Il TRANS africano
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REPORT LA MIA LWD a puntate...
Mi è venuto in mente mio nonno nel suo studio nella grande casa di campagna contorniato da busti di Giuseppe Verdi, Garibaldi, bandiere sabaude, macchina da scrivere, armi e foto di cavalli, me lo ricordo in inverno con il tabarro, una mantella nera pesa , il toscano ed il cappello, sul calesse, mio nonno era un ragazzo del 1880 o almeno mi sembra.
Mi è venuto in mente quando la mattina dopo il mio rientro mi sono alzato intorno alle sei, l’ora nella quale assaporo la tranquillità della casa, il nonno abitava in quella grande casa abitata da almeno dieci quindici persone fra famiglia e servitù, oggi sarebbe impensabile se non si è milionari, come faceva a ritagliarsi quei momenti di solitudine e serenità che a me sono necessari.
Ho acceso il fuoco, ed aperto le porte finestre che danno sulla campagna più che giardino, sono andato deciso, senza pensarci a urinare tranquillo contro la casetta delle legne, come se fosse la cosa più normale , pensando che la pioggia avrebbe lavato tutto da li a poco. Mi son sentito Max il mio cane mai dimenticato. E’ stato il mio modo di rientrare in possesso della casa.
Stefano, si fu proprio Stefano a mettermi quest’idea, non so perché ma da come la vedo c’entrò anche il suo atteggiamento verso quel dono che la natura gli aveva fornito. Tutte le volte che eravamo insieme mi sorprendeva, non curante del fisico e del suo talento. Io da comune mortale dovevo fare i salti mortali per riuscire a fare un decimo,e forse anche meno, di quello che sapeva e poteva fare lui.
Stefano mi disse che la prossima doveva essere di più, molto di più e da invidioso del suo naturale dono, non ché ostinato, mia madre avrebbe detto “capone”, come sono iniziai a ragionare sul prossimo viaggio.
E a pensarci bene fu proprio un’ altro Stefano che mi fece passare al problema successivo: il mezzo per affrontare questa nuova cosciente girata.
Arrivò una telefonata da Giampiero che complicò tutto, e mi dette la meta. Giampiero, una forza della natura, sognatore come me, mi invitava alla Transafricana, la ditta di moto austriache Ktm ci avrebbe fornito i mezzi, il periodo era da settembre a novembre. Dopo il primo momento di incredulità mista ad orgoglio, il grande Giampiero mi considerava all’altezza! Mi sentii sprofondare sempre di più nella totale delusione. Non potevo in quel periodo. Ci piansi, le occasioni non si ripetono. Alla fine il senso di responsabilità prevalse.
Bene, pensai, tutto ciò sta ad indicarmi che devo andare avanti da solo. Cercai un mezzo che mi si confaceva ed iniziai la trasformazione, questa volta non volevo aver problemi, non starò ad annoiarti con un mero elenco degli interventi. Di originale non c’è rimasto neanche il motore e tutto il resto è stato pensato per il mio uso. Il motore era ed è buono così come l’ha pensato la BMW, l’ho solo migliorato in dei piccoli dettagli: un poco più di olio nel carter, un radiatore supplementare, il cambio più corto, una frizione sinterizzata , un filtro performante ed una generale ottimizzazione del tutto.
I lavori procedevano, da Brunero di Livorno, dei visti se ne occupava Ivana della Starlight di Maranello che sempre mi ha dato un mano insostituibile nei miei viaggi in zone non consone all’utilizzo dei mezzi a motore, il Carnet de passage en douane era quasi pronto, l’itinerario era definito, ma non ancora sulla carta, avevo paura a metterlo giù e avevo ancora più paura a vederlo segnato per intero su di una carta.
Quando ho fatto, mi è preso un senso di smarrimento. Ero così pretenzioso, che senso aveva mettere a rischio la realizzazione di quella cosa che si chiama vita e che potevo anche dire essermi riuscita abbastanza bene , con i suoi alti e bassi ovvio. Il tempo passava la moto andava avanti, dovetti anche affrontare come dirlo a Lorena, non sarebbe stato facile.
Glielo dissi e tranquillamente e la cosa non sembrò turbarla più di tanto, avrà di certo pensato che non ne avrei fatto nulla, ma ormai la cosa stava procedendo e a sua insaputa ero abbastanza avanti.
Quando il giorno prima di partire ritirai la moto e dissi che il giorno dopo sarei partito lessi in tutto quello che faceva apprensione e smarrimento. Lo stavo facendo quello che avevo detto. Mi subissò di domande e raccomandazioni tese a capire se avessi programmato tutto bene. Cercai di rassicurarla per quanto fosse possibile, lei sa che non sono ne incosciente ne improvvisato, ma non ho mai pensato che sia servito a molto.
Partii con la leggerezza nell’animo e la serenità dagli incoscienti, la moto andava benissimo era nuova sebbene vecchia, faceva così freddo, ero partito il più leggero possibile sapevo quello che mi aspettava in certi tratti, con una moto pesa non ce la fai, meglio soffrire il freddo e dormire per terra che non farcela ad arrivare dall‘altra parte del deserto.
A tratti ero spaventato ma passava subito, cercavo di capire la moto e le sue reazioni erano le prime ore, di tante che sarebbero venute, che ci stavo sopra, dovevamo capirci. Mentalmente ricontrollavo tutto, il bagaglio e la preparazione del mezzo a volte mi fermavo per controllare se avessi preso quella cosa o quell’altra. Arrivai a Bologna che tremavo letteralmente dal freddo, facendo benzina passanti mi domandarono se facevo la Parigi-Dakar! Ma le persone sanno quello che dicono quando parlano? Si, risposi la partenza quell’anno sarebbe stata da Forlì. La cosa non li colpì neanche.
Arrivò Liz all’ uscita dell’ autostrada e mi sentii rinfrancare non ero solo, non ero pazzo, altri mi capivano. Mangiammo e ripartii verso Ancona.
Un viaggio in moto da solo è come una seduta di analisi lunga quanto il viaggio stesso.
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