ecco qui una descrizione, per l'auto, ma il principio è lo stesso..
IL CAMBIO A DOPPIA FRIZIONE
Tranquilli, non significa che ha due pedali della frizione! Come tutti i cambi automatizzati, ne è privo, ma in effetti la peculiarità tecnica, che approfondiremo, è la presenza di due dischi della frizione.
Questa tipologia di trasmissione, che va generalmente sotto il nome di Dual Clutch Transmission («DCT»), è quella che si è affacciata per ultima nel panorama automobilistico della grande produzione di serie, grazie alla Volkswagen che, nel 2003, ha dotato il modello di punta della «Golf», la «R 32», con un innovativo cambio a doppia frizione (su licenza BorgWarner), battezzato «DSG», che sta per Direct Shift Gearbox (si potrebbe tradurre come cambio a innesti diretti). Eppure, come spesso succede nel mondo della tecnica, anche qui non siamo al cospetto di una novità assoluta: il merito della sua invenzione è attribuito all’ingegnere francese Andolphe Kégresse, nel 1939. La sua intenzione era di utilizzarlo sulla Citroën «Traction», ma avverse situazioni finanziare e l’imminente scoppio della Seconda Guerra Mondiale bloccarono ogni ulteriore sviluppo. L’idea venne ripresa molti anni dopo, nel 1984, dalla Porsche che sviluppò una trasmissione simile a quella ipotizzata da Kégresse, nota come «PDK» (Porsche Dual Klutch), ed impiegata sulle vetture da competizioni «956» e «962 C». E la prima vittoria per una vettura equipaggiata con una cambio a doppia frizione arrivò nel 1986 alla 1000 Kilometri di Monza, con una Porsche «962». Anche Audi fece la storia di questa trasmissione, grazie alla «Sport Quattro S1» che vinse la famosa gara di rally in salita «Pikes Peak» nel 1985.
Fin qui la storia, e ora la tecnica.
Come anticipato, sono presenti due frizioni, e lo “sdoppiamento” della trasmissione non finisce qui, dal momento che anche il cambio stesso, con i suoi ingranaggi, è concettualmente diviso in due unità indipendenti. Logico aspettarsi che ogni frizione sia accoppiata ad un porzione di cambio, una concepita per l’inserimento delle marce dispari e la retro, l’altra per le marce pari.
Le due frizioni sono di forma anulare e concentriche (per avere un gruppo più compatto), da un lato accoppiate al motore, e dall’altro a due distinti alberi di ingresso al cambio, anch’essi concentrici: nel cambio «DSG», la frizione interna trasmette il moto agli ingranaggi della 2ª, 4ªe 6ª marcia attraverso un albero cavo, al cui interno è collocato l’altro albero di trasmissione che, attraverso la frizione esterna, ingrana la 1ª, 3ª e 5ª marcia e la retro. Gli ingranaggi trasferiscono poi il moto a due alberi di uscita paralleli, uno accoppiato alla 5ª, 6ª e alla retro, l’altro alle restanti marce. Infine, entrambi gli alberi di uscita si impegnano su un unico differenziale.
In pratica, un cambio così concepito si presenta come disposto su tre assi paralleli: il centrale in cui sono collocati i due alberi di ingresso concentrici, e i due laterali dove sono posizionati i due alberi di uscita, con il “flusso” di potenza che, alternativamente, a seconda della marcia inserita, “scorre” da un lato all’altro. Questa non è, però, l’unica configurazione possibile: infatti, il cambio «PDK» della Porsche aveva un solo albero di uscita su cui erano calettati tutti gli ingranaggi.
Da questa descrizione, è evidente come un cambio a doppia frizione non sia poi tanto dissimile, sia come componenti che come principio di funzionamento, da un normale cambio meccanico: ci sono vari alberi di trasmissione, ingranaggi, sincronizzatori e due frizioni che con la loro azione di “attacca-stacca” consentono la selezione delle marce. E allora, come mai viene considerato alla stregua dei cambi (semi) automatici? Perchè tutte le operazioni necessarie all’ingranamento di un rapporto non vengono effettuate direttamente dal guidatore tramite leve o pedali, ma sono a carico di un sistema idraulico e di valvole a solenoide, controllati elettronicamente. Al guidatore, come nei cambi robotizzati, non resta che premere un pulsante per cambiare marcia, con la possibilità di scegliere una guida completamente automatica.
Ma torniamo al suo funzionamento. Lo scopo delle due frizioni è di rendere possibile simultaneamente la trasmissione del moto e l’inserimento di un altro rapporto oltre a quello attualmente in uso. Mentre una delle due frizioni è innestata con una certa marcia inserita (ad esempio la 3ª), l’altra resta aperta con una marcia, superiore o inferiore (2ª o 4ª), già selezionata ma non attiva: al momento della cambiata, non si fa altro che aprire la frizione con la marcia corrente e, contemporaneamente, chiudere quella con la marcia successiva, tenendo sempre l’acceleratore premuto. E’, appunto, come avere due cambi, uno in funzione e l’altro sempre pronto a prendere istantaneamente il suo posto.
Tutto ciò si traduce in una cambiata oltrechè rapidissima, rappresentata solamente dall’aprirsi di una frizione e dal chiudersi dell’altra (la Volkswagen dichiara tempi dell’ordine di 3-4 centesimi di secondo), quindi particolarmente indicata per la guida sportiva, e pressochè inavvertibile, a tutto vantaggio del confort, venendo a mancare le interruzioni di potenza tipiche di un cambio tradizionale (e di molti automatici, sia idraulici che robotizzati). Il motore rimane sempre connesso alla trasmissione, ad ogni cambiata. Si ottengono così due benefici, apparentemente opposti, ma in realtà entrambi figli di un sistema intrinsecamente efficace: l’accelerazione è continua, costante, senza pause e interruzioni, garantendo confort nella guida rilassata e elevato spunto e divertimento in quella sportiva; il consumo di carburante, e forse questo è l’aspetto oggi più importante, si riduce, grazie all’erogazione continua e fluida da parte del motore.
Insomma, sembra proprio la quadratura del cerchio! In realtà, dietro questa apparente semplicità costruttiva e concettuale, c’è un accurato lavoro di messa a punto, soprattutto a livello di sincronizzazione degli azionamenti delle due frizioni: senza l’ausilio di una raffiinata elettronica, sarebbe stato ben più difficile conciliare sia le esigenze di confort che quelle di sportività.
Il cambio a doppia frizione si candida a diventare il nuovo punto di riferimento fra le trasmissioni automatiche e non. Purtroppo, come tutti i prodotti nuovi e innovativi, paga lo scotto di un prezzo ancora elevato, ma una sua futura adozione da parte di altre Case (e molte ci stanno pensando) non potrà che renderlo economicamente competitivo oltrechè garantirne un progressivo sviluppo in termini di affidabilità ed efficacia.
Fonte:
http://www.omniauto.it/magazine/2500...oppia-frizione
Nel caso specifico Honda (per moto):
I vantaggi sono essenzialmente legati al fatto che hai sempre la marcia successiva "pre-ingranata".
Tra l'altro il grosso vantaggio è che in caso di rottura di una frizione (magari durante un viaggio in Patagonia) ce n'è ancora un altra..di scorta.