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Vecchio 20-12-2006, 09:54   #1
ale4zon
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Avete ragione, scusate. Ma i primi giorni li avevo già scritti, quindi è stato facile e veloce postarli uno dietro l'altro.
Il resto è tutto da scrivere e in questi giorni sono stato molto impegnato in aula. Dai che nei prossimi giorni arriveranno diversi aggiornamenti.
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Vecchio 20-12-2006, 11:30   #2
echo21
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Avete ragione, scusate. Ma i primi giorni li avevo già scritti, quindi è stato facile e veloce postarli uno dietro l'altro.
Il resto è tutto da scrivere e in questi giorni sono stato molto impegnato in aula. Dai che nei prossimi giorni arriveranno diversi aggiornamenti.


Intanto ho visto il racconto su transandina.alcooland.it..
FANTASTICO e ancora COMPLIMENTI..il filmato montato dalla RAI assume tutt'altro significato dopo aver letto i vostri racconti
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Christian
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Vecchio 20-01-2007, 13:32   #3
ale4zon
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Eccomi, qui. Scusate tutti, ho avuto ben altri pensieri per la testa ultimamente, quindi il racconto si è fermato da un mesetto. Oggi riprendo con la tappa successiva.
Spero di riuscire ad essere più costante, ma non lo prometto.
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Vecchio 20-01-2007, 13:33   #4
ale4zon
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predefinito 14 Agosto, lunedì. Huaraz - Lima

Nonostante la stanchezza accumulata nei giorni precedenti decidiamo di essere pronti a partire per le 7, ci aspetta un’altra lunga giornata, da Huaraz alla capitale sono quasi 500km e prima di uscire dal Callejon de Huaylas vogliamo fare una deviazione verso una piccola valle nella quale cresce la Puya Raimondii, una varietà di cactus dalla quale ogni cento anni sboccia un fiore che raggiunge i dieci metri di altezza, poi la pianta muore. Inoltre siamo un po’ preoccupati per l’ingresso a Lima, tutti ci hanno raccontato di un caos pazzesco lungo l’autostrada (ancora abbiamo il coraggio di chiamarla così) che porta verso il centro. Non vorremo certo arrivarci con il buio!
Alle 7 ci troviamo tutti nella hall dell’albergo. Siamo riposati e il morale è alto. Per la prima notte ci siamo fermati in un hotel degno di questo nome, i letti comodi e l’ambiente pulito ci servivano soprattutto per il morale, oltre che per rimettere a posto qualche osso e muscolo. Questa volta il briefing è preciso e dettagliato, non vogliamo rischiare di perdere tempo lungo il tragitto per incomprensioni, inoltre Gael si separa dal gruppo per raggiungere quanto prima il meccanico KTM a Lima e far sistemare la sua moto che continua a perdere olio qua e là.
La giornata è splendida, l’aria tersa non ci fa accorgere del freddo che fa alle 7,30 del mattino a 4000 metri di altitudine. Ci mettiamo un’ora a raggiungere la deviazione per la Puya Raimondii, guidando lungo una strada perfetta, lo sguardo si perde continuamente oltre la striscia di asfalto cercando inutilmente di abbracciare tutto assieme il panorama intorno. Snoccioliamo uno dopo l’altro paesini e curve, paesini e curve…il rosario del motociclista.
Dopo la deviazione la pista piega verso est, e a differenza di quelle percorse nei giorni seguenti è in ottime condizioni, larga e con un fondo duro, niente pietroni o grosse buche. Fatta apposta per i grossi bicilindrici. Curva dopo curva provo ad aprire sempre più il gas fino ad accorgermi di poter guidare in tutta sicurezza fino ad una velocità di 80-100km/h. Oltre non voglio spingermi, col cuore mi sento l’erede di Meoni, ma per fortuna ho sempre una testa che mi ricorda che vivo la maggior parte del mio tempo difronte ad un pc e che per dieci anni non ho guidato una moto. Però è divertente salire e scendere dalle pedane, impostare la prossima curva sbilanciandosi verso l’esterno, sentire il posteriore che scivola un po’ alla minima correzione di gas. Provare a vedersi da fuori e farsi foto con l’immaginazione. Non so dire quanti km abbiamo percorso, forse 20 o 30. Di sicuro troppo pochi perché presto intravedo la sbarra e il casotto che indicano l’entrata del parco. Mi fermo in cima ad una sella per scattare qualche foto agli altri che arrivano alla spicciolata. Quanto sono brutti, banali, turisti, rispetto alla mia immagine che mi ero costruito con la fantasia poco fa, quando putroppo non c’era nessuno a fotografarmi da quassù; guarda lì, quasi tutti seduti sulla sella, e alzatevi cacchio che vi sto facendo una foto…. Ovviamente anche io ero ero brutto banale e turista, ma provo a non pensarci.
I maxicactus sono veramente impressionanti così come la scenografia intorno: laghetti, torrenti, cime innevate che vomitano piccole lingue glaciali verso la valle. Ma in quel momento penso solo a risalire in sella per ripercorrere la pista. L’umore è altissimo, siamo tutti euforici per una giornata che per ora è semplicemente perfetta, tanto che non ci accorgiamo che qualcuno è sparito, e io commetto l’errore di non ricontare tutti i caschi prima di ripartire. Fabio si era spinto un km più avanti della piazzola nella quale ci eravamo fermati e la sua moto non ripartiva. Lo rivedremo all’incrocio con la strada principale, per paura di perderci ha fatto il ritorno come una speciale della dakar. Ecco, lui sa guidare, mica io. Mi è bastato vederlo negli ultimi cento metri. Peccato che non avessi in mano la macchina fotografica in quel momento.
Il resto del gruppo, con le bmw in fondo, percorre tranqullamente la via del ritorno, fermandosi spesso nei punti che avevamo memorizzato all’andata come ideali per scattare foto. L’andatura tranquilla non basta ad evitare una caduta di un GS, per fortuna senza conseguenze.
Ripresa la strada asfaltata continuiamo a salire fino ai 4600 metri del passo che introduce alla lunga discesa verso l’oceano. Ci fermiamo per uno spuntino a base di pane e formaggio fresco comprato lungo la strada al passo. Poche baracche di fango e lamiera, diversi camion fermi lungo la strada per mangiare e un panorama mozzafiato a 360°.
Per le successive due ore o forse tre ci divertiamo come pazzi a guidare in discesa, tra curve e tornanti infiniti, su un asfalto perfetto. Pensate alle nostre strade della domenica, quando ci ingarelliamo tra amici su e giù per il Bracco, la Futa, Viamaggio….Con un paio di differenze: il traffico è inesistente e i nostri passi finiscono sempre troppo presto, qui fai in tempo a stancare gambe e braccia, guardi l’altimetro e ti mancano ancora 3000 metri di dislivello, passa un’ora e ne mancano ancora 2000…..fantastico. Inoltre la mancanza di alberi lascia spazio alla vista, spesso si riescono a dominare i successivi 500 o 1000 metri di strada, avendo la possibilità di utilizzarla come una pista, da una banchina all’altra.
Ma arrivano i primi segnali che la giornata si sta guastando. Il cielo, limpido e azzurro in montagna, man mano che scendiamo comincia ad offuscarsi fino a quando, giunti a livello del mare, a una ventina di km dalla panamericana ci copre di una coltre grigia e inizia a piovigginare. Mancano ancora 200 km a Lima, sono le 15,30 e possiamo contare su 3 ore di luce. Dovremmo farcela ad arrivare prima del buio. Dovremmo.
Ma presto la pioggia si fa più consistente e il cielo scende sempre di più, trasformando la foschia in nebbia. Proseguiamo spediti per ancora un centinaio di km. Ma dopo una sosta per metterci tutti l’antipioggia entriamo in un muro di nebbia che ci impone di rallenare sotto i 50km/h. Nella testa di ognuno di noi comincia prima ad insinuarsi il sospetto, poi ad affermarsi la certezza che anche oggi arriveremo col buio. E con la nebbia.
Diventa impossibile tenere la visiera chiusa, almeno il freddo sulla fronte ci aiuta a mantenere la concentrazione. Cala il buio e la nebbia si inspessisce sempre di più. Mi metto in cima al gruppo e dietro di me un paio di moto con i faretti di profondità. Per una mezzora buona guidiamo nell’oscurità più totale, su una strada deserta della quale non intravediamo nemmeno i margini laterali. Riesco a malapena a vedere il becco della mia moto. E non posso fare a meno di pensare a cosa succederebbe se incappassi in una buca, un animale che attraversa, una macchina ferma sul ciglio a fari spenti. Poche volte la mia vita è stata tanto a rischio, un rischio consapevole e purtroppo calcolato e accettato per necessità. Gli altri dietro a me non è che siano troppo più tranquilli e rilassati, ma almeno hanno un fanalino rosso da seguire. Tutti in fila indiana a non più di 5 metri l’uno dall’altro per non rompere la colonna. A 15km/h.
Quando mi chiedevo come fosse possibile che da mezzora non incontrassimo nessun’altra auto ecco che un fanalino rosso arriva anche per me. Una piccola utilitaria ci supera a 30 o 40 km/h. La nostra salvezza. Mi accodo subito e con me tutta la colonna che mi segue. Sono fradicio, ho freddo, la fronte congelata e gli occhiali dentro al casco che gocciolano, ma quella macchina non la mollo per nessun motivo al mondo.
Quando arriviamo a Lima la nebbia si dissolve lasciando spazio alla pioggia. Non pesante, ma sempre pioggia. La strada a 4 corsie si fa più trafficata km dopo km e adesso ho il problema delle luci e dei fari in senso contrario che abbagliano le mie lenti bagnate. Non ci vedo niente, proprio niente, tranne le sagome di persone, biciclette, animali che sono ai margini della strada che ogni tanto la attraversano buttandosi come gatti in mezzo alle corsie. Terrore, di nuovo….quando e come finirà questa giornata? Ad un certo punto non ce la faccio più, mi rendo conto di essere completamente accecato e mando avanti angelo, che non ha gli occhiali, a guidare il gruppo.
Per fortuna io non so come ci si possa sentire quando il medico ti rassicura dal sospetto di una brutta malattia o quando esci da un’auto che ha girato su se stessa per 10 volte, ma ho immaginato quale deve essere la sensazione arrivando all’appuntamento con il mezzo di appoggio, all’ultimo casello dell’autostrada. Non ricordo se ci siamo abbracciati, se ci siamo scambiati aneddoti e commenti, di sicuro ho fumato, e non poco. Comunque l’ingresso a Lima, anche se in un pandemonio peggiore di Napoli dopo lo scudetto, ci è sembrato una bazzecola dopo quello che avevamo passato nelle ultime due ore. E non ci siamo nemmeno mai persi, filando sparati verso il nostro albergo in centro. Un miracolo, e non è stato l’unico della giornata. In albergo troviamo Gael che è arrivato alle 15, non ha trovato né nebbia né pioggia. E ha revisionato completamente la moto con 35 dollari.
Dopo la doccia il morale è ancora più alto. Sentiamo di essere riusciti in qualcosa di grande oggi. Non certo sperato o cercato, ma ci siamo riusciti, tutti assieme. Per la prima volta sentiamo di essere un gruppo, ognuno ha fatto esattamente ciò che doveva fare. E sublimiamo queste sensazioni con una ricca cena e un paio di giri di pisco in un ristorante a lato di Plaza de Armas.















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Vecchio 21-01-2007, 14:18   #5
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predefinito 15 Agosto: martedì. Lima – Paracas: solo 220 kilometri?

Oggi non abbiamo l’acqua alla gola e ve lo dico subito: la giornata non presenterà sorprese. Sveglia comoda, due passi per il centro, poi decidiamo di dividerci. Una parte del gruppo decide di fermarsi a visitare la cattedrale e il quartiere di Miraflores e poi proseguire verso sud. Gli altri, con me, visiteranno il museo de oro, collezione privata di preziosissimi manufatti precolombiani e ripartiranno più tardi per Paracas. Ci ritroveremo tutti alla sera all’Hotel EL Mirador.
Ci ributtiamo nel traffico con la massima diligenza per raggiungere senza intoppi il museo, situato in un quartiere periferico, una visita di un paio di ore e riaprtiamo. Alla prima sosta per la benzina scopro di avere una vite di 3 cm piantata nella gomma posteriore. In cinque minuti grazie al kit tubeless la gomma è riparata, ma riparto preoccupato per la tenuta della riparazione. Passano i kilometri e la pressione sembra tenere, bene.
Prima del tramonto siamo in prossimità della penisola di Paracas. Ci scarichiamo dei bagagli lasciandoli sul mezzo di appoggio diretto all’Hotel, mentre non non sappiamo resistere a una prima scorribanda sulla spiaggia. Solo dopo scopriamo che l’area che abbiamo scelto era interdetta anche al passaggio delle persone: si tratta di una zona di nidificazione di molte specie. Quasi quasi trovo inadeguata la gentilissima attitudine delle guardie che ci invitano pacatamente a spostarci dall’altro lato della strada, ci sentiamo tutti un po’ vandali pensando a quello che stavamo facendo.
Dopo il tramonto rientriamo in Hotel e ci concediamo una ricca cena a base di pesce tornando indietro alcune decine di km fino a Pisco per aggiudicarci il ristorante migliore a detta delle guide e di chi ci aveva preceduto nel viaggio. Opinione assolutamente condivisa anche da noi. Alticci, schivando proposte da un paio di pusher e travestiti, rientriamo in hotel cantando nel pulmino come ragazzini in gita.
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Vecchio 29-01-2007, 14:25   #6
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predefinito 16 Agosto: mercoledì. Paracas - Nazca

Prima dell’alba, ancora un po’ storditi dal pisco della sera prima e dalle poche ore di sonno, ci vestiamo come omini della michelin per salire a bordo della barca che ci porterà a scorrazzare tra gli animali delle isole ballestas. Il freddo non aiuta a rendere gradevole la sensazione di salire su un motoscafo alle 5,45 del mattino con il marasma nello stomaco. Ma incredibilmente nessuno si sente male, molti dormono, compreso me, ma neanche uno di noi si sporge dal bordo a pasturare i pesci. La traversata dura una mezzora, durante la quale ci avviciniamo per qualche minuto alla costa della penisola di Paracas per osservare il grande candelabro preincaico. Non mi azzardo in strane interpretazioni tanto le trovate in ogni guida. Giunti alle isole l’odore di guano è vomitevole. Non so se avete presente l’odore del guano, un misto di fogna, piscio e uccello morto. Il guano, appunto. Non certo l’ideale per l’ora di colazione. Lo spettacolo di miliardi di esseri che ti volteggiano attorno, che si affacciano dal pelo dell’acqua, che si tuffano dagli scogli è incredibile, nonostante la giornata grigia. E nonostante l’odore di guano. In mezzo a questo miliardo di esseri ne compaiono due che oltre ad essere esseri sono anche umani. In una condizione che tutti giudichiamo disumana. Abbandonati sugli scogli accanto ad un molo malandato, in attesa di una barca che li riporti via dopo una settimana di lavoro ininterrotto al freddo e all’umido. Per raccogliere guano, ovviamente. 5 isole, 2 km quadrati in totale, miliardi di uccelli e due persone, per una settimana a raccogliere guano. Dopodichè tornano sulla terraferma, raccolgono una cinquantina di dollari in cambio di quintali di guano, e aspettano per un paio di giorni assieme alle famiglie il prossimo turno. Vabbè, pensiamo alla nostra colazione che ci aspetta in hotel, e poi al giro in off dentro al parco, e poi alle dune di huacachina, e poi a Nazca, e poi, e poi.
Rimessi i piedi a terra finalmente un po’ di sole pallido comincia timidamente a scaldare l’aria. Caffèlatte e tè scaldano i nostri stomaci malmessi, ci dobbiamo preparare per una delle giornate più emozionanti del viaggio, e siamo in piedi già da 3 ore. Il percorso tra l’hotel e l’ingresso del parco è breve, incontriamo di nuovo le guardie della sera prima, che sempre gentilissime ci spiegano cosa possiamo e non possiamo fare all’interno. Anche se siamo in moto e sarà facile farci prendere la mano e la manetta dovremo stare attenti a non lasciare mai i percorsi battuti per non arrecare danni al fragile ecosistema. Mica vorremo fare frittatine di uovo di albatro con le nostre ruote no?
Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo la penisola di Paracas, e alla prima occasione siamo tutti con le ruote sulla sabbia. E’ una sabbia perfetta, che ci possiamo fare? Infatti l’umidità dell’aria le conferisce una certa coesione che aiuta a mantenere sulla linea le nostre moto, anche le più pesanti. Arriviamo ad una scogliera affacciata sull’oceano. E giù foto. Saliamo su una cresta lungo un infinito scivolo di sabbia, e giù foto. Ci perdiamo tra i mille sentieri in mezzo ad un campo di dune. E giù foto. Ben presto scompariamo l’uno dalla vista dell’altro per sentirci soli, ma in tutta sicurezza in mezzo a questo mini deserto di 300km quadrati. Incredibile come questo posto si mangi tutto: giri una duna, un piccolo promontorio e non vedi più nessuno. A un certo punto scorgi una moto in cima alla duna accanto alla tua, poche centinaia di metri, provi a chiamare ma niente. Il deserto si mangia anche la voce. E allora rimonti in sella, corri, corri fino alla prossima duna, poi, siccome quella discesina ti è piaciuta molto rigiri e la rifai e poi provi il sentiero accanto e chissà dove porta. Tutto questo dura circa un paio di ore, fino a quando ci ritroviamo sulla scogliera che chiamano la Catedral, uno strapiombo sul mare di un centinaio di metri. E qui non siamo soli. Conosciamo 4 argentini che stanno girando il sudamerica correndo dietro al vento. Con i loro parapendii si gettano dalla scogliera per galleggiare sospesi nell’aria. Non si tratta di buttarsi da un aereo, da un ponte, da un palazzo con la meta di poggiare i piedi sul suolo 1000 o 100 metri sotto. Loro la terra l’abbandonano in orizzontale, una corsetta e i piedi si staccano sul ciglio della scogliera. E rimangono lì alla stessa altezza dei tuoi occhi, come un rapace che scruta il terreno in cerca della preda. Ripiango di soffrire di vertigini perché deve essere una sensazione unica quella di galleggiare in aria. Forse assomiglia un po’ ad immegersi con le bombole, chi lo sa….
Oh, dobbiamo ricordarci che siamo motociclisti e che il nostro sogno lo stiamo vivendo anche noi e che ci aspettano ancora 4000km, quindi rimontiamo in sella! Riprendiamo la panamericana, a malincuore dopo l’esperienza del deserto, la prima per molti, e all’ora di pranzo siamo già all’oasi di Ica Huacachina. A detta di tutti nel gruppo un pezzo di Algeria in Perù. Anzi, a detta di quelli che sono stati in Algeria. Huacachina è un campo di dune alte fino a trecento metri al cui centro sorge un’oasi verdissima. Al cui centro qualche furbo imprenditore ha costruito albeghi, ristoranti e soprattutto noleggia dune buggy guidati da pazzi furiosi. Partiamo con i nostri (ne servono due per contenerci tutti) e appena superata la cresta della prima duna nel nostro orizzonte si apre un panorama infinito di dune, nient’altro che dune. I buggies corrono fortissimi, i nostri piloti si divertono a lanciarli lungo discese folli, facendo riombare i 4000cc dei vecchi motori Ford, godono a maltrattare i nostri stomaci già provati con curve in parabolica sfruttando i fianchi delle dune. E noi ridiamo istericamente. A metà del tour ci fermiamo sul bordo della duna più alta per provare qualche discesa col sandboard. Nulla rispetto all’adrenalina di quando siamo a bordo dei buggies.
Il giro finisce presto, un’ora forse. Purtroppo, perché in un attimo si viene catapultati in un ambiente completamente differente da ciò che uno si aspetta in Perù. Per fortuna, perché i primi segnali di nausea cominciano a manifestarsi. Almeno in me. Altri 10 minuti e mostravo al resto del gruppo lo stato di digestione precoce del pejerrey fritto e impanato.
Ripartiamo tardi, sono già le 17 e arriveremo sicuramente al buio a Nazca, ma oggi non ce ne importa proprio niente, tanto è stata esaltante la giornata.
L’albergo di nazca è molto bello, forse il migliore fino ad adesso, con tanto di parco e piscina. E poi è proprio di fronte all’aeroporto da dove domani decolleremo per osservare dall’alto le linee di Nazca. E ci troviamo anche un’amica di Andrea, pure carina. Io comunque finisco la serata a chiacchierare con Hugo delle imminenti elezioni e di Alan Garcia, tanto per riportare un po’ i piedi per terra. Buonanotte a tutti. Che figata questo viaggio.
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Vecchio 29-01-2007, 20:32   #7
Lilith
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