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Vecchio 25-03-2008, 16:06   #1
briscola
Obsoleto DOCG
 
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Registrato dal: 08 Oct 2002
ubicazione: Quarto dei Mille (Zena)
predefinito Road Book per un week end in Corsica!

Avendolo inviato a diverse persone lascio a chi interessato questo simpatico road book per tre o quattro giorni in Corsica




“IN QUEL PAESE MERAVIGLIOSO HO IMPARATO A
CONOSCERE IL MEDITERRANEO. NE SONO RIMASTO
SCONVOLTO; LAGGIU’ TUTTO BRILLA; TUTTO E’
COLORE, TUTTO E’ LUCE”.


Henri Matisse



In viaggio in Corsica

Venerdì 21 Aprile

Genova-Porto Vado-Traghetto per Bastia ore 23.00 km.70

1° Appuntamento ore 20.00 area di Servizio Piani d'Invrea sulla Genova-Savona
2° Appuntamento ore 21.00 Porto-Vado all'imbarco Corsica-Ferries

Sabato 22 Aprile
Bastia-Capo Corso-Calvì-Porto Km.200

Sbarco a Bastia alle ore 07.00

Capo Corso. Villaggi di montagna, porti ed insenature solitarie.

Il capo Corso sporge in fuori come una penisola che si prolunga nel Mar Ligure per una quarantina di chilometri con una larghezza massima di 15; appare più ameno del resto della Corsica che è invece selvaggio. La costa orientale di clima più temperato è meno alta di quella occidentale che a tratti è assai scoscesa come a Nonza.
Il nostro punto di partenza è Bastia; da qui velocemente giungiamo a Miomo piccolo villaggio portuale con una torre di vedetta genovese; proseguiamo per Lavasina luogo di pellegrinaggio, per arrivare ad Erbalunga pittoresco villaggio portuale con vecchie case. All’estremità di un promontorio roccioso c’è una torre genovese semidistrutta. Procedendo sulla litoranea dopo aver attraversato Marina di Sisco, Marina di Pietracorbara possiamo ammirare la Tour de Losse torre di vedetta genovese abbastanza ben conservata, prima di giungere a Santa Severa dove imbocchiamo a sinistra la D180 che ci conduce al colle di Santa Lucia. Dal passo una stretta strada rotabile porta alla Torre di Seneca prima attraverso un bosco di larici poi per la macchia alta.

Secondo la leggenda vi avrebbe vissuto per otto anni di esilio, dal 41 al 49 d.c. lo stoico Seneca. Un’avventura amorosa sarebbe stata la causa del suo esilio in Corsica.

Proseguendo giungiamo a Pino una delle località più belle del Capo in un paesaggio molto suggestivo al di sopra di una baia. Le sue ville e case belle e spaziose, la chiesa e la torre di vedetta genovese sono circondate da una vegetazione lussureggiante d’alberi d’olivo e di fico, querce e platani. Pino ricorda molto la Riviera, per cui i Corsi spesso chiamano questa regione “riviera corsa”. Una stretta strada rotabile consente la discesa alla piccola Marina di Pino. Dopo Pino il paesaggio diventa più brullo; attraversiamo Marina di Giottani che è una bella insenatura con torre genovese (Torre di Castelluccio). Sulla litoranea sul versante occidentale del monte Cuccaro notiamo la miniera d’amianto la cui estrazione è stata sospesa nel 1965. Ad Abru possiamo sostare per un caffè al Ristorante “Le chat qui peche” di proprietà dell’amico Bruno Valery già conosciuto due anni orsono per i piatti prelibati. Merita inoltre una sosta per una fotografia la “spiaggia solitaria” di Nonza dai ciottoli neri con riflessi bluastri. Questo borgo medioevale, feudo della famiglia Avogari de Gentile, è uno dei più pittoreschi e dei più importanti della costa occidentale del Capo. Le case chiare con tetti d’ardesia sembrano sospese ad un’altezza di 150 metri sul mare, su una base di rocce scure, circondate da pendii terrazzati che scendono ripidi alla costa. Le case del paese si raggruppano intorno alla chiesa di Santa Giulia (XVI sec.).
Sulla cima più alta della sporgenza rocciosa sorge, sul bordo del precipizio, la torre di vedetta.
Qui si è svolta un’impresa che testimonia dell’eroico amor patrio dei Corsi.

“Nell’anno 1768 nella torre c’era il vecchio capitano Casella con un pugno di soldati. I Francesi avevano già soggiogato il Capo e gli altri capitani avevano dovuto arrendersi. Ma Casella non ne voleva sapere. La torre aveva un cannone e ancora abbastanza munizioni, i soldati avevano i loro fucili. Con questi ci si poteva difendere contro un intero esercito, diceva il vecchio, e in caso estremo si sarebbe dovuto far saltare in aria la torre. I soldati conoscevano l’uomo, e sapevano che avrebbe fatto quel che diceva. Perciò se la svignarono durante la notte abbandonando i loro fucili, e il vecchio capitano si ritrovòsolo. Allora decise di difendere la torre da solo. Il cannone era caricato; lui caricò tutti i fucili, li distribuì nelle feritoie e attese i Francesi. Nel frattempo quelli arrivarono guidati dal generale Grandmaison. Quando giunsero a tiro Casella prima fece fuoco col cannone contro di loro, poi diede inizio a un infernale fuoco di fucileria. I Francesi mandarono alla torre un messo che gridò al capitano che il Capo si era arreso, e che il generale lo esortava a risparmiare un inutile spargimento di sangue e ad arrendersi con i suoi uomini. A questo punto Casella rispose che avrebbe tenuto Consiglio di guerra, e si trasse indietro.
Dopo un momento ricomparve e dichiarò che la guarnigione della torre di Nonza era disposta ad arrendersi, a condizione di potersi ritirare con gli onori militari, con tutte le salmerie e con l’artiglieria, per la quale i Francesistessi avrebbero dovuto fornire il mezzo di trasporto. Le condizioni furono accettate. Ma quando i Francesi si furono schierati davanti alla torre per ricevere la guarnigione, uscì solo il vecchio Casella col suo fucile, le sue pistole e la sua sciabola. I Francesi aspettavano la truppa e l’ufficiale che li comandava, meravigliato che quella non uscisse ancora chiese: “E allora perchè indugia la vostra gente?”. “E’ già tutta fuori”, rispose il Corso, “perchè la guarnigione della torre di Nonza sono io “. A questo l’ufficiale divenne furioso per la vergogna e si gettò su Casella. Questi trasse la sciabola per difendersi. In quella accorse lo stesso Grandmaison che, quando vide come stavano le cose , fu preso da grande ammirazione . Mandò subito il suo ufficiale agli
arresti di rigore; quanto al vecchio Casella non solo soddisfece ogni condizione punto per punto, ma lo inviò con una guardia d’onore e con una lettera piena di encomi al quartier generale di Paoli”
Ferdinand Gregorovius


Calvi e la Balagne, il giardino della Corsica.
Dal fascino selvaggio di Cap Corse all’ appeal mediterraneo della Balagne il passo è breve. Ci dirigiamo velocemente verso St. Florent e svoltiamo sulla D81 attraversando il Deserto des Agriates per raggiungere Lozari dove a sinistra svoltiamo sulla N197 al fine di raggiungere Belgodere. Assai raramente si possono trovare in Corsica condizioni così favorevoli all’agricoltura e all’orticoltura come nella conca di Belgodere, perciò questa parte della Balagne viene chiamata a ragione “giardino della Corsica”. Proseguiamo lungo questa cornice oltrepassando Speloncato, Feliceto che alla fine del paese ha un vecchio frantoio nell’Osteria “U Mulinu”, fino a giungere a Cateri per deviare verso S.Antonino.

La borgata a 497 metri d’altezza “nido d’aquila della Balagne” sorprende per il suo aspetto singolare. S.Antonino fu un tempo uno dei baluardi fortificati del Conte Savelli, e un nascondiglio per gli abitanti della Balagne quando i pirati apparivano sul mare all’orizzonte. Il paese consta di alte case di granito e un labirinto di stretti vicoli con archi a culla; piccoli negozi con lavori di artigianato (smalto, ceramica, tessuti) e rustici ristoranti con prodotti locali tra cui il rinomatissimo limoncino. Rientrati dulla D71 ci dirigiamo velocemente a Calvi per trascorrere la serata nella “città sempre fedele”. Calvi infatti fu fondata dai Genovesi nel 1268 i quali la trasformarono nella capitale militare della regione e la dotarono di privilegi che furono certamente fra le cause per cui la città anche nei periodi tumultuosi della resistenza corsa, non volle abbandonare i suoi stretti vincoli con la città-repubblica. Così possiamo intendere anche il motto della città nello stemma sull’arco del portone della fortezza : “Civitas Calvi semper fidelis”.


“La Balagne deserte e les Calanches”.

A sud di Calvi e del fiume Ficarella fino alla foce del Porto c’è la “Balagne deserte” nella cui parte centrale scorre il fiume Fango che incontriamo dopo aver percorso 12,5 chilometri che ci separano da Calvi a Galeria. Proseguendo sulla D81 giungiamo alla penisola di Girolata che si prolunga sul mare verso Occidente; con le sue numerose insenature e le sue pareti rocciose che sorgono erte dal mare fino a qualche centinaio di metri dal mare, dà un impressione straordinariamente selvaggia e romantica. Dopo aver valicato il Col de la Croix intravediamo il Golfo di Porto che incide profondamente la costa; orlato da pareti rocciose di granito rosa, coi massicci di monti dall’aspetto cupo che si ergono alti sullo sfondo, questo paesaggio corso così selvaggio si rivela un capolavoro di forme, colori e profumi.


Sosta a Porto in Albergo


Domenica 23 Aprile
Porto-Sartene-Portovecchio Km 230

Les Calanches”.

Tra Porto e Piana si ergono i rilievi tormentati dei Calanchi in granito rosso. La muraglia rocciosa è erosa dai “tafoni”, cavità più o meno pronunciate che conferiscono all’insieme un aspetto unico.
La bizzarra conformazione geologica ha ispirato la fantasia di un grande scrittore Guy de Maupassant, il quale definì i Calanchi “...una vera foresta di granito purpureo, rocce di strane forme, monaci con saio, diavoli, uccelli mostruosi, tutto un popolo spaventevole, una sorta di calderone diabolico pietrificato per volere di qualche Dio in vena di stranezze...”

Il golfo di Sagone e la Cinarca

Dopo aver valicato il Col de Lava giungiamo a Cargese. Questa colonia di pescatori e di Greci situata su uno sperone roccioso tra il golfo di Pero e il golfo di Sagone a 82 metri sul livello del mare con il suo minuscolo porto e le pittoresche scalinate che scendono fino al mare, si sta sviluppando sempre più come luogo di villeggiatura. Fra Capo Rosso a nord e Capo Fenu a sud si estende il golfo di Sagone il più grande della Corsica, suddiviso in molte piccole e grandi insenature. 13 chilometri dopo Cargese arriviamo a Sagone uno dei paesi più antichi della Corsica; un tempo era una città portuaria importante e sede vescovile. Oggi solo le rovine della vecchia cattedrale (XII sec.) che giacciono sul lato destro della foce del fiume testimoniano quell’epoca. Dopo Sagone incontriamo Tuccia stazioncina balneare che si distende in fondo al golfo della Liscia ed è dominata dalle rovine del Castello di Capraia che appartiene ai Conti della Cinarca. La D81 ci conduce sul Col di San Bastiano dove una stele di granito rosa commemora la prima traversata aerea del Mediterraneo compiuta da Luigi Capezza e Alphonse Fondére nel 1886; partiti da Marsiglia il 14 Novembre alle 16.30 a bordo di un vecchio pallone, il “Gabizoz”. atterrarono nei pressi di Appietto in piena notte e sotto la tempesta.
Dopo il Col de Listincone ci dirigiamo velocemente, senza addentrarci nella città natale di Napoleone Bonaparte, sulla N196 direzione Colle St. Georges. La strada a questo punto è molto più scorrevole ed i tempi ci impongono “ di aprire il gas” per giungere per l’ora di cena a Sartene.
Velocemente valichiamo il Col de St. Georges ed il Col de la Celaccia, passiamo Olmeto e Propriano ed in un’oretta dovremmo facilmente coprire i 74 chilometri che ci separano da Sartene.


Sartene e i suoi dintorni.

Dedichiamo un’oretta alla visita di questa città di montagna costruita su uno sperone roccioso a 305 metri d’altezza, che si stende ad anfiteatro sui declivi del Monte Rosso e domina la vallata del Rizzanese. Da Prosper Merimée è stata definita “la città più corsa della Corsica”. Conserva ancor oggi il suo carattere originario, non soltanto per la processione che tutti gli anni si svolge il Venerdì Santo (Il catenacciu), ma anche per il suo apetto di tipica città medioevale. A Sartene e nei suoi dintorni risiedevano un tempo potenti signori feudali, che si difesero a lungo con successo contro l’occupazione da parte dei Genovesi. In Place de la Libération, nel centro della città, cominciò la rivolta dei cittadini contro il dispotico arbitrio dei vari signori feudali, che nel XIX secolo dilagò in una sanguinosa guerra civile. L’incessante faida fra le famiglie nemiche, le sanguinose vendette ed il banditismo regnavano qui più violenti che nel resto della Corsica, tanto che ancor oggi la città è marchiata con la nomea di “capitale della vendetta”.
Il nostro viaggio riprende intorno alle 10.30 verso St. Lucie de Tallano. E’ uno dei paesi più affascinanti dell’isola in posizione dominante su una roccia di granito nella valle del Rizzanese. Lo rendono interessante oltre alle memorie artistiche per chi ha voglia di cultura (come il Convento di S.Francesco e la parrocchia del ‘400), la fiera di prodotti locali che si tiene ogni seconda domenica di luglio e la possibilità di reperire una pietra rara, la diorite orbiculare, ambita dai collezionisti di minerali.

La foresta dell’Ospedale e le cascate di Piscia di Gallo.

Proseguiamo per la D268 oltrepassando Levie e giungendo a Zonza a 748 metri d’altezza. Il paese sorge a terrazza sul pendio ed è circondato da boschi di pini, lecci e soprattutto castagni. Da Zonza svoltiamo a destra imboccando la D368 e dopo aver valicato Bocca di Pelza e Bocca d’Ilarata sostiamo sulla sinistra all’inizio del sentiero che porta alle cascate di Piscia di Gallo. Una bellissima passeggiata tra i monti conduce alla cascata; l’acqua precipita da 50 metri d’altezza lungo una parete rocciosa e ha formato parecchie cavità vorticose. Siamo nel Bosco di Barrocaggio Marghese e dell’Ospedale. Il fatto che con i loro bei larici, le loro felci, con le loro sorgenti e i loro orti, gruppi rocciosi abbiano conservato una così importante e pacifica grandiosità lo si deve alla tempestiva istituzione di un grande Parco Nazionale, il Parc Naturel Regionel de la Corse. Chi volesse assaporare i tipici formaggi e salumi corsi non ha che da imboccare la deviazione per il Refuge Cartalavonu poco dopo le Barrage dell’Ospedale sempre sulla D368.
Ripresa la D368 la direzione è Porto Vecchio pittoresca città che sorge su una collina di porfido rosa a 70 metri d’altezza circondato da possenti mura genovesi, ancora in parte conservate, dove alloggeremo per la notte.

Sosta a Portovecchio in Albergo

Lunedì 24 Aprile
Portovecchio-Zonza-Quenza-Aullene-Ghisoni-Corte km. 230


“Les Aguilles de la Bavella”

Dopo aver lasciato Porto Vecchio imbocchiamo la N196 direzione Solenzara dove dopo circa 70 chilometri svoltiamo a sinistra sulla D268. La grande esperienza paesaggistica di un viaggio in Corsica è il Col de la Bavella (1218 mt.). Un affascinante scenario di guglie e di torri formatesi per erosione della cresta rocciosa, spaccata verticalmente, domina il lato settentrionale del passo. Gli alpinisti chiamano le rupi di Bavella le “Dolomiti della Corsica” benchè non raggiungano neppure l’altezza di 2000 metri. Nel linguaggio corso sono le “Cornes d’Asinao” (orecchie d’asino). Proseguendo giungiamo nuovamente a Zonza . Gli “ aghi di roccia” del massiccio della Bavella rappresentano il palcoscenico naturale dell’antica Zonza. Pensando a Zonza e agli altri borghi, lo scozzese James Boswell, corrispondente di guerra, attratto dalla guerra corsa per la libertà, disse: “ogni notte quando i pastori accendono i loro bivacchi, quelle case si rivolgono alle stelle e fluttuano sospese nell’aria”. Succedeva 200 anni fa ed è bello immaginare che possa succedere anche oggi.

“Lo Yellowstone del Mediterraneo”.

Come abbiamo detto in precedenza nel 1971 è stato istituito il grande Parc Naturel Régionel de Corse che occupa circa 300mila ettari, oltre un terzo della superfice totale dell’isola. Per la sua vastità è stato sopranominato “Yellowstone del Mediterraneo”. Ci addentriamo quindi in direzione nord in questo parco meraviglioso.
A Zonza prendiamo la D420 per Quenza ed Aullene, quindi la D69 per il Col de la Vaccia. Attraversiamo il Bosco del Coscione e giungiamo a Zicavo paese natale della famiglia Abatucci.
Proseguiamo sulla D69 attraverso la foresta di St.Antoine e il Col du Verde (1289 mt.) fino a Ghisoni. Questo tranquillo villaggio si trova a 658 metri di altitudine in una conca circondata dalla foresta di Sorba e di Ghisoni, quasi alla confluenza della profonda valle del Regolo e dell’altra valle del Fiumorbo. Svoltiamo quindi a sinistra per la D69 per raggiungere il Col de Sorba e ci immettiamo sulla N193 che attraverso Venaco ci porterà a Corte ex roccaforte della resistenza corsa.

Corte capitale per poco

Dal 1755 al 1769 Pasqual Paoli le diede ufficialmente un ruolo che era già suo nel cuore dei Corsi, perchè tra le mura della città dimora da sempre l’anima irriducibile dell’isola. Soprannominata “nido d’aquila” Corte sorge a 400 metri sul livello del mare sulla cima di uno sperone roccioso circondato da pareti a picco. Ritrovamenti archeologici dimostrano che il luogo era abitato già in epoca romana. Il primo presidio armato pare risalga al IX secolo. Nel Duecento ebbe inizio il dominio genovese: la Repubblica fece di Corte un proprio capoluogo fortificato di giurisdizione, l’unico all’interno della Corsica. La costruzione della cittadella risale invece al 1419, cioè alla conquista per conto del re d’Aragona da parte di Vincentello d’Istria.
In questi ultimi anni ha cominciato a ridestarsi a Corte la vita intellettual, a cui ha dato un decisivo contributo anche l’università estiva aperta nel 1975.


Sosta a Corte presso l'Albergo "La Restonica"


Martedì 25 Aprile
Corte-Bastia-Traghetto per Porto Vado alle ore 15.30 Km. 70

Bastia l’affascinante controfigura di Genova

Purtroppo oggi è l’ultimo giorno del nostro viaggio in Corsica ed il traghetto ci aspetta alle ore 15.30 a Bastia. Tante zona sarebbero ancora da vistitare nell’isola a cominciare dalla Castagniccia, altro giardino della Corsica che si trova ad est della N193 che dobbiamo percorrere in direzione Ponte Leccia-Bastia. Quarto porto di Francia e primo di Corsica; qui transitano 650 mila tonnellate di merci l’anno. Merita una visita veloce, magari per un caffè, il Vecchio Porto, un riparo ideale contro il libeccio che tira raffiche a 100 all’ora,. Un piccolo fiordo incastrato tra carruggi e case centenarie dominate dalla Chiesa di San Giovanni Battista, serrato tra le braccia lughe di due moli: quello genovese, a nord, e quello del Dragone a sud. Il primo del seicento , l’altro della metà del secolo scorso. La notte tra il 22 e il 23 Febbraio 1860, durante la manovra d’attracco, il piroscafo “Louise” andò a sbattere contro la gettata genovese. Morirono 84 passeggeri. Il Vecchio Porto, quel mondo di gente rude che scendeva a terra per rinchiudersi nelle osterie a bere e a fumare, mettersi a letto con una donna o bestemmiare, non esiste più. I magazzini di un tempo si sono trasformati in atelier d’artisti e boutiques. L’aria odora di pizza e di pesce fritto più che di alcool. Sopravvive qualche relitto , come il vecchio Roch Viacara, che quando non ne può più mette in mare la sua Roch-Lucie, infila i remi negli scalmi e prende il largo. Per ossigenarsi i polmoni con una sana boccata di salsedine.




Saleccia


San Michele di Murato


Bastia


Erbalunga


Tour de Losse


Giralglia


Nonza


Porto di Centuri


Le Calanches

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Non c'e' strada che porti alla felicita': la felicita' e' la strada....
Filippo Obsoleto D.O.C.G.

Ultima modifica di briscola; 25-03-2008 a 16:37
briscola non è in linea   Rispondi quotando
Vecchio 25-03-2008, 16:12   #2
vadocomeundiavolo
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ubicazione: Wolfsburg-Niedersachsen-Deutschland
predefinito

bisogna che torni.

un po di foto.
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Vaccinato con zero dosi.
vadocomeundiavolo non è in linea   Rispondi quotando
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