Oggi inizio a muovermi verso Huè, l’antica capitale imperiale del Vietnam
essiccazione di riso e fieno continuano senza sosta
devo cambiare dei soldi. Lungo il sentiero di Ho Chi Min non è che ci siano delle città molto grandi. Alla prima degna di tale nome mi fermo. Nonostante la strada sterrata e piena di buche ci sono due banche: meglio i miei Dong stanno finendo ed è meglio cambiare un poco di dollari.
Non c’è il bancomat, ma fa lo stesso. La prima è chiusa, strano, sono le 11 di mattina. Anche la seconda: ma che cavolo di orari hanno ? Semplice, quelli di tutte le banche al sabato: sono chiuse. Già, oggi è sabato.
Ad un incrocio vedo però un macchinone nero = soldi e di fronte un negozio di oro e gioielli. Il proprietario parla inglese e mi cambia i dollari allo stesso tasso della banca
Mi fermo per riposarmi un poco su una specie di tavolo di legno sotto una tettoia: un contadino mi vede e mi presta l’amaca
non è che la pioggia manchi oggi e stavolta mi riparo in una tettoia a bordo della strada usata da degli operai addetti al taglio del legname
arrivo a Dong Hoi che è sera. Non sono ben sicuro di essere nel centro città, mica ho la cartina. In una specie di bar una ragazza mi dice che a casa sua ha una camera. La carico e iniziamo ad andare in giro. Dopo venti minuti il timore di qualche amico che arrivi a darmi una bella legnata in testa (me la meriterei) è fondato, ma finalmente arriviamo a casa sua. Si tratta di una stanza fuori della casa, senza finestra con un letto con materasso sottilissimo: vuole 5 dollari. La mando a quel paese e riparto. Trovo una strada un poco grande: 2 pensioni sono piene, ma infine c’è posto in un hotel, che poi risulterà la mia residenza più lussuosa di tutta la vacanza: la foto l’ho ovviamente fatta il mattino dopo
con una serie di espressioni a metà fra il ridicolo e il pietoso, la ragazza del bancone scende da 8 a 6 dollari
Il ristorante dell’albergo è chiuso, ma io mi ricordo di una specie di ristorantino proprio fuori dall’altra parte della strada. Riprende a piovere. Trovo un tavolino con delle sedie e mi accomodo. Non mi sono lavato e ho perso quasi un ora e mezza per trovare la camera e sul momento non capisco la solita domanda “An Com ?” cioè mangiare. Accade qualcosa di sorprendente. Il proprietario (nella foto è quello senza una mano) mi chiede allora “Essen ?” Non ci credo: tedesco. I miei ricordi del liceo mi permettono ancora di padroneggiare un tedesco sufficiente a consentirmi di sopravvivere e spostarmi. Parliamo in tedesco. Ha una buona pronuncia: lo deve per forza aver studiato. La cena è un piatto di ramen liofilizzati, ma va benissimo: ovviamente non scampo ai brindisi di rito
rientro in camera, doccia poi gironzolo per la hall: sento della musica da una stanza. Apro la porta: ma volevi dire che non ci fosse una stanza per il karaoke ?
sono una famiglia in vacanza. Domani rientrano e sono con l’autista e la guida. Alcol a gogò (anche l’autista): mi offrono gli snack e la vodka
Dopo il ventesimo brindisi, inizio a versare la vodka nel fianco del divano, facendo finta di bere