E' da pochi giorni che sono in Marocco, dopo aver guidato sotto l'acqua per 4 ore, rimasto congelato nella notte fredda di Imilchil, passato dagli 8° del Medio Atlante ai 35/36° del deserto di Gara Medouar, entriamo nella stanza dell'albergo ed ho la sensazione di essere ritornato a casa, nella nostra Sicilia ma un pomeriggio di Agosto. L'afa di quella stanza è sconcertante, mai ho percepito questo caldo e siamo ancora a fine Aprile. Apriamo le finestre ed accendiamo il climatizzatore ma impiegheremo ore per raffrescare la stanza. Con questo caldo ne approfittiamo per fare un po' di bucato, doccia e ci incamminiamo verso il centro di M'Hamid El Ghizlane. Niente a che vedere con Merzouga, il centro ha qualche localino aperto ma si mangia solo in uno, degli altri non si capisce il motivo della loro utilità se non quello di qualche thè o caffè. Ci sediamo nell'unico ristorante che ci promettono di farci mangiare ed ordiniamo degli spiedini... indovinate di cosa? Pollo naturalmente

Premetto che a me il pollo piace ma la mancanza di varietà marocchina comincia a pesarmi.
Il nostro cameriere parlicchia l'italiano e gli facciamo notare che la nostra non è una fame comune, vogliamo mangiare e chiediamo la dimensione delle porzioni.
Aspetteremo un bel po', c'era una partita in televisione (ogni sera i marocchini al bar hanno una partita da guardare) finisce anche quella ma dei nostri spiedini nessuna traccia. Quando anche i pochi turisti accanto a noi hanno pagato e sono andati via, ecco che arriva il nostro cibo. Praticamente un assaggino, non sappiamo se ridere o piangere, ci portano due stecche ciascuno e subito chiamiamo il tizio e gli diciamo di metterne un altro paio sul fuoco (purché non debba ancora ammazzare il pollo), anche perché rischiamo che il buon Luigi la notte addenti qualcuno di noi. La strada che ci porta in albergo mi fa ritornare alla mente la calura che abbiamo lasciato in camera ma non abbiamo molta scelta. Possiamo diventare sordi per la rumorosità del climatizzatore o morire dal caldo ma senza soffrire di acufene per il resto dei nostri giorni, scegliamo la seconda via.
La mattina facciamo una delle nostre ormai classiche abbondanti colazioni
e lasciamo l'albergo dopo aver sollevato quel bisonte di Giovanni che l'ha sdraiata per la terza volta per aver sottovalutato il parcheggio acciottolato.
Nella provincia di Zagora ci imbattiamo in una delle tante raffigurazioni sparse del cammino dei 52 giorni (di cammello) di Tombouctou
Ci fermiamo a fare benzina e prima di ripartire "doniamo" la nostra bottiglia d'acqua ad un ragazzino che ci ronzava attorno, subito dopo arriva un altro ragazzo che mi indica un bigliettino da visita che ho ancora inserito nella trasparenza della borsa serbatoio. E' lo stesso che il giorno prima, al nostro passaggio, accostandosi con il suo motorino, mi aveva dato il bigliettino da visita della sua officina. Fosse successo qualcosa poteva cominciare a correre perchè la cosa avrebbe avuto tutto il sapore di una gufata.
Già dalla mattinata capiamo che sarà una giornata molto calda ma il bello dovrà ancora venire. Dopo qualche ora di viaggio ci fermiamo a Foum Zguid per un rapido pranzo. Ci sediamo nell'unico spicchio d'ombra di un'arida piazza e siamo rapiti da un barbecue che sembra un ottimo bigliettino da visita.
Ma quello che succede dopo ha bisogno di tempo e l'ora è tarda.
Alla prossima