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made in Japan
Riporto un'articolo preso dal sito di Motonline del direttore Luigi Rivola. Trae conclusioni interessanti circa la crisi delle case Giapponesi, che io condivido in buona parte. Voi cosa ne pensate?
I giapponesi sono in crisi?di Luigi Rivola Sono ancora nettamente i più forti dal punto di vista industriale, tecnico ed economico, ma mostrano incertezze e commettono errori che una volta non avrebbero mai fatto Le quattro marche giapponesi Honda, Yamaha, Suzuki e Kawasaki (rigorosamente in ordine di grandezza, almeno dal punto di vista motociclistico) dominano lo sport e il mercato motociclistico mondiale da quarant’anni, un periodo lunghissimo che ha consolidato la loro leadership rendendola pressoché inattaccabile. Ma tutti sappiamo che l’eternità sulla Terra non esiste: anche gli edifici più robusti senza la corretta manutenzione crollano. E a me sembra di vedere, da un po’ di tempo a questa parte, qualche brutta crepa nei muri delle Case giapponesi. Gli scricchiolii più avvertibili arrivano dallo sport, e in particolare dalla sua massima espressione, il campionato MotoGP dove due sole marche sono competitive e una di queste – la Honda – vive da anni nell’incubo di un suo ex pilota che la demolisce regolarmente in sella alla Yamaha. Entrambe spesso si fanno battere da quel mostro di tecnologia che è la piccolissima Ducati. E anche questo non sarebbe mai accaduto in passato, almeno non nella classe regina. Le Case giapponesi – Kawasaki esclusa, sia perché si è ritirata, sia per non aver mai concluso nulla – sembrano più impegnate a difendere questa MotoGP per principio e con i paraocchi, che a tentare di recuperarne l’antico splendore con le sagge e lungimiranti decisioni che i loro vecchi dirigenti avrebbero senz’altro preso. Difendono con le unghie e coi denti la gestione della Dorna, che con tutta una serie di errori sempre da loro approvati è all’origine dello spopolamento del campionato, e addirittura la Honda si è resa complice di quella obbrobriosa rivoluzione che è il campionato Moto2, un monomarca che esclude la partecipazione ufficiale delle Case e che propone motori derivati di serie nel mondiale prototipi, il tutto per esaltare al massimo la classe che verrà propinata come la Formula 1 delle moto, facendo finta di ignorare come sta finendo a sua volta la Formula 1… In ogni caso, le Case giapponesi, che rispedivano in catena di montaggio i loro ingegneri del reparto corse se sbagliavano qualcosa, non avrebbero mai accettato, un tempo, di affidare a chi aveva causato tanti grossi guai, la ricerca della soluzione. Il risultato è che l’unico campionato mondiale che cresce per importanza e partecipazione è quello delle Superbike, che i top manager giapponesi valutano solo come un giochino, appena tollerato, delle loro filiali europee. Furbissimi! Passando alla produzione, non mancano neanche qui i segnali di crisi, e non di mercato, ma di creatività, di strategie. I giapponesi non riescono a rinnovare la propria immagine e quella della propria gamma: sono ancora tutti presi dalla corsa alle prestazioni e alla tecnologia, quasi dovessero ancora dimostrare di essere i migliori, e sembrano non rendersi conto che il tempo delle ipersportive da 200 CV sta per scadere e che devono prepararsi a coprire le esigenze di un nuovo pubblico. Magari anticipandole. L’unica grande novità all’orizzonte sembra essere la decisione di non partecipare ai grandi Saloni internazionali: una bella pensata che dimostra come oggi si privilegino le decisioni facili – e magari sbagliate – rispetto a quelle più difficili da attuare. Non ci sono più i manager di una volta… |
Mi sembra uno scritto pieno di ovvietà ed approssimazione.
Potrei farlo anche io il direttore per scrivere queste cose. La unica verità è che i giapponesi sono in crisi perchè è in crisi il loro sistema paese. Ma è un discorso troppo complesso per un direttore di riviste di moto. E forse anche per i suoi lettori. |
comunque ovvietà per ovvietà, mi spiegate qual'è il motivo per cui la Honda e la Yamaha, per esempio, non tirano fuori dal cilindro delle superenduro degne di questo nome.
Quando ero piccolo Africatwin e supertenere spopolavano, poi più niente e si sono limitati ad osservare lo strapotere commerciale di bmw con i gs. Ma commercialmente parlando scelte del genere da cosa dipendono? Gli errori si possono commettere, ma non cosiderare per cosi tanti anni il mercato delle enduro stradali come si fa? |
di Rivola preferisco di gran lunga gli articoli di storia del motociclismo :!:
comunque: Quote:
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Quoto mangiafuoco!
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di tutta la analisi quella dell'ambito sportivo e' tutto sommato la meno interessante, mi sembra molto piu' importante quella dell'ambito produzione e mercato, che invece viene liquidata in poche righe.
E' vero, i jap, pur non dovendo invidiare nessuna tecnologia a nessuno,sono sempre a rimorchio nell'individuazione delle nuove tendenze e dei nuovi sbocchi, dove le mode le inventano gli europei e poi loro tamponano inseguendo alla meno peggio. Ma se non si fosse tanto limitati al nostro "mercatino" ricco della vecchia europa, non dimenticheremmo pero' la situazione di monopolio assouto dei jap nell'ambito delle moto e sputer utilitari venduti a milioni di pezzi in tutto il mondo.Sudamerica,sud est asiatico, africa. Qui dovranno patire l'insidia vera, sul mercato dei grandissimi numeri e bassi costi e pretese, perche' e' dove soccomberanno ai cinesi.A questo punto non potranno continuare a essere all'inseguimento sul mercato ricco in europa/usa, dovranno cercare di lanciare nuove mode e tendenze e scrollarsi dall'immobilismo non tecnico, ma stilistico e di marketing. |
Quote:
Il tipico target dei japs invece è un cliente che max dopo due anni cambia la moto. |
Quote:
Al confronto, la stampa generalista è portata avanti da bambini dell'asilo che hanno come pubblico di riferimento... dei loro coetanei in età prescolare. Ma non è mica una novità: per trovare "qualcosa" di intelligente, bisogna comprarsi le riviste specializzate, il resto non è ovvietà, è proprio spazzatura. Ma non è che i direttori del Corsera o di Repubblica siano dei cretini: semplicemente, impacchettano esattamente il prodotto che vuole il popolo bue, altrimenti chiuderebbero il giorno dopo. |
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