Tensione alle stelle in Mali, con decine di militari in rivolta che hanno dato l’assalto al palazzo presidenziale nella capitale Bamako e fonti del governo che denunciano un colpo di Stato. La scintilla è scoppiata nel campo militare di Kati, a una quindicina di chilometri dalla capitale, con la visita del ministro della Difesa, Sadio Gassama, che voleva rassicurare i soldati sull’impegno del governo nella lotta alla ribellione dei Tuareg che infiamma il nord del Paese, una regione considerata peraltro un bastione dell’Aqmi, il braccio armato di al Qaida nel Maghreb.
Decine i morti causati dagli scontri, e oltre 200.000 civili costretti a lasciare le proprie case. Gassama voleva rassicurare i militari, ma la visita al campo di Kati si è presto trasformata in vera e propria fuga, con il ministro e il suo Stato maggiore inseguito da una pioggia di pietre. I militari maliani si sentono frustrati perché costretti a combattere con armi obsolete contro miliziani fortemente motivati e, soprattutto, ben equipaggiati.
Nel nord del Paese, i tuareg del Fronte di liberazione nazionale dell’Azawad - con molti rientrati in Mali dopo aver combattuto per Muammar Gheddafi - e i jihadisti di Ansar Din, stanno stringendo come in una tenaglia le fragili armate di Bamako.
Ricevo e pubblico da un amico, partito da Bruxelles, che si trova in Mali per lavoro:
"Per il momento l'incertezza regna sovrana. A parte una dichiarazione dei ribelli stanotte in tv non sono state trasmesse altre notizie. In questo momento un militare in tv ha annunciato che sono state chiuse tutte le frontiere
Per noi, quello che risulta più complicato è che apparentemente le strade di ingresso alla città e la strada per l'aeroporto di Bamako (capitale del Mali) sono state bloccate, quindi non si sa cosa fare.
Qui c'è il coprifuoco, tutto chiuso e lavori interrotti. L'Ong insieme alla quale lavoro per monitorare il progetto oggi non ha aperto in rispetto del coprifuoco.
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