La nostra Islanda.
Partiamo sabato 29 giugno, direzione Bolzano, dove ci attende il treno per Hamburg-Altona. Non amiamo l'autostrada, io detesto il caldo, e le semi-tassellate montate per affrontare l'Islanda rendono ancor più spiacevole il tutto. Saltare 1.000 km di inutile autostrada tedesca ci sembra sempre il modo migliore per raggiungere il Nord Europa.
Domenica 30 intorno alle 12 scendiamo dal treno e ci dirigiamo verso la Danimarca, dove, dopo 2 giorni ci imbarcheremo. Appena entrati in terra danese inizia a piovere, e smette soltanto quando ci fermiamo per la serata a Horsens, paese molto carino ma completamente desolato (forse l'estate non è ancora arrivata, qui).
Lunedì 1 luglio partiamo alla volta di Hirtshals passando dal centro del Paese per cercare di scansare autostrada e pioggia. Per la prima riusciamo nell'intento, per la pioggia riusciamo solo fino all'ora di pranzo, poi rivediamo qualcosa di diverso da nuvole e scrosci d'acqua solo dopo esserci sistemati in campeggio a Hirtshals. Qui iniziamo a vedere camper 4x4, camion da deserto, jeep con roulotte integrata e dopo un po' capiamo che saranno tutti nostri compagni di viaggio in Islanda. Il più bello era senz'altro un camion da deserto con sul porta moto, come fosse una Graziella, una F800GS ADV nuova fiammante.
Martedì 2 e mercoledì 3: navigazione, in un mare piuttosto tranquillo, per essere e il mare del Nord. Scalo di 1,5 h alle Faroer in uno squarcio di sole che credo i faroesi abbiano segnato sul calendario. E in un pomeriggio così, la navigazione in mezzo alle isole per lasciare l'arcipelago ci ha regalato degli scorci davvero notevoli.
Giovedì 4 luglio veniamo accolti da nuvole basse e pioggerella, entriamo nel Seydisfjordur riuscendo a vedere solo dalla superficie del mare fino ad una 30ina di metri d'altezza. Il lungo fiordo ci accoglie con lingue di neve che arrivano fin quasi al mare. Alle 9.30 scendiamo dal traghetto in assetto da pioggia e ci avviamo verso Egilsstadir, senza avere modo di dare un'occhiata al paese di Seydisfjordur.
Risalendo il piccolo passo che divide il fiordo dal resto dell'isola, l'Islanda ci si rivela in tutta la sua possenza, e ci troviamo a viaggiare immersi nelle nuvole che prima ci sovrastano, con pioggia, vento forte e in mezzo a tanta neve che non sembrava aver intenzione di lasciare posto all'erba. I 3 gradi di temperatura le davano ragione.
Scesi a Egilsstadir ci dirigiamo verso il Lagarfljot (che significa "fiume largo"), un'importante area naturalistica dove gli islandesi stanno cercando di rimboschire ciò che i primi abitanti dell'isola hanno raso al suolo per costruire navi, abitazioni e per scaldarsi, eliminando quasi completamente gli alberi dall'isola. La strada che costeggia il fiume è a tratti sterrata, il panorama carino, complice anche qualche timido raggio di sole, ma nulla di esaltante. Arriviamo al bivio per l'Askja, ma viste le previsioni non favorevoli seguiamo la strada che percorre il fiume sull'altro lato e torniamo verso il punto di partenza.
Ci fermiamo per pranzo al distributore/ristorante, dove incontriamo diversi compagni di traghetto ancora intenti nei preparativi, compresa una comitiva di motociclisti francesi affaccendati nella sistemazione di una vecchia Honda XL 600 su cui avevano impiantato un carburatore di un'altra moto, senza grossi successi.
Ripartiamo alla scoperta dei fiordi orientali, in direzione Sud, seguendo la linea di costa, a tratti sterrata. Nel frattempo si è rimesso a piovere. I panorami, ad eccezione di qualche scorcio particolare, non hanno nulla da invidiare ai fiordi norvegesi.
Proseguiamo lungo costa fino ad immetterci sulla statale 1, la Ring Road, che effettua il giro dell'isola, e ci fermiamo a rifocillarci a Djupivogur, nel locale storico della zona, che contiene anche un museo. Ripartiamo diretti a Hofn, sulla statale 1 tra il mare in tempesta e colline con pareti di ghiaia che sembrano franare da un momento all'altro sulla strada. E probabilmente in qualche punto sono franate veramente, poiché non sono pochi i tratti di statale ricoperti da un sottile strato di ghiaia per centinaia di metri. Gli scorci sono veramente imponenti.
Venerdì 5 luglio. Partiamo in direzione Ovest, con prima sosta allo spettacolare Jokulsarlon, una laguna glaciale dove i pezzi di ghiaccio si staccano dal ghiacciaio e navigano alla deriva verso il mare. Nonostante il grigio del cielo, i riflessi azzurri degli iceberg sono favolosi.
Seguiamo alcuni di loro nel loro viaggio verso le onde del mare, poi proseguiamo verso Ovest. La pioggia torna a farci compagnia dopo pochi minuti, e ci accompagnerà, insieme al forte vento, fino a sera, obbligandoci ad ignorare la deviazione per lo Skaftafell. Arriviamo a Vik, troviamo con un po' di difficoltà una sistemazione, e in tarda serata facciamo una passeggiata sulla bellissima spiaggia nera.
Sabato 6 luglio giriamo a piedi tutta Vik (non una grande impresa, in verità) alla ricerca di un posto per fare colazione, ma nessun locale apre prima delle 11. Andiamo dunque al supermercato, dove riusciamo ad assaggiare lo Skyr, una specie di yogurt solido e acido. Attendiamo che spiova e verso le 11partiamo con le ultime gocce. Visitiamo le bellissime scogliere di basalto di Reynisfjara con le loro forme esagonali, la chilometrica spiaggia di sassolini neri con il mare in burrasca e i bastioni di roccia a picco sull'oceano, rifugio di tante specie di uccelli. Il vento è così forte e variabile che devo legare la moto ad un pietrone.
La pioggia non si fa vedere per tutto il resto del giorno, il vento invece non ci abbandona mai. Arriviamo a Laugarvatn, dopo aver visto da lontano le cascate Skogafoss e visitato il cratere allagato di Kerid. Dopo esserci sistemati in ostello, ci immergiamo nelle acque termali della piscina di Laugarvatn. Impressionanti le saune, baracche di legno costruite su sbuffi di vapore proveniente direttamente dal sottosuolo. Un cartello sulla porta recitava più o meno così: “sorgente naturale di vapore, temperatura imprevedibile, non ci assumiamo responsabilità”.
Domenica 7 luglio. Partiamo alla volta di Geysir, con gli buffi di acqua e gas del cratere Strokkur e decine di pozze di acqua ribollente dal sottosuolo. Un'altra dimostrazione della potenza di una terra viva. Andiamo poi alle maestose cascate Gullfoss, dov'è stata girata la prima scena del film "Prometheus".
Da là, in direzione Nord est, inizia la Kjolur (pista F35) che attraversa il centro dell'Islanda. La tentazione è forte, ma l'analisi delle previsioni meteo ci consiglia di rintanarci per un paio di giorni nella capitale. Così torniamo verso Ovest, pronti ad una intensa perturbazione che non chi lascerà fino al pomeriggio del giorno successivo. Le previsioni ci fanno pensare ad un rientro anticipato.
Lunedì 8 luglio. Gironzoliamo per una umida e viva Reykjavik, il cui centro sembra appartenere ad un paesone, ma i cui bordi si stanno invece espandendo tantissimo, con un pullulare di nuove aree commerciali e residenziali. Dopo il pranzo in un ristorante-lavanderia esce il sole. Decidiamo di fare un giro in moto verso Reykjanes. Nel primo tratto ci troviamo in un ambiente surreale, con nebbia fittissima e scurissima, in mezzo a distese di roccia lavica ancora più scura. Bellissimo per me, meno bello per Silvia, in carenza di sole. Arriviamo vicino alla famosa Blue Lagoon e la nebbia si dissolve, svelando le rocce nerissime ricoperte da un soffice cuscino di 15 cm di muschio.
Quando ci si parano davanti le bianche piscine della Blue Lagoon lo spettacolo diventa ancora più surreale. E pensare che si sono formate in seguito ad un semi-disastro naturale dovuto ad un errore umano... Sono ormai le 17 e la coda per l'ingresso e il prezzo (40 euro per starci 2 ore) ci fanno titubare. Vedendoci indecisi la signorina alla reception ci dice che se non vogliamo entrare in acqua possiamo saltare la fila. Peccato che vuole 10 euro a testa solo per guardare lo stesso spettacolo presente all'esterno! Usciamo a fare le foto in una luce che rende ulteriormente bello il paesaggio.
Proseguiamo verso Grindavik, nella parte meno visitata della penisola, sempre accompagnati dalla nera roccia lavica. Grindavik è un paese di pescatori, con tanta voglia di turismo, non ancora soddisfatta. Tornando verso la capitale troviamo una spiaggia di rocce con i resti di una stazione di pesca, con i tronchi utilizzati per alare le barche. Poi affrontiamo la nostra prima pista "only 4x4", che ci porta a Seltun, un anfiteatro naturale con rocce colorate di tutte le sfumature di giallo e rosso grazie alla forte attività geotermica, che rilascia nuvole di zolfo puzzolente e fa bollire pozze di fango. Questi colori spettacolari si mischiano al verde delle colline antistanti, su cui corrono cavalli allo stato brado, e al blu del mare sullo sfondo. Tonalità difficili da dimenticare.
Martedì 9 luglio le previsioni ci consigliano di andare verso est. Visitiamo il Thingvellir, il sito più importante di tutta l'Islanda. Dal punto di vista storico è stato il luogo dove i gruppi di abitanti insediatisi sull'isola si incontrarono per gettare le basi per la creazione del popolo islandese, dal punto di vista naturalistico è la parte emersa della dorsale medio atlantica, dove si puo toccare con mano la frattura tra la placca europea e quella americana. Un passo per saltare dall'America all'Europa!
E' arrivato il momento della Kjolur, ci dirigiamo verso 160 km di pista, tra due ghiacciai, lontani dalla civiltà. Dopo un po' si fa noiosa, a tratti fastidiosa, a causa del manto increspato da piccolo gobbe regolari che ci obbligano a rallentare dagli 80 km/h ai 20.
Circa a metà c’è la deviazione per Hveravellir, che da tanto la sensazione di un campo base per la risalita dell’Himalaya, con una zona per l’accampamento in tenda e un piccolo bar/ristorante con annessa qualche camera, il tutto affacciato su un deserto da cui di tanto in tanto escono sbuffi di vapore. Ripartiamo e raggiungiamo il campeggio Blonduos per la sera.
Mercoledì 10 luglio consultiamo nuovamente le previsioni meteo, e l’arrivo di una grossa perturbazione che promette di rovinare tutta la settimana successiva ci convince che non è l’anno buono per l’Islanda. Contattiamo la Smyril Line ed otteniamo lo spostamento del traghetto da giovedì 18 a giovedì 11.
Ci aspettano 460 km per raggiungere Egilsstadir. La giornata è bella e lungo la strada avremo modo di visitare molti siti interessanti. Attraversiamo vallate, piccoli passi, bellissimi panorami. Ci fermiamo per pranzo ad Akureyri, capitale del nord carina e viva. Poi è la volta delle limpide cascate Godafoss, non incredibilmente alte, ma molto ampie e a forma di anfiteatro.
I laghi Myvatn invece non ci impressionano, a parte qualche bello scorcio con tante isolette alberate che sbucano dall’acqua.
Poco dopo prendiamo la deviazione verso Nord che ci porta alle cascate Dettifoss e Selfoss. Spettacolari e impressionanti le prime, con una portata d’acqua che toglie il fiato. Con un’irruenza incredibile centinaia di mq di acqua resa grigia dalla polvere lavica si riversano ogni secondo a valle.
Belle le seconde (più a monte), ma non comparabili con le Dettifoss.
Torniamo sulla SS1. Dopo le ultime parole famose dette a Silvia che è stanca “altri due passi per arrivare alla moto e poi non dobbiamo più camminare”, l’infelice scelta di proseguire verso il nulla nonostante un’autonomia residua di una 50ina di km, anziché tornare una 20ina di km verso Myvatn, ci fa vivere l’esperienza sicuramente inclusa nel libro “101 cose da non perdere in Islanda”, ovvero restare a secco in mezzo a 140 km di deserto. Non immaginavo che tutte le indicazioni di località presenti sulla mappa in realtà fossero soltanto fattorie con fienile annesso… Finita la benzina, 48 km oltre il “range 0” del computer di bordo, ci fermiamo nel nulla, nella splendida luce della sera, alle 20.30, con dei colori da sogno. Contatto la Europ Assistance, e dopo 5 minuti passati a spiegare alla signorina di Milano che eravamo in Islanda e non in Irlanda, che non era uno scherzo e a fare lo spelling della località più vicina (70 km), ci comunica che passerà la chiamata al contatto di Reykjavik, che ci chiamerà. Nell’attesa si fermano diversi mezzi da entrambe le direzioni, uno dei quali ci informa che il distributore è a 15 km, tanti ci offrono passaggi di sola andata per il distributore, ma non mi va di mollare moto e/o moglie nel deserto. Finché non arriva quello che stavo aspettando, ovvero un furgone con carrello a traino con su 3 moto da cross e altrettante taniche di benzina piene. Facciamo rifornimento e ripartiamo. La sosta al distributore a 15 km è vana, poiché è guasto… riusciamo comunque ad arrivare a Egilsstadir per le 22, ceniamo e troviamo da dormire.
Vi chiederete “e la Europ Assistance?!...”
Già, la signorina di Milano della Europ Assistance richiama alle 22.30 per chiedere come sia andata, al mio fin troppo gentile annuncio dell’inutilità del servizio si scusa e richiama il tipo, che dopo 5 minuti mi chiama per sapere dove siamo e se abbiamo ancora bisogno di aiuto…
Giovedì 11 luglio, andiamo ad imbarcarci, non senza una punta di tristezza per la sfortunata condizione meteo che ci “obbliga” a rientrare. Non fosse stato per una primavera iper-piovosa, un’estate che non era ancora arrivata quando siamo partiti, non sarebbe stata troppo un problema una vacanza un po’ bagnata. Era solo l’estate sbagliata.
Ci fermiamo tre giorni alle Faroer, dove ovviamente vediamo 1 ora di sole e 5 in cui non piove. Le isole meritano una visita, sono veramente belle, ma un po’ monotone se non puoi goderti a pieno la vita all’aria aperta. In più la domenica è tutto chiuso, una follia se si conta che il traghetto arriva il venerdì mattina alle 3 e riparte la domenica sera alle 23.30…
Tirando le fila del discorso, non abbiamo fatto quello che avremmo voluto fare, ovvero girare le piste dell’interno, le coste meno frequentate del Nord e i fiordi del Nord Ovest, quello che abbiamo visto ci è piaciuto molto, ma è rimasto un po’ di amaro in bocca per quello che non abbiamo potuto vedere.
Abbiamo percorso circa 2.000 km, con temperature tra i 3 e i 25 gradi.
Abbiamo dormito sempre in ostelli e Guest House, dove comunque si spende tra i 60 e i 100 euro a notte, mangiato spesso “in economia”, cucinando la cena negli ostelli e facendo la spesa per pranzo. La cucina locale non è particolarmente interessante ed è molto costosa. La benzina costa più o meno come da noi, il resto molto di più.
Direte voi "sì, ma due foto...". Eh, lo so, vediamo se ce la faccio a metterle nei prossimi giorni...