Pivello Mukkista
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Lunedì 23 maggio: Kumburgaz-Uchisar (Cappadocia)
Kumburgaz è un sobborgo di Istanbul, una lunga fila di alberghi sulla costa, tutti più o meno uguali: siamo nella periferia occidentale, ancora in Europa, già nel pieno di un traffico caotico. Attraversiamo Istanbul su strada normale, possiamo osservare la vita animata, i modernissimi grattacieli di quello che è ormai il centro della metropoli, intravvediamo da lontano la penisola sulla quale è situata Sultanahmet, la zona di Santa Sofia, della Moschea blu, del Topkapi e del Gran Bazaar. Non puoi lasciare un metro davanti a te che viene subito occupato da qualche automobile, ma tutti stanno per i fatti loro, non ci sono atteggiamenti volgari, azioni aggressive, intrusioni violente. Insomma, ci vuole grande attenzione, ma il traffico di casa nostra è spesso più pericoloso.
In compenso non si finisce mai di guidare tra le case: Istanbul è una città enorme. Kumburgaz dista circa 40 chilometri dal Bosforo, quaranta chilometri di città. Per uscire da Istanbul dovremo percorrere un'altra quarantina di chilometri, gli ultimi quartieri li troveremo oltre ottanta chilometri dal Bosforo. Una città immensa di oltre 12 milioni di abitanti. Vediamo dei cartelli che riportano il numero degli abitanti: 12.....936. esatti all'unità: ma come fanno, quando piantano il cartello gli abitanti sono già aumentati di qualche migliaio.
Cerchiamo Gebze, chiediamo un paio di volte per il Tubitak Gebze Yerleskesi, il centro scientifico nel cui parco sorge il monumento ad Annibale. Lo troviamo facilmente e, consegnato il passaporto, non c'è problema ad entrare. Anzi, sono proprio le guardie al cancello a consigliarci di entrare con le moto.
Il monumento, una grande roccia con il bassorilievo di un volto posta in mezzo ad un grande spiazzo circolare circondato da cipressi, è situato su un'altura dalla quale si scorge - in lontananza ed ormai tra le case - il mare.
Siamo emozionati: la prima delle mete di questo viaggio è stata raggiunta. Tavole di pietra riportano, in varie lingue, anche in italiano, le vicende e le motivazioni di quel monumento.
Di Annibale, oltre ad innumerevoli nomi di luoghi, non sono rimasti monumenti, nè tantomeno è noto il luogo della sue sepoltura: sono rimaste le sue gesta ed il suo modo di condurre la vita, il cui ricordo è degno di essere conservato in un luogo come questo, inondato di luce. A questo abbiamo inteso dedicare il nostro omaggio.
Raggiungiamo veloci l'ottima autostrada per Ankara, superiamo la capitale, anch'essa ormai una metropoli, con la sua corona di quartieri satellite, costituiti da una motitudine di palazzi tutti uguali di una decina di piani, addossati l'uno all'altro, i terrazzini distanti pochi metri.
Passiamo veloci, filiamo verso la Cappadocia: siamo ormai nel pieno dell'altopiano anatolico, fra colline tondeggianti ma ad una quota sul mare piuttosto elevata. Il primo temporale - indossiamo le tute da pioggia - ci coglie all'improvviso, ma dura poco. L'autostrada diventa una strada a due corsie, continuamente rappezzata e con cantieri stradali sempre più numerosi e lunghi: ormai fa buio ed i fari delle nostre moto incrociano quelli degli innumerevoli mezzi al lavoro. Insomma, la velocità autostradale è un ricordo e la frescura del vento in faccia è sostituita dal polverone.
Poco oltre Aksaray ci fermiamo per un boccone: il primo assaggio di una Turchia rurale e genuinamente ospitale. La cena, per quanto frugale e veloce, è una festa: ne conserviamo, con le foto, un affettuoso ricordo. Ancora una settantina di chilometri su buon asfalto dalla grana grossa, ruvido ma senza buche, e siamo in Cappadocia. Arriviamo a Uchisar che è tardi, perdendoci il mitico primo impatto con la Cappadocia. Al Kale Konak, che Aldo ha scelto per noi, ci hanno aspettato: un momento per apprezzarne il buon gusto e l'originalità (le stanze sono scavate nella roccia), una doccia e a nanna. Ci godremo tutto, con calma, domani. Ottocentodiciannove chilometri, troppi: non serve la buonanotte, stiamo già dormendo da un pezzo.
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