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GIORNO 07 – 20 AGOSTO 2023
Bayanzag – Khongoryn Els (133 km in moto) https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/zT7AwS.jpg La notte ha portato consiglio. Ci svegliamo con meno timori e incertezze. E siamo più motivati, anche perché l’idea di arrivare alle dune del Gobi, su un van con autista, come fanno tutti i turisti, ci sembra un ripiego da sfigati. Non so cosa sia successo nelle nostre teste, fatto sta che siamo più ottimisti. Chiedo informazioni sulle condizioni delle piste per i prossimi due giorni, perché non ci basta arrivare alle dune, ma dobbiamo anche uscirne. Gli autisti mongoli dei van non capiscono una fava, ma le guide, che parlano inglese, sanno spiegarsi benissimo e tutte ci danno la stessa informazione: oggi troverete nel tratto finale sabbia per 20 km e domani altra sabbia nel tratto iniziale per 50 km. Partiamo. Ripercorriamo più o meno l’ultimo tratto della pista di ieri, e poi un ulteriore tratto fino al villaggio di Bulgan. Qui facciamo benzina. Il rifornimento è obbligatorio e assolutamente necessario. Incontriamo un gruppo di turisti francesi con la loro guida. Uno di loro parla italiano perché è di origine friulana, come Alberto. La guida ci conferma le condizioni delle piste. Basta è deciso: si fa e bella che finita. In fondo sono 130 km, meno di ieri e dell’altro ieri. La pista corre verso est in mezzo al deserto. Sarà che siamo motivati, ma ci è sembrata meno ostica di quella fatta finora. Intendiamoci, il toulé ondulé è sempre presente, ma non mancano tratti più soffici. Erba neanche a parlarne ovviamente. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/qsz5GL.jpg C’è appena più movimento rispetto allo zero dei giorni scorsi. Qualche van ogni tanto, mica chissà quale traffico. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/yW8fS0.jpg Non abbiamo fretta. Siamo stranamente rilassati. Ci prendiamo tutto il tempo che vogliamo. In cielo volteggiano le aquile, che hanno tutto il tempo pure loro. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/Vyrr5D.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/1TlOed.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/DiKlqi.jpg Alla nostra sinistra corre sullo sfondo una catena montuosa di rocce scure, parallela alla nostra traccia. Sembra impenetrabile, eppure un punto per passare deve pur esserci, perché dall’altra parte dobbiamo arrivare. Guidiamo cercando di intuire un varco per attraversare le montagne, una valle, un canale, insomma qualcosa. Sembra che non ci sia nulla. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/UIBdXA.jpg Dopo un centinaio di chilometri la pista piega decisa verso sud, puntando diritta a questa catena montuosa. Proprio all’ultimo, quando ci sembra di sbatterci contro, appare d’improvviso una valle nascosta che sale tra le cime appuntite. Bene, abbiamo trovato il passaggio. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/IsGjlB.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/4TV32N.jpg Il fondo si fa leggermente più sassoso, ma si prosegue bene. Raggiungiamo la sommità della catena, presso una specie di pianoro sopraelevato. La pista spiana e poi prosegue in moderata discesa verso sud-ovest. Gli spazi si amplificano. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/fLu7oL.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/fX4ugt.jpg In lontananza si vendono nel loro candore accecante le dune di Khongoryn Els che anticipano un’altra catena montuosa di roccia scura. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/yEJVhZ.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/rrub2H.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/sOoX29.jpg Scendiamo nella pianura antistante le dune. Qui il fondo, come dettoci dalle guide, è prevalentemente sabbioso, ma non incontriamo particolari difficoltà. Le dune si fanno sempre più vicine. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/t4Qxj3.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/UkSkL0.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/rkmq63.jpg Arriviamo quindi al campo tendato Gobi Discovery Khongor. E’ metà pomeriggio e non c’è ancora nessuno. Ci danno subito una tenda e ci sistemiamo. Più tardi arriveranno tre ragazzi olandesi in moto e un gruppo di turisti asiatici con guida e van. Nessun altro. Strano. Il luogo è la principale meta del Gobi. Chissà dove sono finiti tutti i turisti che abbiamo incontrato lungo la strada? Forse in altri campi che sorgono un po’ più ad est. Meglio così. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/j7xxQp.jpg Il nostro campo è veramente molto confortevole. I bagni hanno docce e cessi nuovi e pulitissimi. Si sta proprio bene. C’è pure una parabola piantata per terra che assicura, in ‘sto posto lontano da tutto, la connessione dati: lusso smisurato direi. Le dune sono indubbiamente una calamita. Non possiamo star qua con le mani in mano. Anche perché sono a portata di mano. Khongoryn Els sono una distesa di dune che corre in direzione est-ovest per 80 km di lunghezza, 5 km di larghezza e 100 metri di altezza. Sono dette anche "dune che cantano", perché il vento che vi soffia pare produca sorprendenti melodie. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/N1zxBC.jpg Allora: melodie non ne abbiamo sentite, ma il vento si. Eccome. E pure bastardo perché arriva all’improvviso e ti riempie la borsa e il casco di sabbia. Fotografare è un po’ un’impresa perché il cavalletto non sta dritto. E ti ribalta pure la moto, ancorché ben affondata. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/MyDkJj.jpg Per arrivare alle dune seguiamo una pista che - ovviamente - si fa sabbiosa, veramente sabbiosa, anzi totalmente sabbiosa. Attraversiamo un torrente dove pascolano i cammelli. Risaliamo dall’altro versante. Tutta sabbia e nient’altro che sabbia. Non siamo affatto pratici, io soprattutto, per cui ci accontentiamo di arrivare alla base delle dune. Salirle per noi è veramente troppo difficile, soprattutto con queste motorette che ci troviamo sotto le chiappe. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/iYc5I0.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/LrHhRL.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/Mcl7b0.jpg Siamo però felici come bambini. Talmente felici che io faccio un salto e Alberto mette a dura prova il suo mezzo meccanico. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/W3oKBJ.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/YlQ5kF.jpg Il parco giochi è aperto per bambini mai cresciuti. Lasciamoli sfogare, che se lo son meritato. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/12KlG0.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/H9v1rp.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/CXSrHH.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/xUJ5rr.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/dfGw1b.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/qfhj81.jpg Siamo nel punto d’arrivo del nostro viaggio, il punto topico, la molla che aveva alimentato la nostra curiosità di venire in Mongolia. Abbiamo guidato fin qui per vedere queste dune, per starci in mezzo, per dormirci alla base, per sentirci piccoli in mezzo a tutta questa immensità, per sentirci lontani, anzi lontanissimi da casa e dalle comodità di tutti i giorni. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/rG8Us3.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/cndaEo.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/vXxAlj.jpg Se pensiamo a dove siamo, in mezzo all’Asia, nel deserto del Gobi tanto desiderato, quasi non ci crediamo. Siamo euforici, strabiliati, emozionati, commossi, soddisfatti e felici, veramente felici… siamo il puntino rosso in questa vastità. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/hHrKht.jpg Cala la sera e anche il vento. Ora c’è assoluto silenzio. Le luci delle tende in lontananza tra poco si spegneranno. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/szVCwq.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/PL8nki.jpg Siamo troppo felici per preoccuparci della giornata di domani. 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Spettacolo!!!
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Bellisimo viagggio,grazie per la condivisione
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Bello Massimo , grazie per averci resi partecipi della tua esperienza .
Mi piace molto come scrivi e descrivi , leggendo il tuo racconto mi da l'impressione di trovarmi davanti ad una birra con un amico che mi racconta il suo vissuto in viaggio ,ironico quanto basta come le persone intelligenti sanno fare , un vero piacere leggerti . |
GIORNO 08 – 21 AGOSTO 2023
Khongoryn Els - Khanbogd Tourist Camp (161 km in moto) https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/I499qd.jpg Oggi ci attendono 160 km per uscire dal Gobi, ma siamo positivi perché gli ultimi 50 sono stati asfaltati di recente. Prima di partire torniamo però sulle dune per raccogliere una bottiglietta di sabbia ricordo. Il più prezioso souvenir del viaggio, di quelli che non puoi comprare insomma. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/TA9xlo.jpg Lasciamo il nostro campo tendato e ci dirigiamo in direzione est, lungo un’ampia valle con le dune alla nostra destra. La pista in effetti è piuttosto sabbiosa, come ci avevano detto, per i primi 50 km data la vicinanza alle dune. In realtà quel che disturba è più che altro il solito toulé ondulé, che proprio non ci garba. Questa mattina c’è un discreto movimento di van che portano e riportano i turisti. Ci sono anche alcuni camion che hanno parecchia difficoltà a muoversi da queste parti, soprattutto negli avvallamenti profondi del terreno. Qualcuno resta pure insabbiato. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/W1FEkB.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/b53Sat.jpg Il paesaggio ovviamente è secco incendiato, talmente incendiato che nemmeno i cammelli, quasi rinsecchiti, trovano acqua. Del resto siamo in un deserto dopo tutto. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/YWIvwK.jpg Arriviamo così nel punto in cui questa lunga catena di dune si esaurisce nella piana arida di questa valle. Ci dispiace lasciare questo luogo che non dimenticheremo facilmente. Sì, perché è di quelli che ti restano dentro, come la sabbia che abbiamo letteralmente ancora nelle mutande. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/WvF9Bh.jpg Ci fermiamo, con un po’ di malinconia (e di prurito), a guardare per l’ultima volta da lontano questa terra veramente lontana. Siamo rilassati, felici, ma anche dispiaciuti. Ma è così che deve andare. In fondo abbiamo soltanto assaggiato il Gobi… https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/6YvIn8.jpg Ci rimettiamo in marcia. La pista ora fila dritta come un filo disegnato sulla terra. Qualche Uaz sfreccia in lontananza a velocità supersonica che noi possiamo solo sognare. Da qui in avanti si volta pagina. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/jlYvPL.jpg Arriviamo quindi al villaggio di Bajandalaj, poco più di 2000 abitanti. Qui hanno appena fatto una lottizzazione. Ci sono edifici nuovi, viabilità che finisce nel nulla, un paio di banche e stanno costruendo palazzotti moderni. Per il resto, la maggior parte del centro abitato, è fatta delle solite case di legno. Ci fermiamo nella piazza principale a comperare qualcosa. Poco dopo arrivano i tre ragazzi olandesi che abbiamo incontrato ieri al campo sotto le dune. In bella mostra in piazza sta parcheggiata una Dayun Hunter: in pratica un clone delle nostre Mustang, stessa componentistica e stesso motore, con l’illusione di cavalcare un enduro. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/dcvsiD.jpg A proposito: abbiamo finito i soldi, quelli mongoli. Aspettiamo che aprano le banche: la prima non cambia, la seconda cambia solo con carta di credito. I soliti 45 minuti per sbrigare la complessa pratica ed esco con un altro paccone di soldi. Ora siamo più tranquilli perché da queste parti gli euri non li accettano dappertutto. Appena fuori dalla cittadina, inizia l’asfalto, nuovo di stecca, liscio come un biliardo. Si guida che è una meraviglia. Arriviamo ad un incrocio dove, sulla destra, inizia la pista per le gole di Yolyn Am (che esploreremo domani). Il campo tendato che si vede dalla strada, così a pelle, non ci piace; quindi prendiamo una pista in direzione nord che si perde tra le colline. In lontananza si vede l’immensa pianura dove sorge la città di Dalanzadgad, che dovrebbe essere, salvo errori, la più grande della Mongolia meridionale con i suoi 15.000 abitanti. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/lm76H2.jpg Appena 4 km di piste ci separano da un altro campo, non visibile dalla strada principale, che sorge in una bella radura riparata tra le montagne: Khanbogd Tourist Camp. Caspita che posto! Le tende sono ben tenute, i bagni eccellenti con docce bollenti e immacolate e il ristorante degno di questo nome dove abbiamo poi cenato divinamente. Ma torniamo alla sabbia nelle mutande, quella accumulata durante le raffiche di vento traditrici sulle dune di ieri… beh abbiamo fatto il bucato lasciando nei lavandini tanta di quella sabbia da intasare gli scarichi. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/HrrVZM.jpg La serata è limpida e si sta davvero bene. Questo è il miglior campo incontrato durante tutto il viaggio. Splendido veramente. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/3b3jet.jpg Sulle colline che circondano il campo hanno piantato delle statue di animali. Ci sono l’orso, lo stambecco e il muflone. Ci arrampichiamo in cima per osservare il panorama. E’ tutto così straordinariamente bello. Siamo in pace con il mondo e con il Gobi, che si è concesso e ci ha fatto passare senza danni. Non potevamo immaginare un epilogo più grandioso di questo. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/iOGuNV.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/rFVHex.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/pVdd5X.jpg Poi arriva il tramonto e ci regala la solita magia. Anche questa volta ci sentiamo accolti e protetti da questa natura davvero così diversa da quella che siamo abituati a vedere. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/0Jumfn.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/tpmT0H.jpg Salutiamo l’ultimo tramonto del Gobi e ci infiliamo nei nostri comodi letti. 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GIORNO 09 – 22 AGOSTO 2023
Khanbogd Tourist Camp - Dalanzadgad (111 km in moto) https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/iRCBeH.jpg La giornata di oggi è tutta dedicata all’esplorazione dello Yolyn Am Canyon, che si trova giusto a due passi, per cui non abbiamo nessuna fretta, dato che la strada è poca e stasera ci attenderà finalmente un hotel con bagno in camera. L’idea è quella di percorrere queste famose gole, che, ai margini del deserto del Gobi, sono percorse da un torrente. Non vorremo tuttavia fare la puntata classica che fanno un po’ tutti, nel senso che vanno e vengono dalla stessa strada: abbiamo in mente di seguire un tracciato ad anello, che però, da quel che ho intuito, in pochi fanno, raramente i tour organizzati perché, come poi vedremo - in un paio di punti - gli Uaz credo non passino proprio. Torniamo alla strada asfaltata di ieri, la attraversiamo e prendiamo una pista che punta, a sud, diretta alle montagne di roccia scura. Il tracciato risale una stretta valletta incastonata tra le pietre. Saliamo decisi per 400 metri di dislivello con alcuni saliscendi. L’ambiente è piuttosto opprimente e ci sentiamo sovrastati dalle rocce incombenti. Arriviamo ad un bivio fondamentale: a sinistra ci attendono le gole vere e proprie dove la pista finisce in un sentiero percorribile solo a piedi, mentre a destra, in teoria (ma anche in pratica) si può tornare facendo il giro completo. Via, dunque, sparati a sinistra fin dove la strada finisce in un comodo parcheggio, dove ci sono un paio di chioschi di souvenir e un gruppo di ronzini in attesa di clienti. Per la modica cifra di 15 euro noleggiamo due destrieri, pardon ronzini, e una guida mongola su ulteriore ronzino. Il cavallo consente in una mezz’ora di percorrere il tragitto che, a piedi, richiederebbe invece un paio d’ore. Sia chiaro: non è un’avventura, ma una cosa da turisti, però l’idea di provare il cavallo ci attira e quindi saliamo in sella. ‘Ste povere bestie, costrette controvoglia a fare per tutta la vita lo stesso percorso avanti e indietro, ci fanno pena, perché non ne avrebbero nessuna voglia. E lo si capisce benissimo dal fatto che la guida le tira costantemente per il morso. Ma questi ci hanno dato e questi ci teniamo. Il canyon parte piuttosto largo. Gli yak brucano la rara erba sentendosi fortunati rispetto ai cavalli che, l’erba, la possono solo guardare. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/UOnpVv.jpg Io sono parecchio impacciato, nonostante la sella sia comoda, e pure un po’ perplesso perché ‘ste povere bestie non mi convincono del tutto: se non fossero legate al capo gita, di sicuro ci disarcionerebbero perché sono piuttosto scazzate. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/7Dejru.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/6GVSHP.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/xaD8FZ.jpg Soffrono poi di meteorismo, e quella di Alberto pure di incontinenza. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/UKgqV1.jpg Più avanti il sentiero si fa veramente stretto e io vorrei tanto proseguire a piedi, ma il giamburrasca che guida la carovana non fa una piega e prosegue ugualmente, seguito dai quadrupedi obbedienti. Finalmente decide che non si può più proseguire (e ti credo perché ci vorrebbe la moto da trial). Quindi ormeggiamo i cavalli che tirano un sospiro di sollievo. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/Uiugzv.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/qscPzY.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/3vUy02.jpg I cavalli che abbiamo visto fino ad ora sono tutti piuttosto piccoletti, una via di mezzo tra un pony e un cavallo di taglia normale. Non me ne intendo, ma credo che siano proprio di marca fatti così. Comunque sanno galoppare e dicono che siano anche robusti. Bene. Finalmente si prosegue a piedi. Il canyon è suggestivo. C’è pure un rigagnolo d’acqua. Più avanti lo spazio diminuisce fino ad un restringimento evidente. In realtà il canyon e il torrentello proseguono oltre, ma bisogna scendere per facili rocce e proseguire. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/07y6uP.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/IyX3vj.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/jXqLyL.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/xEtCsF.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/6XAGzM.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/Pu20tH.jpg Si potrebbe anche fare perché di tempo ne abbiamo, ma il capoclasse viene a recuperarci con il suo destriero. E’ ora di tornare. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/u5RMgD.jpg In una mezzora siamo di nuovo al parcheggio e in breve torniamo al fondamentale bivio. Teniamo la sinistra e imbocchiamo una pista che dovrebbe portarci ad un altro canyon, con un suggestivo restringimento, dove gli Uaz, secondo me, arrivano solo dall’altra direzione e poi tornano. Noi invece vogliamo percorrerlo tutto. Il canyon in cui ci siamo infilati corre grosso modo in direzione est-ovest. Noi veniamo da est e siamo diretti a ovest. I tour organizzati invece, solitamente, entrano ed escono da ovest fino al fotogenico restringimento in questione, perché oltre non passano, almeno nelle condizioni che abbiamo incontrato noi. E infatti non abbiamo visto nessuno passare il punto fatidico. La pista non è semplicissima e presenta alcuni salti, anche rocciosi, stretti e parecchio sconnessi. In un paio di punti passa appena una moto, e non solo in larghezza ma anche in altezza, nel senso che qualsiasi veicolo si pianterebbe di muso. Il punto più delicato è costituito da una salita molto ripida di terra instabile con solchi profondi. Si tratta di una cinquantina di metri, ma parecchio in piedi, talmente in piedi che la moto lanciata in prima a gas spalancato e di slancio ne esce a fatica per la poca potenza a disposizione. Alberto comunque riesce, mentre io mi incastro in uno dei solchi e mi pianto. Da buon samaritano pensa lui a togliermi di impaccio. Sono sfigato, lo so. Compatitemi. Il canyon comincia a stringersi. Arriviamo al punto più fotogenico. Qui troviamo un fenomeno che ha provato a passare oltre con una Toyota Prius. Passare è passato, ma ha bucato nel bel mezzo del torrente. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/HYG28j.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/jQm8SU.jpg Ben gli sta. Possibile che la gente debba per forza andare dove non si può? Comunque poco più avanti avrebbe dovuto in ogni caso tornare indietro per forza per i motivi di cui sopra… e pure in retromarcia perché non c’è spazio per girarsi. Entriamo nella gola e passiamo il punto topico. Ovviamente per le moto c’è spazio in abbondanza. Il posto è davvero bello. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/2TMmbs.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/5Y7DKs.jpg Oltre il collo di bottiglia, il canyon incomincia gradualmente ad aprirsi. Il fondo qui è tutta ghiaia ovviamente, dato che siamo nel greto del torrente. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/7rRk2I.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/LJSxO8.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/2fXVJz.jpg La pista principale proseguirebbe verso ovest in campo aperto, bella comoda, ma noi decidiamo di complicarci la vita. Sì perché avevamo in mente di chiudere l’anello delle gole. Così prendiamo un’altra pista in direzione nord, che, dopo un breve tratto evidente, si fa ben presto poco marcata. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/0kMmE1.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/MyZdjb.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/OCanfP.jpg Ci troviamo di fronte ad un’altra salita assai ripida in terra mossa. Questa volta però, ascolto gli insegnamenti di Alberto, e riesco a superarla. La pista inizia a salire decisa per guadagnare un pianoro sopraelevato. In lontananza vediamo la strada asfaltata che dovremmo raggiungere, solo che non sappiamo come. In pratica ci troviamo a guidare su terreno libero. Facciamo vari tentativi a vuoto. Finiamo sopra uno strapiombo sopra un torrente in secca. Dietro front. Proviamo a seguire un’altra direzione ma ci troviamo sul bordo di un altro salto, da cui non riusciremo poi a tornare indietro. Proviamo e riproviamo in ogni direzione. In realtà ci stiamo divertendo un sacco, perché la guida libera, quella di ricerca pura, ha sempre il suo fascino. Ci siamo, in poche parole, persi, ma non siamo preoccupati, perché in lontananza vediamo l’asfalto: il problema è come raggiungerlo. Poco male, alla peggio torneremo indietro. Siamo super rilassati. Alla fine, prova e riprova, finiamo dentro il greto asciutto di un fiume, con sassi grossi e poco divertenti, oltre il quale guadagniamo finalmente l’asfalto. E’ stato il pezzo più appagante della giornata: la guida fuori pista non ha paragoni, fidatevi. Ora non ci rimangono che 50 km di asfalto veramente perfetto fino a Dalanzadgad. Per prima cosa cerchiamo una banca perché siamo di nuovo a secco. Solita trafila e solito malloppo di carta in mano. Poi puntiamo al miglior albergo della città: il Khan Uul Hotel & Suite, dove più tardi arriveranno anche i tre olandesi senza patente che abbiamo conosciuto nel Gobi. Ci danno una superior per 23 euri. Qualche problema per quanto riguarda l’acqua calda, ma i letti sono confortevoli e le moto al sicuro in garage. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/ysySe4.jpg La cittadina non è un granché: un doppio viale alberato decadente e poco più. In poche parole è un mortorio. Brutta come poche. E parliamo con cognizione di causa, perché l’abbiamo girata in lungo e in largo alla ricerca di un ristorante. Alla fine non ci resta che il Khishig Zoog Pub & Restaurant, che però non troviamo subito, perché se ne sta imboscato al quinto piano di questo anonimo condominio. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/jEXhl5.jpg E’ già buio. Le luci delle scale non funzionano, così come l’ascensore. Quindi ci facciamo il tour panoramico: al primo piano c’è un ambulatorio medico, al secondo c’è un’assicurazione, al terzo un altro ambulatorio e al quarto un ufficio di non so che cosa. Sebbene siano le nove di sera, le porte sono tutte aperte anche se dentro non c’è nessuno. Il ristorante al quinto piano è quasi vuoto. Le tovaglie sono sporche e incrostate ma il menu è invitante, talmente invitante che quasi tutto quello che propone non è disponibile, così finisco per ordinare la mia seconda pizza mongola. Google traduttore corre in aiuto… moderatamente in aiuto perché mi preoccupa l’enigma della parte chiamata “pizza mista”. Non capisco cos’è ma la ordino fiducioso. Non vi dirò mai com’era. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/CnXxre.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/0bLAQw.jpg Il top però sono i vini, sui quali non c’è molto da aggiungere. Voliamo bassi e ci dirottiamo su una rassicurante birra. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/Q1avj3.jpg Stiamo meditando su come gestire i prossimi tre giorni a disposizione per rientrare a Ulan Bator. In effetti siamo un po’ stanchi, e anche appagati di come è andato sinora il viaggio. Saremmo anche a posto di piste, sabbia e soprattutto toulé ondulé. Ci frulla l’idea di accorciare il rientro e dedicare un giorno in più alla capitale. Ci penseremo domani, ora dobbiamo cercare di digerire… SE LE IMMAGINI NON SI VEDONO SU TAPATALK, SCEGLIERE LA VISUALIZZAZIONE WEB DA APP |
GIORNO 10 – 23 AGOSTO 2023
Dalanzadgad – Mandalgovi (305 km in moto) https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/QTggCZ.jpg L’idea originaria era quella di rientrare a Ulan Bator in tre giorni, dormendo in due campi tendati. Il tutto per la bellezza di altri 650 km, di cui 180 sterrati, con sosta a Tsagaan Suvarga e Baga Gadzriin Chuluu, due attrattive diciamo classiche di tutti i tour organizzati. Avevamo però messo in conto, in caso di emergenze o di ritardi sulla tabella di marcia, di poter rientrare in due giorni facendo tutto asfalto, con minor chilometraggio (580 km). Invece siamo puntualissimi. Peraltro la voglia di fare altro sterro ci era già passata ieri sera, perché in effetti siamo abbastanza stanchi. Tra l’altro le due mete programmate sono su deviazioni dal percorso principale, che sale diritto da sud a nord, per cui decidiamo di avviarci e, caso mai, di deviare se ci venisse voglia. La voglia poi non ci è venuta, ma di sterro comunque ne abbiamo fatto lo stesso. Per rendere l’idea, la mappa qui sotto evidenzia in blu il percorso che poi abbiamo seguito (tutto asfalto) e in rosso le deviazioni sterrate (che abbiamo saltato). https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/23WhzO.jpg Che cosa ci siamo persi? Beh queste altre due attrazioni, come detto, Tsagaan Suvarga e Baga Gadzriin Chuluu. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/TMStQd.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/QDwoat.jpg Questi due giorni sono di una monotonia mortale, del tipo attraversare tutta la pianura padana da Trieste a Torino ai 50 all’ora, con in mezzo praticamente nulla o quasi. Tutto piatto, tutto brullo, tutto uguale, tutto palloso, per cui non c’è molto da dire. Però è una cosa che va fatta se vogliamo tornare a Ulan Bator. Usciamo da Dalanzadgad e subito facciamo benzina. Quindi ci infiliamo sull’unica strada che punta a nord. Questa sola c’è, per cui è difficile sbagliarla. L’asfalto è generalmente buono, ma traditore. Sì perché c’è un discreto numero di buche profonde in cui è meglio non finire dentro. La guida richiede dunque attenzione, anche se giocoforza andiamo piano. Il traffico è scarso, quasi inesistente. Ci fermiamo per una pausa. Un pastore arriva in una piazzola di sosta a vendere il latte delle sue mucche che offre confezionato in bottiglie vuote dell’acqua minerale. Facciamo tratti di 50 km al colpo e poi ci fermiamo perché altrimenti rischiamo di addormentarci per la monotonia. Arriviamo ad un’altra area di sosta, dove sta una specie di baretto. Ci sono dei mongoli che muniti di maschere antigas stanno scaricando un camion pieno di fertilizzanti… a pochi metri da chi sta mangiando in mezzo alla polvere. Altri mongoli scendono da un pullman e scatarrano per terra. Non ci viene voglia di mangiare e ripartiamo. Poco oltre stanno riasfaltando la strada e quindi siamo costretti a lunghissimi bypass su piste sabbiose che si diramano ad cazzum a fianco della careggiata. Sterro quindi obbligatorio. Ho problemi alla catena, che sulle piste, per gli scossoni, continua a cadere. La rimetto senza fatica perché è proprio lasca. Operazione che rifaccio più volte, fino a quando Alberto, preso da misericordia, tira fuori i ferri e risolve il problema una volta per tutte. Alla fine arriviamo nella cittadina di Mandalgovi e puntiamo al primo albergo che vediamo dalla strada: uno scatolotto rettangolare che si chiama Awuo Hotel Restaurant. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/mYPjav.jpg Una vecchia mongola, con la mania della pulizia, sta alla reception ma non capisce nulla di quello che le chiedo. Con l’aiuto di una cameriera dell’adiacente ristorante, riesco a prendere una camera per la modica cifra di 19 euro: questa. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/IeFnxJ.jpg Poco dopo arrivano anche i tre olandesi, che ci seguono a distanza. Hanno avuto problemi ad una delle Mustang: in pratica la pipetta della candela non faceva contatto. Ne hanno comperata una di riserva non so dove e l’hanno cambiata nel parcheggio dell’albergo. Erano incazzati non poco perché la moto continuava a spegnersi. Penso alla fortuna che abbiamo avuto con le nostre motorette. Dopo la cena nel miglior ristorante della città, andiamo a dormire. Non vediamo l’ora di cavarci dalle palle ‘sta strada interminabile. GIORNO 11 – 24 AGOSTO 2023 Mandalgovi - Ulan Bator (276 km in moto) https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/I4aEwr.jpg Dai che oggi se Dio vuole, dovremmo arrivare a Ulan Bator. Di nuovo in sella senza novità paesaggistiche. Sempre la solita solfa: tutto piatto e secco. Solite buche profonde sparse a random. Sempre i soliti lunghissimi bypass su piste laddove la strada è in riasfaltatura. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/HVlgXc.jpg Soltanto a un centinaio di chilometri a sud della capitale, incominciano le praterie, quelle verdissime delle cartoline. Aumenta il traffico surreale, in cui ci infiliamo coraggiosi e rassegnati. Finalmente parcheggiamo in hotel, dove ritroviamo i nostri bagagli e la nostra camera. Di nuovo nella comodità. Per cena, dato che abbiamo le scatole piene di cibarie mongole, ci infiliamo al Veranda Restaurant, che propone cucina internazionale e italiana (modificata). E’ frequentato prevalentemente da occidentali e da mongoli benestanti. Si mangia davvero bene, nonostante le modifiche. E’ decisamente il migliore di tutti quelli provati. Vado con la terza pizza mongola: very good. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/CeojUt.jpg Domani e dopodomani faremo i turisti. SE LE IMMAGINI NON SI VEDONO SU TAPATALK, SCEGLIERE LA VISUALIZZAZIONE WEB DA APP |
EPILOGO – 25 AGOSTO 2023
Ulan Bator – Ulan Bator (19 km in moto) https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/FkFBqg.jpg Turisti dicevo. Ebbene eccoci qua, pronti ad un bagno di cultura mongola. La capitale, all’inizio, ci aveva parecchio disorientato perché è una città decisamente brutta, costruita in maniera approssimativa, con un‘espansione edilizia fuori controllo: si costruiscono grattacieli modernissimi a cifre da capogiro a fianco di vecchi caseggiati di stampo sovietico. Ora che ci siamo ritornati, ci fa già un altro effetto. Ci pare più decifrabile nelle sue contraddizioni. Bene, ci avviamo verso la piazza principale, dove sta piantata – devo dire doverosamente – la statua di Marco Polo. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/xe6vUt.jpg Ci dirigiamo quindi al Museo Nazionale della Mongolia. Seppur piccolo, è davvero una tappa irrinunciabile e merita di essere visitato, perché racconta la storia di questo paese, non solo quella del grande impero di Gengis Khan, ma anche quella recente, che in pochi conoscono. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/Oh1sFp.jpg Dopo l’epoca sovietica, quando la Mongolia in pratica era una specie di satellite russo (quanto meno per sottrarsi all’influenza dei cinesi, tanto odiati e contro cui aveva pure combattuto), e soprattutto dopo la caduta del muro di Berlino, qui è iniziata una protesta pacifica per voltare pagina e trasformare il paese in una democrazia. In estrema sintesi: nel 1989 inizia la fine del partito unico comunista e si fanno spazio nuovi partiti democratici, social-democratici e nazionalisti, che esigono riforme. L’anno successivo si celebrano le prime elezioni multipartitiche, ma i comunisti mantengono il potere, anche se aprono le porte alla liberalizzazione politica e soprattutto economica, di cui la Mongolia aveva un gran bisogno. Nel 1992 viene promulgata la nuova costituzione e, sempre in quell’anno, il Partito Rivoluzionario del Popolo Mongolo vince le elezioni, mentre le ultime truppe dell'ex Unione Sovietica abbandonano definitivamente la Mongolia. Tutta questa storia, fatta di rivoluzioni pacifiche, con eschimo e colbacco, non ci viene insegnata a scuola, ma in questo museo viene raccontata con fotografie e oggetti dell’epoca. Davvero interessantissima. Il museo ripercorre inoltre la storia del paese dalle origini. E’ un po’ lo scrigno che racchiude l’identità di questo fiero popolo, un tempo grande e potente. E’ trattata bene anche la parte relativa al breve impero di Gengis Khan e ai costumi locali. Direi che bisogna per forza vederlo. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/wUqLe1.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/EXfUqO.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/HkDr7t.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/hiJ9Cq.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/OkvidK.jpg Ci spostiamo quindi al Museo di Storia Naturale della Mongolia, piccolo e poco interessante. Sembra quasi un museo di paese. L’unica emergenza è costituita dalla parte dedicata ai dinosauri. A dirla tutta non potevo assolutamente mancare di visitarlo per una ragione molto personale. Mio figlio da piccolo collezionava e giocava con gli animali della Schleich (chi ha figli sa cosa intendo) e come tutti i bambini era appassionato di dinosauri. A tre anni mi raccontava che uno dei suoi dinosauri – un Saichania – era rarissimo e che l’unico esemplare era custodito nel museo di Ulan Bator. Tre anni dicevo… Gli avevo promesso che saremmo andati insieme a vederlo, in una sorta di viaggio sognato, ma poi mai realizzato. E’ cresciuto e si sa, gli entusiasmi passano per lasciar posto ad altro. La promessa mancata, potevo mantenerla solo a metà… nel senso che ora mi trovo qui da solo e non con lui. Eccolo qua il Saichania: ricostruito a dire il vero, ma il teschio fossile, probabilmente uno dei pochi esistenti al mondo, è qui. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/gOp5wv.jpg Ho fatto qualche passo indietro, in mezzo alla sala e mi sono visto di spalle mentre tenevo il mio bambino per mano ad ammirare il suo dinosauro preferito. Il resto delle sensazioni, quelle di un padre, sono troppo intime per raccontarvele. Scusate la divagazione, che sono certo non interessa a nessuno, e torniamo al museo. Piccolo e poco interessante dicevo, ma qualche altro dinosauro fa bella mostra in una stanza dedicata. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/YbY2Sc.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/G0xLRX.jpg Usciamo in direzione ovest dalla zona centrale della città, oltre il fiume. I quartieri si fanno più modesti e le strade sono in parte ancora sterrate. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/u2MEh4.jpg Siamo diretti al Monastero di Gandantegchinlen Khiid, che poi è una vasta area in cui stanno piantati templi buddisti. Abbiamo la sensazione che la Mongolia sia fondamentalmente atea, perché in giro sono rarissimi i luoghi di culto. E anche nella capitale è così. La zona religiosa infatti è quasi tutta concentrata qui. E qui la gente viene a sposarsi. Parlo con cognizione di causa perché ci siamo imbucati a due matrimoni, cosa a cui non riesco proprio a resistere. Sposi felici, invitati agghindati nei loro costumi tradizionali, fieri come pochi. E poi damigelle e tutto il resto. Addirittura le mamme delle spose sono venute a stringermi la mano. Adoro i matrimoni degli altri… https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/flBCwV.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/iz96KA.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/s2Wk4w.jpg Entriamo in uno dei templi, dove si sta celebrando una cerimonia. Una moltitudine di monaci recita delle litanie monotono che mi fanno addormentare. Forse c’è la cresima di qualcuno. Boh. Alla fine suonano delle specie di trombe enormi e lunghissime, del tipo “la messa è finita andate in pace”, solo che tremano anche i muri per il suono assordante che emettono. Via. Fuori, e di corsa. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/zjq8Ao.jpg Ma è il tempio principale l’attrattiva topica. Si, perché all’interno custodisce una colossale statua del Buddha in piedi, alta 20 metri. Esagerati proprio… https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/y1WoKy.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/HQxKDZ.jpg https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/dxapUF.jpg Comunque tutto il complesso monastico, che è una sorta di cittadella nella città, è stato uno dei pochissimi a salvarsi dalla furia distruttiva stalinista, perché era considerato monumento storico. Chiuso nel 1938 ma non distrutto, fu riaperto nel 1944 ed è stato per un bel pezzo l’unico in funzione in tutta la Mongolia. E’ venuta l’ora di un gelato. Anzi due. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/TPYdjm.jpg Si è fatto tardi. Dobbiamo restituire le moto. Ce ne eravamo quasi dimenticati. Via di corsa in albergo e poi dentro di petto al traffico allucinante della citta, che richiede i suoi tempi. Vogliamo fare gli splendidi e decidiamo di lavare le moto. Per qualche euro tornano nuove. Manco quando le abbiamo ritirate erano così lustre. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/922/7QBAIm.jpg Arriviamo da Cheke Tours quasi all’ora di chiusura. La cauzione ci viene restituita senza battere ciglio. Vediamo le moto dei tre olandesi nel cortile. ‘Sto giro sono arrivati prima di noi. La signora che gestisce tutta la faccenda ci chiama un taxi. Abbiamo il tempo di una chiaccherata. Torniamo in albergo che è veramente tardi. I ristoranti sono praticamente tutti chiusi. Così ci dirigiamo nei market che sono l’unica cosa aperta a quest’ora. Abbiamo camminato tantissimo oggi. Siamo sfiniti. Fortuna che i letti sono comodi…. EPILOGO – 26 AGOSTO 2023 Ulan Bator – Ulan Bator (zero km in moto) Mi sveglio sottotono, non mi sento benissimo, sono un po’ cotto. Oggi l’ultimo giorno, quello dedicato allo shopping. Niente centri commerciali però. Il Narantuul Market, conosciuto anche come mercato centrale o mercato nero, è il più grande della capitale. Giusto per dare l’idea occupa una superficie di oltre 200.000 metri quadrati in cui trovano posto circa 15.000 commercianti. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/fGMZMn.jpg Ci si trova di tutto, ma proprio di tutto. La maggior parte della merce è di importazione cinese. Ovviamente è il regno del falso: qua si copia di tutto, dalle aspirapolveri Dyson alle scarpe Nike. Se si cerca qualcosa qui la si trova. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/Yv3HC8.jpg Come dicevo all’inizio di questa storia, è raccomandato entrarci solo con il denaro che pensate di spendere, senza borse, borselli, zaini, telecamere e quant’altro. Gli spazi sono davvero stretti, il contatto fisico con la moltitudine di gente è costante, per cui il rischio di borseggi è reale. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/923/LAXWTL.jpg Tra un po’ iniziano le scuole. E’ tutto un via vai di mamme che comprano i grembiuli per i loro figli. Poi ci sono le bancarelle che vendono gli zainetti. Altre che sono cartolerie dove ci stanno pacchi di quaderni in offerta. Noi cercavamo nello specifico dei cappelli mongoli e un po’ di regali. Alla fine li abbiamo trovati, ma data la vastità siamo rimasti dentro almeno quattro ore. https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/3i4F0Y.jpg La Mongolia è famosa per il suo pregiato cashmere, che ovviamente costa molto poco se paragonato al mercato europeo. Usciamo dal mercato e ci dirigiamo in centro. Entriamo in due grandi negozi che vendono solo capi 100% cashmere. I prezzi sono più che abbordabili. Prendiamo qualche sciarpa e già che ci siamo delle calze di cammello e yak. Verso sera, prepariamo i bagagli e torniamo nel nostro ristorante preferito, il Veranda Restaurant per l’ultima cena mongola, che però è internazionale. L’ultima notte mongola sarà breve perché all’alba dobbiamo alzarci. EPILOGO – 27 AGOSTO 2023 Ulan Bator – Verona (zero km in moto) Oggi sarà una lunga giornata. Un taxi ci aspetta fuori dall’hotel. Sono le 4 e mezza del mattino. Ci imbarchiamo per Istanbul. Dopo nove ore di volo, ci sollazziamo per altre cinque nel faraonico aeroporto turco. Seguono altre due ore abbondanti di volo fino a Venezia. Quindi bus navetta fino in stazione, treno, autobus e poi finalmente a casa. Tra una cosa e l’atra siamo stati in ballo altre 26 ore filate. Indubbiamente sono stanco, ma contento. Abbraccio la mia famiglia e mi butto finalmente a capofitto su una amatriciana. CONCLUSIONI https://imagizer.imageshack.com/v2/xq70/924/2Y5xZ5.jpg Siamo partiti carichi di curiosità per questa terra di cui poco sapevamo. Abbiamo incontrato qualche difficoltà di ambientamento nella sua caotica capitale. Ci siamo sentiti disorientati nella vastità dei suoi spazi. Ma ne siamo rimasti incantati. La Mongolia è grande, veramente grande. E praticamente disabitata. Non sono poi così tanti i posti al mondo dove si può girare - in sicurezza assoluta - senza incontrare quasi mai nessuno. Bisogno di isolamento? Forse sì. Bisogno di staccare la spina? Anche. Bisogno di sentirsi infinitamente piccoli in luoghi immensi? Pure. Bisogno di misurare le proprie emozioni, paure, disagi e incertezze? Soprattutto. Ognuno ha le sue motivazioni, queste sono state le mie. Ed ho trovato in Mongolia lo scenario perfetto. Detto questo, la Mongolia in moto è tecnicamente facile e quindi alla portata di chiunque. Mentalmente lo è un po’ meno, perché occorre mettere in conto la gestione emotiva in spazi così dilatati. Chi non se la sente di viaggiare in autonomia e in pochi, può naturalmente optare per i tour organizzati, che tolgono ogni pensiero. Devi solo guidare, in fila indiana, seguendo gli altri, ma personalmente ritengo che sia un’esperienza un po’ a metà, troppo comoda, riduttiva e limitante, un peccato insomma, perché le emozioni individuali restano inevitabilmente compresse e inespresse. Per chi invece è già un po’ abituato a muoversi fuori Europa con i propri mezzi, e facendo affidamento solo su se stesso e sui suoi compagni, la Mongolia, a mio parere, è una destinazione da prendere in considerazione. E poi, mica serve chissà quale grande esperienza! Il massimo sarebbe arrivarci via terra, con un viaggio nel viaggio, ma per chi - come noi e come molti - ha tempi ristretti, il volo con noleggio è l’unica possibilità. Ho notato però una anomalia. Quando si sente parlare di Mongolia, spesso viene spontaneo dire: “Wow… che figata… mitico… grande” e via dicendo. Ma sono esclamazioni che muovono più dall’istinto che dalla consapevolezza. Sì, perché In rete si trovano rare e frammentarie informazioni su viaggi in Mongolia in autonomia (almeno io ne ho trovate pochissime). Sui social poi la gente solitamente posta qualche foto senza fornire informazioni utili. In sostanza manca materiale pronto all’uso e aggiornato per offrire, a chi intende cimentarsi in questa impresa (che poi impresa non è), dati concreti e pratici per metabolizzare (prima) e organizzare (poi) un viaggio in Mongolia, senza rivolgersi all’intermediazione altrui. Il mio intento era proprio quello di cercare di sopperire a questo buco informativo. Spero di esserci riuscito, nei limiti delle mie possibilità naturalmente e, nel bene e nel male, con il mio stile narrativo. E, con il senno del poi, se avessi reperito in anticipo le informazioni di cui avevo bisogno (comprese le tracce GPX verificate), avrei affrontato la cosa con più consapevolezza e meno patemi d’animo… diciamo già preparato. Mi piace pensare che qualcuno di voi sia ora un po’ più convinto che in Mongolia si può andare anche senza supporto logistico, perché così è in effetti. La mia incondizionata e smisurata riconoscenza va naturalmente ad Alberto Cantoni, saggio, collaudato e premuroso compagno di viaggio, che mi ha sopportato e sostenuto anche in questa esperienza, come solo lui sa fare. Tutto quello che avete letto è stato vissuto e condiviso in due. Senza di lui tutto ciò non sarebbe stato possibile. Grazie davvero e di cuore. Alla fine di questa storia, avrete capito che sono un motociclista normale, non un viaggiatore evoluto, uno come tanti insomma. Se ce l’ho fatta io, che ormai sto volgendo alla vecchiaia, può farcela chiunque. E con questo, vi ringrazio per l’attenzione e vi auguro le migliori avventure! Tutto questo racconto è scaricabile in formato PDF nel capitolo FILES al post n. 18. SE LE IMMAGINI NON SI VEDONO SU TAPATALK, SCEGLIERE LA VISUALIZZAZIONE WEB DA APP |
stavo proprio per scriverti chiedendoti se avevi fatto un pdf!
grazie Massimo! |
Grazie Massimo,bellissimo racconto
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Grazie anche da parte mia, ragazzi.
Gran bella storia, me la sono letta tutta man mano che la scrivevate. |
Grazie Massimo, mi hai fatto fare un bel viaggio tra la tastiera!!
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Grazie, Massimo, per questo bellissimo e coinvolgente racconto.
Sei stato uno splendido "compagno di viaggio", per così dire. Peccato solo che non abbiate osato provare il vino Nobile al cioccolato o vaniglia! :) |
Complimenti per il bellissimo report, che tra l'altro si legge tutto d'un fiato, licenze lessicali incluse...
Ho notato che alla fine la tua lodevole costanza nella ricerca di una pizza mongola commestibile à stata premiata !:D:D:D |
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