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On my road
Vi posto il mio racconto pubblicato sul numero doppio dicembre/gennaio di MOTOTURISMO. ;)
APPENNINO MODENESE “ON MY ROAD” Spesso è la visione di luoghi lontani a farci sognare un viaggio in moto alla ricerca di emozioni che si credono distanti dal nostro quotidiano, fatto dei soliti posti, delle solite strade. Evasione, distacco, voglia di scoprire e vedere cose nuove, incontrare gente diversa e culture diverse sembrano per forza dover essere ricercati altrove, lontano da casa. Eppure il legame che ci unisce alla nostra terra fa sì che, nonostante la si dia un po’ per scontata, si riesca comunque ad apprezzarla nella sua bellezza, in ciò che riesce ad offrirci in termini di paesaggio, strade o luoghi da visitare. Armato solo della mia curiosità, sono partito per un giro in moto attraverso il mio “solito” appennino modenese, desideroso di vederne le “viscere”, un viaggio al centro della (mia) terra; …. e se io non sono “sceso verso il nucleo”, di contro molteplici sono le formazioni magmatiche che caratterizzano questi luoghi, testimonianze di un passato remoto sommerso dalle acque e poi venuto alla luce in seguito ad eruzioni vulcaniche. Non mi resta che farmi condurre dalla voce di una terra che sembra voler parlare di sé, delle sue origini, delle sue radici, ostentando una bellezza semplice, millenaria. Punto di partenza dell’itinerario è Sassuolo, che oltre ad essere la città in cui vivo, funge da ottima rampa di lancio nella scalata all’altimetria, trovandosi esattamente a ridosso dei primi declivi appenninici. Imboccata la SP20 in direzione Serramazzoni, dopo alcune curve paraboliche e molto panoramiche, raggiungo il borgo di Montegibbio e il suo bel castello, appoggiato su un’altura da cui prende il nome (dal latino mons gibbus, monte gobbo), luogo che in passato ospitava una “salsa” eruttiva citata da Plinio il vecchio nel 91 a.C.:”avvenne un portento grande nell'agro modenese, imperocché due monti fra lor s'accozzarono rimbalzando con forte fragore e a vicenda scostandosi, e di mezzo ad essi, benché di giorno, si vide fiamme e fumo levarsi al cielo”. Delle manifestazioni eruttive del passato resta qualche testimonianza sui prati che costeggiano la strada provinciale, chiazze fangose, poco rilevate sul terreno, al centro delle quali è più o meno evidente la fuoriuscita di gas e acqua mista a fango. Alla corte del castello si accede dopo una breve scalinata, passando attraverso un arco ottocentesco in mattoni posto in un antico muro di pietra, residuo del recinto originario; l’unico “superstite” del fortilizio medievale è l’imponente mastio che domina la corte con la sua possente mole. Vale sicuramente la pena fare la passeggiata nel parco adiacente, dove è possibile ammirare la quercia roverella e il pino silvestre; il parco fu dedicato nel 2002 all’illustre sassolese Dott. Giuseppe Medici, 6 volte senatore e ben 11 volte ministro della Repubblica Italiana. Di origine vulcanica sottomarina è il gran “sasso nero” sui cui poggia il borgo di Varana Sassi, vera perla incastonata nella roccia, piccolo agglomerato di case stretto intorno alla bella chiesa dedicata ai Santi Pietro e Paolo. In passato dominava dall’alto del sasso più grande, oggi utilizzato come palestra dagli amanti dell’arrampicata, un castello munito di una torre di difesa di cui ora non vi è più traccia. E’ con molta curiosità che scendo dalla moto per la visita del luogo, dove fra l’altro è presente un bellissimo orto botanico in cui è possibile ammirare le più importanti erbe e piante velenose od officinali di questa parte dell’appennino modenese. Mentre cammino in completa solitudine tra le vie, mi rendo conto che il paese non è costruito “sopra” al sasso, ma dentro, intorno, una simbiosi di roccia e mattone, un tutt’uno tra natura e civiltà. La piccola strada che scende dietro al paese consente di godere di una vista privilegiata della formazione rocciosa e permette di assaporare qualche curva immersi nel verde dei prati punteggiati del giallo dei fiori; proseguendo anche su alcuni tratti sterrati, facilmente percorribili dalla ruota di 21” della mia R80, raggiungo e supero Serramazzoni per poi deviare in breve verso Pompeano e la sua rocca, anch’essa aggrappata ad una rupe ofiolitica dal colore verde scuro, quasi nero, dovuto alla grande quantità di ferro e magnesio di cui è composta; nelle sue viscere si immerge una lunga galleria che termina in un lago sotterraneo la cui profondità in alcuni periodi dell’anno raggiunge i 20 metri ed è meta di visite guidate organizzate dal gruppo speleologico Modenese. Se non fosse per una latente forma di claustrofobia che mi frena, tanta è la voglia di sentirmi un po’ come Axel, il protagonista/narratore del romanzo di Jules Verne “Viaggio al centro della terra”, e compiere qualche passo nel sottosuolo alla ricerca di minerali preziosi e resti di animali preistorici……. Non riesco nemmeno a visitare la rocca a causa dei perenni lavori di restauro che cercano di riportarla all’antico splendore dopo anni di assoluto abbandono; mi godo però la bellissima vista dalla strada appena fuori il paese, dove riesco ad ammirare dall’alto il monolito in tutta la sua imponenza. Salto in sella e mi lascio condurre dolcemente dal motore 2 valvole della BMW attraverso lo stretto nastro d’asfalto che porta a Gombola, strada che sembra profanare col suo manto bituminoso l’assoluta predominanza della natura del luogo; pare infatti di scorrere su un lungo tappeto grigio steso in mezzo a prati fioriti multicolore, curvando dolcemente come fossi un pennello che dondola su una tavolozza iridescente. Giunto nella valle della Rossenna seguo a sinistra la strada che mi conduce abbastanza velocemente a Polinago, poi Pianorso fino al bivio per Palagano; solo sette chilometri separano dalla svolta a sinistra per Boccassuolo il cui nome, neanche a dirlo, si fa derivare tradizionalmente da “bocche nel suolo”, emanazioni di gas metano sprigionate dalle viscere terrestri. In questa zona si trova l’affioramento ofiolitico più imponente di tutto l’appennino modenese, nel quale sono state create nei secoli alcune miniere per l’estrazione di vari tipi di metalli tra cui oro, argento, rame, stagno, piombo e ferro. Il paese è caratterizzato dalla presenza di un campanile costruito sopra ad uno sperone roccioso, facilmente raggiungibile dopo una breve ma ripida scalinata; dalla sommità mi godo una vista a 360 gradi sulle valli sottostanti, pregustando l’imminente approdo sul Passo Cento Croci (1175 mslm), dove si trova un piccolo oratorio in cui è conservata una lastra di marmo su cui sono scolpite 96 croci bianche che a loro volta ne formano 4 più grandi, raggiungendo così il numero che dà il nome al valico. Con grande entusiasmo mi alzo in piedi sulle pedane per affrontare in fuoristrada un tratto della storica via Vandelli, costruita dall’Ingegnere Abate Domenico Vandelli nel 1738 per mettere in comunicazione Modena con Massa e oggi una delle poche ancora percorribili con due ruote a motore. La strada fu poco utilizzata dalle genti di allora perché infestata dai briganti e non transitabile nei mesi invernali a causa delle abbondanti nevicate, tanto che fù poi abbandonata e ciò causò il suicidio del suo ideatore; oggi è una meta ambita da trekker, ciclisti e ovviamente mototuristi di ogni parte d’Italia. Sono solo, intorno a me regna il silenzio, rotto ad ogni accensione dal cupo borbottio della moto, unico segno di “civiltà” in un luogo dove la natura regna sovrana. La strada è larga in principio e si intrufola in fitte foreste di faggio concedendosi spesso ampi respiri di luce fuori dal tunnel di rami, zone molto panoramiche, in cui si smette di pensare alla guida e si contempla la vista sulla catena montuosa circostante. Non è un caso che mi porta ad affrontare questo tratto in costa, ma la voglia di vedere le cosiddette “Capanne Celtiche”, tipiche costruzioni rurali la cui origine sembra risalire alle invasioni dei Celti del IV secolo a.C. Alcuni di questi edifici conservano ancora intatta la caratteristica copertura di paglia di segala e tutti la tipica forma a cuspide gradonata della facciata , testimonianze della storia di genti che tramandarono modi di costruzione arcaici, ancora oggi praticati tra la popolazione montana. Spengo la moto proprio davanti ad una di queste capanne e prendo la reflex per immortalare l’incredibile scenario naturale in cui mi trovo, dove erba, fiori, montagne, sole e cielo blu formano una cartolina da non spedire ma da conservare per sempre nel cassetto dei ricordi. Trascorro alcuni momenti di pura tranquillità, senza pensieri, godendomi la solitudine e la sensazione di pace che ne deriva, lontano dallo stress della vita di tutti i giorni. Il cartello che indica direzione “La fabbrica” mi sprona a proseguire lungo la via Vandelli, ora più stretta e tagliata perpendicolarmente da alcuni ruscelli che scendono dalla cima della montagna. Giunto in prossimità di una bella fontana in sasso mi disseto con la stessa foga con cui bevevo da bambino dopo un’intensa giornata di giochi, stanco ma felice e subito pronto a ricominciare…. Alternando tratti immersi nel fitto dei boschi ad altri dove posso godermi i panorami che si aprono allo sguardo, raggiungo il Sasso Tignoso, spuntone di roccia di origine vulcanica che emerge dal crinale con forme aguzze e dirupate. Questo ofiolite si trova sul crinale Serra S.Maria – Alpe Sigola e il suo particolare aspetto è dovuto al consolidarsi in superficie della roccia lavica incisa dagli agenti atmosferici, dando così origine a pinnacoli e torri di vari colori, dal grigio-verde al rosso-vinoso. Sceso in località Sant’Anna Pelago, poche curve mi separano dalla conclusione dell’itinerario posta in vetta al Passo Radici (1529 mslm), il cui nome, mai come in questo caso, pare essere appropriato al racconto. LINK UTILI www.parcoluoghidellanima.it www.santandreapelago.it DOVE MANGIARE: “Osteria Cà del Capitano” Via della Riva, 59 41028 Faeto di Serramazzoni (MO) Tel. 0536-955439 COME ARRIVARE: Autostrada A1 uscita Modena Nord – direzione Sassuolo http://picasaweb.google.it/belleilui...eat=directlink |
Ho quel nimero di Mototurismo sottomano... COMPLIMENTI!!!! :lol:
Continua a fare questi articoli!!! ;) |
Gran bel racconto :!:
e soprattutto gran bel modo di muoversi ;) bravo Gigi |
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