Mercoledi 12 maggio 2010 – Ashgabat – Kunya Urgench – 491km
Senza tanto dispiacere lasciamo Ashgabat, la capitale del Turkmenistan, con qualche difficoltà di orientamento, visto che in città non esistono cartelli che indicano la direzione da prendere. Questa è la porta nord della città, altrettanto mastodontica come quella che abbiamo varcato due giorni fa a sud.
Oggi ci aspetta la prima vera tappa desertica, sappiamo che lungo il percorso per Darvaza ci dovrebbero essere dei distributori di carburante, ma proprio quel “dovrebbero” non ci piace e così, prima di addentrarci nel deserto del Karakoum, riempiamo ben bene i serbatoi e la tanichetta supplementare da 5 litri.
Comincia così il deserto dove gli unici segni della presenza umana sono la strada che rimane asfaltata e in discrete condizioni e la ferrovia di fianco. Ogni tanto lungo la ferrovia ci sono delle stazioncine che possono essere usate come ricovero di fortuna in caso di necessità
Dopo circa 100km troviamo il primo distributore di benzina, presso il villaggio di Bahardok
dove ci fermiamo oltre che per fare il pieno alle mukke, anche per fare il pieno d'acqua a noi stessi: la temperatura infatti è molto calda e abbiamo bisogno di bere molto. Scambiamo anche qualche parola o meglio qualche gesto coi benzinai, sotto una provvidenziale tettoia che ripara da un sole implacabile.
Ovviamente, come tutti i deserti che si rispettino, non mancano i cammelli...
Dopo altri 70km arriviamo al secondo rifornimento. Serve uscire dalla strada principale e dirigersi verso il villaggio, fatto il pieno raggiungiamo il "centro" del villaggio di Jerbent
per cercare qualcosa da mettere sotto i denti, ma soprattutto qualcosa di fresco da bere. Ci viene indicato questo negozio di alimentari ma apre nel tardo pomeriggio
per cui nisba, ci tocca bere l'acqua che ci portiamo appresso, ad una temperatura con cui ci si potrebbe fare il te o cuocere la pasta. Vabbè, dicono che l'acqua calda disseta più dell'acqua fresca, illudiamoci che sia così!! Intanto non posso fare a meno di riprendere queste due splendide ragazzine
Finalmente nel primo pomeriggio arriviamo a Darvaza. Detto così sembra una località qualunque, in realtà è il nulla! Mi spiego meglio: Darvaza era un villaggio in pieno deserto che poichè non è stato di gradimento all'ex presidente Niyazov durante una sua visita in passato, è stato completamente raso al suolo... e in tempi abbastanza recenti, tant'è che sulle carte geografiche è ancora riportato. Darvaza ai giorni nostri è una meta turistica perchè nelle vicinanze ci sono quelli che sono noti come crateri di fuoco, risultato di alcuni esperimenti di trivellazione dell'epoca sovietica negli anni '50 per la ricerca di gas metano e poi incendiati, per cui da alcuni decenni sono accesi e soprattutto di notte creano un effetto di luce molto suggestivo. Anche noi avevamo programmato di piazzare le tende e passare qui la notte per godere dello spettacolo dei crateri, sulla scorta di quanto appreso dai report di quelli che già ci sono stati in passato, secondo i quali c'era una specie di casello con due custodi a cui avremmo affidato le moto in custodia per la notte mentre noi si andava a piedi nel deserto a visitare i crateri (circa 8 km a piedi, tra andare e tornare). Il casello però noi lo abbiamo trovato così,
abbattuto ed anche di recente. Non ce la siamo sentita di lasciare le moto incustodite tutta la notte, e quindi non abbiamo potuto vedere questo spettacolo della natura, che si trova oltre queste dune sabbiose
Decidiamo quindi di proseguire verso nord, almeno è tutta strada guadagnata. Dopo circa 10 km incrociamo altri due motociclisti che provengono in senso opposto, meraviglia e fermata d'obbligo: sono due ragazzi francesi
che più o meno stanno facendo il nostro stesso giro in senso opposto, ci scambiamo le rispettive impressioni di viaggio, facciamo quattro chiacchiere e poi si ritorna in sella, ognuno per la propria strada...
La strada e il paesaggio diventano monotoni, km e km di roba fatta così
Ad un certo punto il deserto diventa verde di colpo, cominciano a vedersi le prime coltivazioni e i canali di irrigazione, segno che ci stiamo avvicinando a zone abitate, e infatti, di lì a poco troviamo il terzo distributore di benzina. E' già pomeriggio inoltrato, è ora di cercare una sistemazione per passare la notte. Ci fermiamo ad un bivio dove si trova una specie di bar-locanda-fattoria; il posto non è male per mettere le tende, entriamo e ordiniamo quello che stanno mangiando tutti: il fitchi una sorta di torta di pasta brisè con dentro un ripieno di carne.
Qui oltre ai coltelli, si è perso l'uso anche della forchetta, così ci rimane solo il cucchiaio...comunque la tortina è ottima e in un attimo sbafiamo tutto. Nel frattempo chiediamo a gesti al proprietario Achmet se possiamo fermarci lì per la notte, nel retro del cortile c'è spazio per le tende. Lui però ci offre di dormire nella soffitta in cima a questa scala, dove dorme anche lui.
L'interno si presenta così
con l'immancabile "uomo d'oro" (nell'angolo, in disparte, però!)
Accettiamo di buon grado l'ospitalità e nel frattempo conosciamo tutta la famiglia
Più tardi scendiamo nel locale e con sorpresa scopriamo che ci ha preparato una vera e propria cena turkmena per noi, con tanto di zuppa e piatto forte locale, il dograma una sorta di carne bollita con un contorno di pasta e cipolle, buono. Achmet si siede con noi e si mangia tutti assieme dallo stesso piatto.
Peccato che non si riesca minimamente a comunicare, Achmet non parla e non capisce neanche una parola di inglese, però è bello ugualmente, anche qui il senso di ospitalità è molto spiccato tra la gente.
Poco dopo noi andiamo a nanna, Achmet arriverà molto più tardi e forse un po' ubriaco, passa almeno mezz'ora al telefonino poi cadrà in un sonno di sasso tanto che all'indomani mattina noi andiamo avanti e indietro dalla stanza per caricare le moto, lo vengono pure a cercare i famigliari, ma non si sveglia. Ci spiace andarcene via senza salutarlo, chiediamo ad una delle ragazze che gestiscono la locanda quanto dobbiamo pagare per la notte ma ci dice che va bene così. Noi ringraziamo e cominciamo un'altra giornata in sella.