo protegge dall'impatto contro le putrelle metalliche.
Rallento dolcemente e mi fermo duecento metri dopo, all'uscita della curva successiva. Mi avvio a piedi verso di lui con calma e lo trovo in piedi, con gli altri membri del gruppo a soccorrerlo.
Ha il polso sinistro dolorante, lussato o con una lieve frattura, ma nient'altro. Mentre mi avvicino, lo sento dire che io avrei inchiodato inaspettatamente all'ingresso della curva, ed è per questo che lui mi avrebbe tamponato; colpa sua, certo, però...
Resto calmo, e anche zitto; quasi non mi riconosco.
"Certo che pure tu, a frenare prima di entrare in curva!" La battuta fatta da uno dei miei compagni di giro suscita le risate dei presenti e sdrammatizza la situazione.
Il pirla soppesa i danni. La moto ha la parte destra del manubrio piegata all'indietro, la forcella disallineata, vari graffi sul fianco destro e la leva del freno spezzata sul perno. "Volevo farmi la 848, adesso mi rifarò questa". Mi astengo dal commentare che l'idea migliore sarebbe tutt'altra.
Dichiara anche che il manubrio si può raddrizzare a caldo, perché la cosa gli è riuscita "tutte le altre volte che è caduto". Rimango convinto che il proverbio "sbagliando si impara" sia una cagata pazzesca.
Ci cade l'occhio sulle sue gomme: due caciotte quasi lisce. "Ma no, stanno bene! Le ho comprate usate".
Riparte, in qualche modo.
Mi faccio riaccompagnare alla mia moto dall'amico in Yamaha, assaggiandone così per la prima (e ultima) volta il sedile posteriore.
La mia targa è di nuovo piegata, e ha anche un numero sverniciato. Penso ad un proverbio assai più azzeccato, quello sulla mamma degli imbecilli, e mi chiedo quanta gente del genere vada in giro per le strade ad ingrassare le statistiche.
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Claudio Angeletti
L'arte della sicurezza in moto
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