Anche oggi la prima telefonata con il referente non ha sortito alcun effetto… “sta spingendo perché il problema si risolva” senza peraltro indicarci quale sia il problema e soprattutto un ufficio locale dove parlare di persona con qualcuno. Ad Amman nevica ed ho idea che se ne stia al caldo davanti ad un monitor inviando o leggendo qualche mail tra un caffè e l’altro.
In teoria una conquista l’abbiamo già fatta: una decina di giorni prima della nostra partenza ci aveva comunicato che forse sarebbe stato necessario portare il box alle dogane centrali di Amman, deposito mezzi stranieri in entrata, aprirlo di fronte a noi e sdoganare i nostri veicoli.
Al mio disappunto e soprattutto grazie al fatto che sapevamo che altri amici avevano eseguito la procedura ad Aqaba, lo spedizioniere italiano e Ali ci avevano poi confermato che avrebbe fatto tutto qui al porto, risparmiandoci il trasferimento su autotreno di 350 km.
Non ci perdiamo d’animo, noleggiamo un’altra auto per 2 giorni.
Si va a Petra.
Nel tardo pomeriggio prendiamo dimora nell’albergo e poi un salto alla reception del sito: per la serata è prevista una visita notturna con il percorso nel canyon illuminato dalle candele. Whooo… sarebbe stupendo. Ma il vento gelido di ieri tira ancora forte e così all’ora di cena l’albergatore, che è sempre in contatto con la struttura, ci comunica che è annullata.
Cielo plumbeo, freddo becco, poca gente in giro. I tassisti alle 8.30 sono già all’entrata in attesa dei turisti. Ne prendiamo un paio e ci facciamo portare in alto alla Piccola Petra, poi discenderemo a piedi verso la parte più importante.
Là in fondo c’è una scaletta… piantina alla mano sembra l’inizio di un percorso… andiamo.
Due ore tra salita e discesa di un altopiano roccioso. Le Giovani Marmotte che sono in noi sono tutte orgogliose di essere uscite dai soliti percorsi per turisti attempati, e cosa non da poco, ci siamo anche riscaldati.
Ci seguono una famiglia di francesi e una coppia anglofona.
Ritroviamo una pista battuta da 4x4 nel pianoro sottostante. Un rapido sguardo al GPS indica il centro di Petra distante ancora qualche km, per cui appena passa uno dei pick-up che fanno su e giù raccogliendo Giovani Marmotte provate dalla camminata, decidiamo di salire a bordo senza alcuna vergogna.
Ci lascia all’imbocco della scorciatoia per il Monastero… altra salita e discesa a gradoni, con il pregio del bar tendato a metà strada dove ci facciamo un tè caldo e una sigaretta.
Finalmente il Monastero e il punto di ristoro, dove facciamo pausa divorando le leccornie salate e dolci che avevamo comprato questa mattina in panificio. La stufa a legna nella veranda chiusa inviterebbe ad una sosta più lunga: fuori ci sono veramente pochi gradi.
Riprendiamo a scendere sul sentiero in mezzo alle montagne e capisco come possa essere rimasta nascosta e dimenticata per secoli dopo il suo abbandono. Le montagne circostanti non offrono molti punti di riferimento e le gole attraverso cui si sviluppa una delle sette meraviglie del mondo celano in modo sorprendente ogni piccolo gioiello.
Uscendo dal Siq inizia pioggia mista a neve ghiacciata e in pochi minuti le rocce scaricano a terra, essendo perfettamente impermeabili e levigate in alto dal vento. Ragion per cui durante i mesi invernali sono presenti mezzi anfibi nelle gole tra il Tesoro e la facciata dei Re: con piogge intense può rendersi necessaria l’evacuazione immediata dei visitatori.
Più tardi a cena davanti ad uno stufato di cammello ci mettiamo a disquisire sulle tecniche di costruzione e lavorazione della pietra dei Nabatei: assodato che per lavorare in alto dovevano erigere impalcature in legno, abbiamo pensato che magari sarebbero stati più comodi dei trabattelli con le ruote facilmente spostabili.
E’ stato un attimo e abbiamo deciso che d’ora in avanti per noi sarebbero stati "I Trabatei".