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NORTON chi vuole partecipare?
Parlavamo di Norton da qualche altra parte, ecco un aggiornamento di OMNIMOTO del 18 novembre 2019:
Il marchio inglese si affida alla community per completare la produzione di alcuni ordini e investire in ricerca e sviluppo. La cifra? 1 milione di sterline Aria di crisi in casa Norton Motorcycles, che dopo aver presentato lo scorso anno la Atlas 650 e un piano industriale che prevedeva di tornare tra i marchi “che contano” in breve tempo, si trova a chiedere l’aiuto dei tanti fan sulla piattaforma digitale CrowdCube. La storia Il marchio inglese ha infatti aperto una campagna sul popolare portale di crowdfunding per raccogliere le prime registrazioni di “utenti interessati”. Al momento non è possibile donare, ma semplicemente iscriversi a una newsletter per ricevere aggiornamenti. Il milione di sterline richiesto per la raccolta fondi servirà, secondo i piani di Norton, per completare la produzione di alcuni ordini già ricevuti, incrementare quella di Atlas 650 e V4RR e investire anche su Ricerca&Sviluppo. I numeri Nonostante la richiesta faccia pensare ad una crisi della casa di Donington Hall, che però dichiara di aver venduto moto per 55 milioni di dollari (probabilmente dal 2008) e di aver 38 milioni di capitale in moto ordinate, il crowdfunding, secondo Norton Motorcycles, “darà l’opportunità a clienti e appassionati del marchio di diventare parte della compagnia”. La domanda sorge spontanea: può un solo milione di sterline cambiare le sorti di un’azienda storica come Norton? Per saperlo dovremo aspettare che la campagna porti i suoi frutti. |
Tranquillo. Mio fratello sta già vendendo tutto e se la compra per intero. [emoji23][emoji23]
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Un link?
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Quote:
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Da Carlo46 a Norton46 ...
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Per chi vuole in privato L importatore di norton ha in vendita alcuni modelli a prezzo di costo se a qualcuno può interessare
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Già il costo è esorbitante... Anche se a me piacciono da morire.
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Geminino non esiste alcun importatore Norton in Italia in questo momento e da parecchi mesi ormai. Così come non mi risulta ci siano moto in vendita a prezzo di costo. Solo un rivenditore di Milano ed uno di Napoli, quest'ultimo peraltro storico, hanno un paio di esemplari di Commando in vendita a prezzo normale, con qualche minimo sconto.
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la notizia mi lascia perplesso. Non per i contenuti in se, ma per le motivazioni addotte al crowfunding, ovvero in primis sostenere la produzione degli ordini già in essere. Insomma stanno ripetendo l'esperienza delle prime Commando 961 quando non erano finanziariamente in grado di produrle e continuavano a raccoglier caparre in giro per il mondo. Ora, con due linee di motori completamente nuove, la situazione potrebbe essere anche più critica, inoltre ritengo che l'accordo con i cinesi per la produzione dei motori 650 bicilindrici preveda numeri di un certo respiro. Certo è quasi un ossimoro avere ordini a iosa per moto costosissime ma non avere la capacità finanziaria per attivare un volano alla produzione, sebbene è pur vero che è un problema di economia ben noto e cha ha travolto molti ed in molti settori nel passato. Direi che Stuart ancora una volta stia giocando con il fuoco, del resto ha fatto i soldi con i fuochi di artificio.
La cosa che me lo rende un poco, molto poco, simpatico è che pur avendo la possibilità di vendere a cifre notevoli tutto il pacchetto azionario, non cede perché è veramente un entusiasta del marchio e dell'inglesità tutta. Al netto di questo, è un pirata. Domandona agli esperti, ma la remunerazione ipotetica all'investitore di un crowfunding di questo tipo attraverso quali benefit si concretizzerebbe? Voglio dire non penso si entri in possesso di quote societarie, neppure minime. Quindi? |
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qui stan cercando soldi solo per evadere gli ordini in essere. Chiamale crowfounding o in altro modo figoso mi sa che marca male
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non penso che il crowfunding sia indirizzato solo a potenziali acquirenti, quanto ad investitori in senso generico. Parlo non nel caso specifico ma in generale
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trovato sul web, illuminante. Mi sa che Stuart si limiterebbe ad un "thank you Carlo!".
With an arm leverage. Il concetto alla base del crowdfunding è la ricompensa1, ovvero il ritorno che si ottiene in cambio del proprio supporto in una campagna di raccolta fondi online. Questa visione - fra l'altro - ricalca la definizione che la Commisione Europea ha dato al fenomeno del finanziamento dal basso: «La funzionalità base del crowdfunding può essere descritta come una chiamata aperta, realizzata tramite Internet, per la raccolta fondi presso il pubblico a sostegno di iniziative specifiche di piccoli fundraiser. Gli investitori o i prestatori possono dare il proprio contributo attraverso una donazione pura (ricompensa intangibile), oppure in cambio di una qualche forma di ricompensa a compensazione del rischio finanziario assunto (ricompensa tangibile)»2. Sulla base delle differenti ricompense o ritorni disponibili è, quindi, possibile identificare le diverse tipologie di crowdfunding esistenti. Occorre, però, una precisazione: ricompense e ritorni (dall'inglese 'return') vanno anzitutto distinti tra finanziari e non finanziari. Nel primo caso ci si riferisce, più propriamente, alla realtà del crowdinvesting, dove si ottiene un rendimento sul capitale investito espresso dai flussi di cassa che verranno generati in futuro dai titoli finanziari acquistati3; nel secondo ai modelli di crowdfunding in cui non vi è una remunerazione del capitale investito. Inoltre, proprio sulla base della della differente classificazione di ricompensa, finanziaria o meno, si determina l'applicazione dell'IVA alle varie tipologie di crowdfunding. Fra le forme di crowdfunding non finanziarie si annoverano le seguenti tipologie classiche: reward e donation. Nel modello reward, i sostenitori di una campagna (anche definiti con il termine anglosassone 'backer') ottengono una ricompensa di natura non finanziaria, come un prodotto o un servizio, in virtù del loro contributo per la realizzazione del progetto stesso4. E' utile sottolineare che, a differenza di quello che si potrebbe pensare, la ricompensa, nel crowdfunding, non riguarda unicamente questo modello propriamente definito reward-based, ma - come ricordato sopra - è connessa a tutte le tipologie di finanziamento collettivo. Per quanto concerne il donation-based crowdfunding, con esso le persone donano altruisticamente il proprio denaro, non ricevendo - in cambio - alcuna ricompensa o, al massimo, ricompense simboliche, spesso intangibili. Dunque, in generale, quando vi è una ricompensa immateriale si parla di donation, quando è tangibile di reward. Al contrario, le forme di crowdfunding finanziario, che riconoscono ai backer un ritorno sul capitale investito, sono le seguenti: equity, social lending5, invoice trading e royalty. Nella raccolta di capitali equity-based si investe in azioni o quote di una società, dunque «la ricompensa è rappresentata dai diritti patrimoniali e amministrativi che derivano dalla partecipazione nell'impresa»6. Il social lending, invece, riguardando prestiti online, offre come ritorno per gli investitori il pagamento degli interessi sul capitale imprestato che avviene, solitamente, a rate. Nell'invoice trading7 - che consiste nell'anticipo di fatture online - i finanziatori ottengono una remunerazione pari alla differenza tra il valore di liquidazione della fattura ed il prezzo di acquisto della stessa. Nel royalty crowdfunding la ricompensa coincide con le royalties - ossia con una quota parte dei profitti - che il progetto finanziato pagherà in futuro ai backer, in base al rispettivo apporto economico. In definitiva, solamente il modello reward-based offre - effettivamente - una ricompensa tangibile, ossia materiale. Al contrario in tutte le altre forme di crowdfunding la ricompensa è intangibile, vale a dire immateriale7. Infatti nel modello donation è puramente simbolica, mentre in tutte le altre tipologie di crowdinvesting si acquistano titoli finanziari che - con l'avvento di Internet - sono dematerializzati. |
É un investimento.
Ad altissimo rischio. CrowdCube è la piattaforma comunemente usata. |
figa, ma allora quelli che si mettono con un cartello "ho fame" basterebbe che scrivessero "crowdfunding" e farebbero un figurone !
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Oddio. Non proprio tutti quelli che fanno crowdfunding stanno con le pezze al culo.
Le forme di ritorno non finanziario a cui si fa riferimento nel testo riportato da Carlo46 non esistono su CrowdCube. Quelle sono le soluzioni che vengono, in genere, adottate su KickStarter dove c'è gente che sta partendo con un progetto – di solito da zero – chiede fondi ed in cambio ti da il prodotto o il servizio (o una combinazione di). Su KickStarter c'è della mondezza allucinante in genere. E qualche (rara) perla. |
Io ci vedo tanto di swm e fantic dei bei tempi. Non avevano carenze tecniche, anzi erano all'apice, ma han fatto il passo più lungo della gamba e hanno chiuso. Io penso che non esista spazio per ditte che fanno prodotti di nicchia. Perché non ce la fai. Gli esempi sono numerosi. Gli auguro di finire in mano a cinesi buoni che tutto sommato in più casi han dato risultati eccellenti.
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si, condivido il non disprezzo per le forme di finanziamento di tipo crowdfunding, perfettamente allineate ai tempi e molto dirette al pubblico più vasto. Nelle forme in cui la ricompensa sono partecipazioni azionarie nel capitale societario la si può vedere come un'acquisizione di titoli altrimenti non disponibili per società non quotate. Tuttavia non saprei se questo è il caso della Norton, la cifra è oggettivamente decisamente contenuta se lo scopo fosse quello di aumentare il capitale. Alla fine credo non avranno alcuna difficoltà a rastrellare un milione di sterline fra appassionati di tutto il mondo, a prescindere da eventuali investitori che ritengo saranno ben più cauti. A me piace questo sforzo 'romantico' di qualcuno che nel 2020 vuole ancora realizzare qualcosa che traguardi una rinascita industriale esclusivamente europeo, inglese in questo caso, senza cedere ai soliti capitali cinesi o indiani. Ma la vedo dura. Anche se l'orgoglio britannico e l'amore per il marchio potrebbero fare miracoli.
By the way parliamo della più antica casa motociclistica del mondo. |
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Attenzione, da quello che dicono i possessori, non e’ che Norton avesse una qualita’ molti più alta delle cineserie appena citate....
E’ una moto per chi ha del tempo da perdere d si diverte dai meccanici Dico una bestemmia, forse io prederei una thruxton r o una thruxton tfc se avessi voglia di spendere di più, non fosse altro per quei 20 cv in piu’ che possono giustificare parzialmente la spesa |
Bim, la Norton ha qualità disomogenea, non da cineseria. Telaio, sospensioni, ruote e molte finiture sono di qualità eccelsa, viceversa alcuna componentistica decisamente modesta, soprattutto la sensoristica ( e i cavi candele :mad:)).
Detto questo una Thruxton non ha niente a che vedere con una Commando, e con le motivazioni per le quali si può ritenere di preferire una Commando 961. Visto che hai avuto una sportclassic è come paragonare una Paul Smart ad una supersport Ducati odierna. Nulla a che vedere. ps anche la Tornado, moto che potenzialmente adoro e che prima o poi vorrei prendere, aveva componentistica qua e là penosa. |
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PRima ti devi creare una posizione sul mercato e una rete , le spalle forti, poi puoi fare i voli pindarici. I tempi di Bimota o Norton o MV agusta o altri che vogliono fare le moto di pregio senza una solidita' economica e di mercato alle spalle sono finiti. Altrimenti fai come quei marchi , che passano da un fallimento all'altro e da improbabili piani di rilancio a misere scomparse continue. PErche' tra l'altro, e' una bella pretesa fare il prodotto esoterico senza avere alle spalle una struttura e un know how tecnico all'altezza nemmeno di fare un prodotto normale. Al massimo di esoterico hanno una accozzaglia di pezzi assemblati comprati qua e la' e qualche pezzo lavorato dal pieno, cosa che ormai sa fare chiunque. |
fai di tutta l'erba un fascio. Bimota, Norton ed MV hanno storia recente ben differente. Norton sta cercando di fare proprio quello che dici tu, con tutte le difficoltà del caso. Per otto anni dalla rinascita ha prodotto un solo modello, motoristicamente obsoleto e nel solco della tradizione. Ha consolidato le reti di vendita in molti paesi (non in Italia, però). Ha acquistato la sede e ne ha fatto lo stabilimento. Successivamente si è rilanciata nelle corse al TT, infine ha progettato nuovi evolutissimi motori e nuove moto e definire la V4 un'accozzaglia di componenti non mi sembra davvero il caso. Ora ovviamente hanno il fiato finanziariamente corto, ma il business plan è perfettamente studiato e centrato sulle potenzialità del marchio. Servirebbero solo altri capitali ma Stuart non vuole cedere quote, se non forse ad inglesi, questo è il nodo.
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