Prima parte
30/07/2010 Verona – Nürnberg Feucht Ost (570 km)
L’appuntamento è alle tredici al casello di Verona Nord. Sulla A22 il traffico è abbastanza tranquillo, il tempo è bello e non fa nemmeno troppo caldo. Arriviamo rapidamente al Brennero, dove ci coglie una pioggia leggera mentre parcheggiamo le moto per una breve sosta. In Austria e Germania, andatura mista che alterna tratti allegri ad altri al rallentatore, soprattutto intorno a Monaco di Baviera. Sarà che finalmente siamo in viaggio, ma riesco a gustarmi anche l’autostrada in Germania con i suoi ampi saliscendi ed una campagna verdissima. Ci fermiamo alle venti in un motel di fianco all’autostrada. Cena con wurstel e birra nel ristorante dell’area di sosta. Dormo male, disturbato dal fumo stantio che impregna la stanza.
31/07/2010 Nürnberg Feucht Ost – Kiel (714 km)
Dopo un caffè ingollato di corsa senza fare molto caso al suo sapore, ci mettiamo in strada alle sette di mattina. Belle le colline intorno a Würzburg, ma poi la tappa di trasferimento diventa massacrante fra cantieri e lunghe code di caravan tedeschi che si spostano sul Mare del Nord per le vacanze. Gli ultimi cento chilometri fra Amburgo e Kiel sembrano non finire mai. Arriviamo al porto di Kiel alle 17, appena in tempo per imbarcarci sul ferry boat. Siamo gli ultimi e parcheggiamo vicino ad un gruppo di svedesi. Li osserviamo con la coda dell’occhio ancorare le moto ai ganci sul pavimento e facciamo come loro. Penso: sono scandinavi; saranno abituati ai traghetti con tutti i fiordi che ci sono lì. Alla fine, un marinaio passa in rassegna i mezzi; scrolla una cinghia qui, ne aggiunge un’altra là, un colpo di martinetto, infine annuisce. Si può salire in cerca della cabina prenotata già tre mesi fa.
01/08/2010 Gothenburg - Stockholm (483 km)
Mi sveglio presto e salgo sul ponte esterno poco prima che la nave entri nel canale che conduce al porto di Gothenburg. Davanti a noi si affollano quattro o cinque navi di diverso tonnellaggio che si muovono in ogni direzione. Il cielo è plumbeo e promette la pioggia che puntualmente ci accoglie appena scendiamo lo scivolo che conduce al molo. In moto, nessuna formalità doganale né controllo dei documenti. Sotto la pioggia battente, percorriamo i primi duecento chilometri senza vedere nulla di più delle nuvole di acqua sollevate dal raro traffico che percorre la E20. Poi la visibilità aumenta e la guida diventa piacevole. Boschi di conifere si alternano a prati e campi di orzo maturo. Qua e là fattorie rosso mattone profilate di bianco occhieggiano un po’ defilate. Molti gli autovelox che obbligano all’attenzione e alla moderazione nella guida. Per il pranzo, usciamo di qualche centinaio di metri su una strada bianca che ci conduce in riva ad un laghetto. Da un lato, i resti del muro di cinta di un piccolo monastero e dall’altro, una baracca in legno che ospita un piccolo ristoro condotto da tre signore molto divertite del nostro disorientamento. Mangiamo piccole polpettine di carne su una fetta di pane.
Nei pressi di Stoccolma incappiamo in un ingorgo che superiamo passando con cautela fra le colonne di auto che perlopiù si spostano lateralmente per farci strada. Grazie al navigatore GPS troviamo rapidamente l’albergo prenotato in centro e la sera facciamo una passeggiata in Gamla Stan, la città vecchia di Stoccolma. Sarebbe bello fermarsi qui qualche giorno e scoprire la città raccontata da Stieg Larsson, ma le strade verso nord ci aspettano e non vedo l’ora di ripartire.
02/08/2010 Stockholm – Sundsvall (378 km)
Utilizziamo la mattinata per una passeggiata all’isola di Skansen, ma rinunciamo al proposito di visitare il museo Vasa. Il tempo è poco e la visita sarebbe forse più un tormento che un piacere. Mentre torniamo all’albergo, il cielo si scurisce e carichiamo i bagagli bagnati dai primi goccioloni. L’uscita dalla città è agevole e presto ci troviamo sulla E4 con una visibilità ridottissima e un traffico decisamente più pesante di quello di ieri. Poco dopo Uppsala le nuvole si aprono ed esce un sole splendente. A Mehedeby, il primo assaggio di un fiordo con un lungo ponte sospeso che attraversa l’acqua blu cobalto. La strada è bella e, siccome si va piano per forza, gli occhi possono soffermarsi sul panorama che sfila ai lati. Poco prima di Sundsvall ci mettiamo alla ricerca della nostra prima hytte, ma la ricerca dura poco perché, fermi in coda ad un semaforo, siamo sfiorati da un bus di linea in corsa che lascia due segni profondi sulla borsa di sinistra. Poteva essere una tragedia e invece per fortuna ce la caviamo solo con un grande spavento. Ci rifugiamo un po’ smarriti in uno Scandic Hotel poco lontano e ci concediamo una birra fresca che ci rinfranca.
03/08/2010 Sundsvall – Luleå (531 km)
La giornata è soleggiata e sempre sulla E4 viaggiamo nel saliscendi che taglia la foresta con aperture improvvise su fiordi e fiumi. Il traffico modesto alleggerisce la guida, sempre trattenuta tuttavia dai bassi limiti di velocità e dai numerosi rilevatori che punteggiano la strada. A Luleå finalmente troviamo la nostra prima hytte: piccolina, rossa, costruita con spesse tavole incastrate fra loro, due letti a castello e un angolo cottura essenziale, il bagno è comune, ma molto bello e pulitissimo. La sera è dolce e luminosa; il sole indugia a lungo sull’orizzonte prima di scendere dietro i rilievi lontani.
04/08/2010 Luleå – Kautokeino (570 km)
Alle 3.30 il cielo è sereno, tranne poche nubi rossastre ad est illuminate dal sole nascente. Tre ore dopo, invece, è coperto e mi crea un po’ di inquietudine il ricordo dei racconti di chi è già stato quassù sulla pioggia e sul vento che si incontrano da qui in avanti. Alle sette siamo in marcia e proseguiamo ancora per una quarantina di chilometri sulla E4 fino a Tore, dove lasciamo la costa baltica per immetterci nella E10. La strada costeggia un largo fiume in cui si specchiano basse colline coperte di nere conifere. A Överkalix deviamo a destra prima sulla 98 e subito dopo sulla 392 che ci condurrà a Pajala. Dopo una ventina di chilometri incrociamo il circolo polare artico; sulla sinistra della strada, un paio di costruzioni chiuse e un piccolo mappamondo arrugginito segnano il luogo, ma il ristoro è chiuso forse da anni e l’area ha un aspetto desolato e triste per cui, scattata una foto, ci affrettiamo ad allontanarci. La strada si alza e procede sulle dolci ondulazioni punteggiate di specchi d’acqua azzurro brillante ora che il sole ha dissolto le nubi; quando ridiscende nella valle, il primo incontro con un paio di renne che brucano, fuggevoli apparizioni nella cunetta al lato della strada. Pajala è una tranquilla cittadina di campagna e ci accoglie con una pasticceria che sembra il salottino di casa della signora che la gestisce. La torta al limone che prendo è stupenda, come pure le altre a cui rinuncio. Ci sentiamo ormai arrivati anche se mancano ancora trecentosessanta chilometri a Kautokeino, ma invece il bello comincia adesso. La 395 segue per una cinquantina di chilometri il fiume Torne con bellissime vedute sulle sue anse, gli isolotti, le rapide spumeggianti e poi lo abbandona, perdendosi nella campagna abbastanza desolata verso Vittangi. La strada è stretta, ma incrociamo solo qualche camion, poche auto e numerosi cantieri per il rifacimento della strada. Allora, tutto il traffico scorre su una sola corsia di terra battuta, ma il fondo è compatto e non ci crea difficoltà. È l’una passata e, giunti a Vittangi, cerchiamo un posto in cui fermarci a mangiare qualcosa, ma troviamo solo un fast food un po’ dubbio in cui comunque la pizza è commestibile. Riprendiamo la E45 verso Karesuando, ma presto la strada diventa un incubo per una quindicina di chilometri. L’asfalto è stato completamente smantellato e tutta la sede stradale è ricoperta di ghiaione smosso e profondo; l’anteriore affonda, il manubrio è come impazzito ed il posteriore scodinzola che è un “piacere”. Inevitabilmente, andiamo piano e cerchiamo davanti a noi i tratti che ci sembrano più solidi, utilizzando l’intera larghezza della strada. Tuttavia, non è cosa semplice perché in entrambe le direzioni corrono mezzi pesanti ed auto con roulotte cui dobbiamo cedere il passo, affondando in pozze di ghiaia profonda. Verso la fine del tratto, incrociamo un motociclista tedesco con una sportiva che fatica ancora più di noi e che, quando gli diciamo che ne avrà per una decina di chilometri, sbianca. Un rapido “good luck” e via. Infine, la strada torna ad essere tale e non una pista e rapidamente arriviamo a Karesuando e al confine con la Finlandia. Pochi chilometri ancora e siamo in Norvegia. L’emozione è tanta; i boschetti diventano sempre più bassi e radi e mano a mano sono sostituiti da una distesa di bassa vegetazione, la tundra, punteggiata di cuscini di fiori rossi e di specchi d’acqua azzurri. L’orizzonte è rotto da alcuni rilievi e dai coni delle tende Sami che accompagnano ogni abitazione. Infine, eccoci a Kautokeino che si estende in lungo e in largo e ci fa pensare che i Sami siano così abituati agli ampi spazi da edificare città che assomigliano anch’esse ad accampamenti. Scendiamo al Norlandia Kautokeino Hotel al cui ingresso ci accolgono quattro pelli di renna in vendita. È evidente che non si aspettano più clienti e ovunque tracce di lavori di manutenzione in corso. Sistemati i bagagli, ci piacerebbe fare una passeggiata prima di cena, ma, appena usciti, siamo assaliti dai terribili mosquitos lapponi che non ci danno tregua. Sconfitti, battiamo in ritirata in una steak house che prometteva bene secondo la Lonely Planet, ma ahinoi deve essere cambiata la gestione: la birra Mack’s non c’è più, il cameriere rimane fisso davanti alla TV nonostante il nostro ingresso e la qualità della bistecca lascia alquanto a desiderare. Pazienza.