Arrivo a Kazbegi, ultimo centro abitato in terra georgiana, prima del confine, e dove ho previsto di passare la notte. Mi metto alla ricerca di un alloggio; l’albergo in piazza è pieno di turisti inglesi (anche qui!) arrivati per scalare le montagne circostanti (il monte Kazbek è alto ben 5000 mt., tra le cime più alte della catena montuosa del Caucaso).
Non faccio a tempo ad uscire dall’albergo che vengo avvicinato da un simpatico omaccione che per un prezzo accettabilissimo, mi offre alloggio, cena, colazione e visita al Monastero di Tsminda Sameba.
Mi scorta quindi a casa sua, da poco adibita a guesthouse dove trovo altri turisti, una coppia di lituani accompagnati da tre georgiani, esperti scalatori del monte Kazbek.
Il tempo di cambiarmi e ci avventuriamo lungo la ripida e disastrata strada che porta al Monastero di Tsminda Sameba; sarebbe stato per me e per la mia RT, impossibile raggiungere la vetta.
Il tragitto per raggiungere il Monastero è tutt’altro che breve – ben oltre mezz’ora con la povera Lada che sobbalza ad ogni buca. Molti i turisti che si avventurano a piedi; avendo a disposizione più tempo, questo è forse una buona alternativa per raggiungere il Monastero.
Dopo la visita torniamo indietro, Josep (questo è il nome dell’autista e padrone di casa) mi conferma che il confine è aperto, almeno a quanto gli sia dato da sapere. La settimana precedente ha ospitato quattro motociclisti rumeni che non ha visto ritornare indietro; da qui la deduzione che il confine non sia chiuso.
Mi faccio lasciare nella piazza della città e vedo sfrecciare i due motociclisti, le cui moto avevo visto parcheggiate a Tbilisi il giorno prima; non riesco a farmi notare e quindi a fermarli, ma riesco a vedere le targhe (sono due polacchi), sono diretti verso il confine e, in cuor mio, spero di non rivederli tornare indietro!
Rientro alla guesthouse, poco prima di cena, e mi dedico ad un rapido controllo della moto, la parte anteriore è tappezzata di insetti vari ...
La sera ci ritroviamo tutti attorno al tavolo; gli escursionisti fremono per partire, la scalata del monte Kazbeg non è semplicissima – necessita di almeno tre giorni, due dei quali di ambientamento di alta quota.
I ragazzi georgiani che scortano i due lituani, sono i titolari di una agenzia di viaggio di Tbilisi che organizza viaggi ed escursioni per i turisti.
Il discorso cade inevitabilmente sui fatti della recente guerra (agosto 2008); mi raccontano di come sia stato estremamente difficile per loro organizzare il rimpatrio dei turisti presenti in Georgia, allo scoppio del conflitto.
Finalmente mi viene spiegato perché in Georgia, ma soprattutto in Armenia, i Monasteri sono distanti dalle città e dai villaggi; la spiegazione è semplice ed allo stesso tempo banale – il fedele deve poter “faticare” per raggiungere il Monastero (ecco spiegato perché molti ritengano più corretto raggiungerli a piedi).
Di norma, il Monastero non deve essere visibile dall’abitato, giusto per esaltare quel alone di mistero e di sacralità.
Mi portano l’esempio della Chiesa di Tsminda Sameba, negli anni 80 i russi costruirono una funivia che dall’abitato di Kazbegi, giungeva ai piedi della Chiesa; inutile dire che la funivia è stata poi rimossa dai georgiani.
Alla domanda se si sentono più asiatici che europei la risposta è diplomatica nonché ovvia – la comunanza all’Asia è forse un fatto meramente geografico, la lunga dominazione russa, la religione, il futuro (il possibile ingresso nella NATO, le relazioni sempre più strette con l’Unione Europea) li portano a guardare sempre di più verso ovest, piuttosto che a est.
Il tramonto regala una splendida vista sull’imponente monte Kazbek ...
Ultima nota su Kazbegi e l’area circostante; è una zona in forte espansione turistica – e non vi è alcuna difficoltà a trovare un alloggio economico.
Gli abitanti si sanno organizzare al meglio; questo è quello che ho trovato nella rete …. che dire, pratici!
La tappa di oggi: