Un villaggio in Kenya -OT-
In un normale villaggio keniano un bambino ha un ruolo molto importante nella famiglia.
Nell’eta’ dell’infanzia sono lasciati liberi a loro stessi prima ancora di essere in grado di camminare e fino all’eta’ scolastica badano a loro stessi senza il minimo problema. Solo nei primissimi mesi di vita sono sulla schiena della mamma o della sorella maggiore, ma gia’ a 6 8 mesi sono lasciati nelle mani dei piccoli fratellini.
Le giornate sono determinate dalle ore di luce in quanto in quasi tutti i centri l’energia elettrica è fornita da un generatore diesel che per i cosrti di funzionamento va lo stretto indispensabile.
La sveglia per tutti è all’alba e la scuola impegna, dal sesto anno di eta’, gran parte della giornata. Viene loro insegnato, oltre allo swaihli, l’inglese, lingua ufficiale della nazione, e tutte le materie classiche che conosciamo anche noi, fino alla fine delle scuole primarie, della durata di otto anni.
Un bimbo di sette anni che ho conosciuto nel mezzo del nulla parla bene le due lingue citate prima e anche l’Arabo, in quanto è musulmano, e l’anno seguente, grazie a denaro inviatogli da parenti, sarebbe andato a scuola di spagnolo.
I piu’ fortunati poi, dipende dalla distanza delle scuole dalle capanne e dalle disponibilita’ economiche delle famiglie, possono intraprendere le scuole secondarie che durano tre anni e indirizzano gli studenti alle varie professioni.
All’uscita della scuola è tempo di andare a riempire i canestri di acqua al pozzo e a seconda che si possieda la bicicletta o si vada a piedi si possono portare anche tre canestri contemporaneamente…
All’imbrunire la cena chiude la giornata di ogni abitante.
Un aspetto che caratterizza questo popolo è la serenita’ con la quale le religioni si intrecciano e convivono fianco a fianco, ogni villaggio ha la piccola moschea e la piccola chiesetta cristiana a poche decine di metri di distanza e non si sono mai verificate manifestazioni di intolleranza.
Le case sono costituite da una struttura di legni di teak legati tra di loro a formare un parallelepipedo portante, sul quale viene costruito un muro di terra, acqua e cemento (quest’ultimo solo i piu’ ricchi) e il tetto è invece formato dalle tradizionali foglie di banano intrecciate tra di loro.
Una sera rimanemmo a piedi con il fuoristrada nel mezzo del nulla e per i piccoli del villaggio fu una gran festa, infatti è evento assai raro che un bianco si fermi in mezzo a loro.
Titubanti le prime faccine nere si avvicinarono alla jeep per poi scappare di gran carriera al primo accenno di dialogo da parte mia. Poi pian piano la situazione si sblocco’, e prima una, poi due, poi oltre quaranta testoline mi accerchiarono e riempirono di domande in swahili… Naturalmente capivo ben poco di quello che avevano da dirmi, ma basto’ rivolgermi a loro in inglese per trovare il bandolo del dialogo (a onor del vero, parlano l’inglese molto meglio di me).
Attraversare le piste sterrate non è scosa semplice se fatto nei momenti nei quali i bambini sono fuori dalla scuola perché si subisce continuamente l’assalto di questi che per salutare o chiedere dolci o regali si buttano letteralmente in mezzo alla strada… e sono veramente molto di piu’ di quanti non immaginiamo…
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