Discussione: Il mio Iran in moto
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Vecchio 02-11-2013, 14:53   #3
alemanga
Mukkista in erba
 
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VI
Purtroppo mi sveglio con la febbre e qualcos’altro. Sarà una giornata di solo trasferimento. Chiudo il giro lungo il confine iraniano con l’Armenia, per poi tagliare le montagne e puntare a sud est.
Prima di girare verso l’interno faccio una deviazione verso un villaggio che avevo visto su google earth. Attraverso una stradina tutta curve e saliscendi, entro in un mondo di 1000 anni fa, con case arroccate sul monte e attaccate l’una all’altra: si tratta di un paese letteralmente nascosto dietro la montagna, poco distante dalla via che per secoli è stata battuta da ogni genere di viaggiatori e mercanti. Passo lungo l’unica strada del paese, tutte le altre sono solo impossibili da percorrere: troppo strette e ripide. I bambini mi guardano a bocca aperta, i genitori mi salutano e stringono la mano. In Iran sono vietate le moto di cilindrata superiore ai 200cc, per cui, a prescindere, suscito l’attenzione di tutti ovunque vada.
Superate le montagne, alla prima cittadina cambio i soldi e compro qualcosa da mangiare. In questo paese farò due scoperte che mi serviranno nel corso del viaggio. La prima è che se avrò bisogno di cambiare soldi non dovrò mai rivolgermi alle melli bank, ma solo ai negozi che vendono oro e gioielli; la seconda è che anche in Iran ci sono i gay e che abbordano volentieri i turisti (mi succederà diverse volte).
Arrivo ad Ardabil: vista l’ora e il mio stato di salute, mi piange il cuore ma non me la sento di fermarmi a visitare la città e preferisco proseguire. La destinazione sarà Saraeyn, centro termale ai piedi del monte Salaban, un bel 4800m. La cittadina è piccola ma stracolma di gente, tutti attirati dalle nuove strutture che ospitano piscine e offrono cure miracolose sfruttando le sorgenti calde. Ci sono molti alberghi, alcuni anche lussuosi, la sera è un viavai continuo di gente tra i negozi e dentro i bazar. Mangio in un ristorantino vuoto (non sono neanche le 8) seduto su un tappeto: sono stravolto e non vedo l’ora di stendermi. Passo un paio di volte di fronte alla vecchia stazione termale di Gavmish Goli, speranzoso, ma niente da fare: c’è sempre una coda lunghissima. Vado a nanna presto: domani ho in programma di percorrere una strada sterrata molto lunga ed impegnativa che mi porterà prima in quota poi verso la costa del mar Caspio attraversando zone desolate e (per me) affascinanti.



VII
Sto meglio, la febbre è sparita ma mi sento un po’debole, per cui abbandono l’idea di raggiungere Zanjan attraverso il percorso sterrato. Colazione a base di uova e cetrioli, con una specialità del luogo: una crema di formaggio di capra squisita, accompagnata da miele naturale servito in un pezzo di alveare: una prelibatezza. Uscendo dalla città, ai lati della strada lungo i marciapiedi o tra le macchine, mi stupisce vedere una lunga serie di tende da campeggio moderne e colorate, da cui escono persone di tutte le età dopo aver passato la notte: incredibile!
Abbandonate le strade un po’ solitarie e desolate di questi primi giorni, scopro la guida iraniana e la sua grande pericolosità: imparo velocemente le loro regole e mi adeguo.
Arrivo a Zanjan verso le 14. All’uscita dell’autostrada il casellante mi accoglie come fossi suo fratello: mi da il benvenuto nella sua città e mi ripete una frase già sentita: italian and iranian people are brothers! ci diamo una stretta di mano fraterna e dentro il casco quasi mi commuovo per tanta ospitalità.
Prendo l’hotel in centro, parcheggio la moto: cetriolo fresco di benvenuto (non mi è mai piaciuto, ma dopo questo viaggio lo mangio spesso!), doccia e finalmente mi butto dentro la città. Sono in viaggio da 6 giorni e sento ormai il bisogno fisico di camminare lasciandomi guidare dalla gente, dalle emozioni, dai profumi, dagli edifici: se cerchi la vita è per strada che la devi cercare in oriente.
È talmente tanto il desiderio di viaggiare senza il casco, che esco dall’hotel in pantaloni corti! Le occhiate della gente mi fanno capire subito che c’è qualcosa che non va e saranno due uomini che incrocio quasi subito ad aiutarmi a capire meglio: sono a rischio arresto da parte della polizia turistica se non mi cambio subito coprendo le gambe.
Torno in albergo: se sulle prime mi sono sentito privato della mia libertà e quasi costretto a subire una violenza, dopo un po’ comprendo la mia leggerezza.
Zanjan ha secondo me il bazar più bello dell’Iran. Nonostante sia piccolo e semplice, è davvero suggestivo e mi ha letteralmente stregato, al punto da passarci tutto il pomeriggio. Scopro che un bazar lo puoi visitare in due modi: camminare guardando tutti i negozi che si affacciano lungo il percorso, ma anche deviare lungo i vicoli bui per scoprire un altro mondo fatto di moschee antiche, caravanserragli, depositi di merce, magazzini abbandonati. Il tutto avvolto in un atmosfera magica che mi affascina letteralmente e che speravo intimamente di incontrare. Mi siedo diverse volte insieme ai commercianti di fronte ai loro negozi, parlo e bevo il tè con loro e con i loro amici. Hanno tutti una grande attenzione verso il turista e fanno a gara a chiederti cosa pensi dell’iran, dove andrai e cos’hai visto: la lista delle città e dei luoghi s’allungherà durante il viaggio fino a diventare una filastrocca negli ultimi giorni. Percepisco la loro curiosità e voglia di confrontarsi con l’esterno, di cui hanno una visione scolastica. Molti parlano un inglese decisamente migliore del mio. Entro finalmente a contatto con la realtà dell’Iran.
È quasi sera quando incontro un gruppo di quattro italiani che vagano nel bazar. Sono un gruppo eterogeneo come provenienza e molto simpatici. Li rivedrò nel ristorante suggerito dalla LP, dove decideremo di mangiare insieme. Dopo una cena davvero squisita, passeggeremo ancora insieme: la città è ancora piena di vita. Peccato per i lavori di ristrutturazione della moschea Rasul-Ullah, che impediscono la vista delle splendide piastrelle colorate che ne decorano gli esterni.
Vado a letto soddisfatto per tutto quello che ho visto. La grande finestra della piccola stanza riflette le luci della notte. Si sta calmando dentro di me il desiderio a tratti violento di divorare avidamente ogni cosa che viaggio. È il segno che aspettavo: sto prendendo il ritmo.

Foto 124 - 184

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Ultima modifica di alemanga; 02-11-2013 a 22:00
alemanga non è in linea   Rispondi quotando