Piccola premessa: il raccontino non è granché, ma visto che il giro è stato quello che ha fatto compiere i 6000 km alla motina credo che possa starci anche qui.
A parte alcune modifiche, una piccola aggiunta e la correzione di alcuni errori di battitura è stato messo anche sulla mailing list della LISSTA. Se questo rappresentasse un problema chiedo a chi ne ha la possibilità di rimuoverlo.
___
Bassa Padana (un giro a mangiare nebbia)
19-20 novembre 2011
Non è un’idea dell’ultimo momento. Luca mi ha mandato un bell’articolo di Mario Ciaccia, apparso su Motociclismo (gennaio 2010) e dedicato a un giro sulle tracce di Antonio Ligabue, di Giuseppe Verdi, di Giovanni Guareschi. Sarà il giro che concluderà la nostra stagione in moto. Lui regalerà un bel tagliando alla sua e io continuerò l’inverno per conto mio. La stagione non è più propizia al viaggio motociclistico. Il meteo promette nebbia e non sbaglia. Verso Busto Arsizio l’aria si fa grigia e un nebbione sporco comincia a bagnare la visiera del casco. Poco oltre Terrazzano mi troverò con la visiera talmente sporca dentro e fuori da dover continuare a viaggiare tenendola aperta. Il termometro segna due gradi e l’esercizio non è divertente.
Usciamo a Fiorenzuola e puntiamo su Busseto e poi Roncole, paese natale di Giuseppe Verdi e nel cui cimitero è sepolto Giovanni Guareschi. Il respiro delle due celebrità permea la piccola frazione.
La nebbia non è fittissima, ma è abbastanza spessa da negarci il sole e da togliere ogni riferimento. Viaggiamo in una bolla di visibilità, a volta ampia a volte più stretta, che ci accompagna e ci lascia cogliere, a tratti, un gheppio che s’invola, un airone bianco in un canale, uno stormo di garzette, un trattore verde in un campo.
Samboseto è un grumo di case. Una vecchia scuola fatiscente ci appare da una traversa. Poco oltre un ristorante ci offre la possibilità di pranzare. Ancora non lo sappiamo, ma sembrerebbe un ritrovo conosciuto, un’osteria frequentata e dalle radici profonde. Ad avere tempo, soprattutto il tempo per gustare e digerire piano, ci sarebbe da far bene, ma ci accontentiamo (si fa per dire) di un piatto di tortelloni alle erbette che valgono la sosta.
Arriviamo a Mezzani. Qui Luca veniva da bambino a trovare dei parenti. Ora la vecchia casa che ha visto i giochi del mio amico è stata venduta e qualcuno la sta ristrutturando. Luca si sofferma un poco, guarda il cantiere e non nasconde un velo di malinconia.
Arriviamo sulla piazza di Brescello. Dal museo dedicato a Peppone e Don Camillo, dove ci fermiamo un momento a rimirare un carro armato utilizzato per alcune sequenze de’ L’onorevole Peppone, ci spostiamo nella piazza dove due statue in grandezza naturale dei personaggi interpretati da Fernandel e Gino Cervi si salutano cordiali (o è ironia la loro?) lungo la diagonale: uno sul sagrato, l’altro sulla porta del Municipio.
Siamo ormai a ridosso degli argini del Po. A Boretto diamo un'occhiata a una vecchia draga esposta su un piazzale sull'argine del fiume. Qui dove un tempo sorgeva il porto di Parma ora si cava la sabbia dal fiume. I bracci delle gru si stagliano nella nebbia come mostruose zampe di chissà che bestia preistorica. La nebbia che ci ha accompagnato fino a qui sembra ancora più carica di umidità. Sono coperto da quattro strati di maglie e magliette, ma quando la nebbia si addensa provo un brivido. La visiera è bagnata dentro e fuori e tanto vale tenerla aperta.
Arriviamo a Gualtieri e parcheggiamo le moto sulla piazza antistante il Palazzo Bentivoglio, di fronte alla torre dell’orologio. Sappiamo che all’interno del palazzo c’è un museo dedicato ad Antonio Ligabue ed è lì che vogliamo andare. Il palazzo meriterebbe una visita lenta e attenta, ma è pomeriggio inoltrato e dobbiamo accontentarci dello spazio dedicato al pittore. Ci accompagna e ci guida un signore simpatico che con grande competenza e passione ci fa rivivere la storia tragica e umanissima di Ligabue. Un’ora passa in un baleno e dobbiamo accomiatarci a malincuore dalla nostra brava guida. Fuori è quasi buio. Proseguiamo verso Luzzara e raggiungiamo l’agriturismo Corte Giardino dove ceneremo e pernotteremo.
La struttura dell'agriturismo è nuovissima, sembra perfino più nuova degli otto anni che ha. Siamo lontani dal traffico e il silenzio della notte, a me che abito poco lontano da una strada trafficata, sembra quasi irreale.
Al risveglio la nebbia è ancora fitta, ma i parametri per qualificarla non sono assoluti. Qui dove sto, la nebbia è un fenomeno abbastanza raro e quindi evocativo, forse provoca gli stessi sentimenti che hanno ispirato Claude Débussy per la composizione della Cathédrale engloutie. Nella Bassa Padana, una nebbia come quella odierna, che permette di vederci a cento metri, è norma accettabile.
Abbiamo parcheggiato le moto sotto una pergola coperta da una rete ombreggiante. La nebbia, condensandosi è filtrata attraverso la rete e per le moto è come se avesse piovuto.
I quattro pannelli fotovoltaici che forniscono buona parte dell'energia necessaria all'agriturismo sono fermi e sembrano alberi marziani persi nella bruma.
Dopo la colazione ripartiamo e ripercorriamo per un breve tratto la strada percorsa ieri. Luca devia lungo una sterrata che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe portarci in riva al Po. Arriviamo invece davanti a un casale che sembra abbandonato. Giriamo le moto e torniamo indietro, fermandoci per un paio di fotografie. La strada è fangosa e viscida. Un maldestro colpo d'acceleratore fa imbardare la moto in un'ampia scodata. Non ho nemmeno il tempo di spaventarmi: rilascio l'acceleratore e dopo un paio di altre scodate, meno violente della prima, mi trovo ad andare dritto per un prato.
Poco lontano esplodono due colpi di fucile e dalla nebbia compare un terzetto di cacciatori con una grossa lepre. Uno di loro la sbatte per terra per finirla e un altro ci dice di stare attenti ad andare in giro per i boschi con quella nebbia che si rischia di farsi impallinare. Torniamo comunque sulla provinciale e raggiungiamo Guastalla. È giorno di fiera e la strada principale si sta popolando. Facciamo un giro fra le bancarelle che occupano la bella piazza del borgo. Una offre libri usati. Vedo un'edizione del Moby Dick di Melville uguale a quella della mia infanzia e provo la tentazione di ricomprarla. Ora mi pento di non averlo fatto.
Riprendiamo la strada e puntiamo verso la foce dell'Oglio e il suo ponte di barche. La strada è deserta e le rare macchine che passano sul ponte fanno rimbombare la campagna attorno. Non c'è l'allegro trepestio descritto dalla bella penna di Paolo Rumiz (
http://eddyburg.it/article/articleview/5861/1/117), né il ricordo della Beresina tedesca, ormai assorbito dalle consueti nebbie, sepolto tra le garzaie o da qualche piena dell'Oglio che s'è inghiottita casali e ricordi. Proseguiamo lungo una stradina sulla sponda destra del fiume. Le moto spaventano garzette, cormorani e aironi che s'involano nella nebbia e ne vengono inghiottiti. Non sembrano neanche esseri reali, piuttosto spiriti, essenze fatte di nebbia loro stesse.
Riprendiamo la provinciale che ci porta verso Crema. C'è poco traffico e viaggiamo veloci. Per un attimo ho la sensazione di essere diventato incorporeo, di essere fatto solo di pensieri che mi riempiono la testa come una giga, sul basso continuo del motore. Travolte dalle auto e rese bidimensionali vediamo numerosissimi resti di nutrie, come pellicce ironiche.
Saliamo in diagonale attraversando il Cremasco. Dopo una breve pausa per pranzare e scacciare il freddo dalle mani e dai piedi ripartiamo. La nebbia si sta diradando. A Monza sarà sostituita dalla fuliggine. Il cielo sopra Milano è giallo e a due riprese mi trovo a cancellare dalla visiera quella che sembra nebbia secca, una cenere biancastra che di certo assumo in discreta quantità attraverso i polmoni. Penso a chi abita i casermoni che si stagliano poco lontano. Dalla tangenziale puntiamo su Como, entriamo in Svizzera, ci salutiamo e gli ultimi chilometri non hanno storia.
ale