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Vi segnalo questo articolo di Cristiano Gatti de "Il Giornale" che fa un'amara autocritica su come è stato "trattato" il caso sulla stampa, ma che secondo me riguarda un po' tutti noi "spettatori".
La morte senza lacrime del baby centauro Ci sono giorni in cui viene spontaneo chiedersi che cosa siamo diventati, o che cosa stiamo diventando. È uno di quei giorni. Basta vedere come televisioni e giornali, compreso il nostro, hanno trattato la morte a Indianapolis di un pilota-bambino, 13 anni sbriciolati in moto contro il muro: poco e male, tanto per non avere il buco. Per dire «l'avevamo», per salvare la forma e la reputazione. Ma passione e compassione, commozione e pena, zero. Il timore è che la categoria abbia affrontato l'argomento a testa bassa, oppressa dagli spazi angusti, finendo per valutare nel modo più orrendo: in fondo non è una gara del MotoGp, non c'entra con Valentino e Stoner, praticamente è una notizia minore... Continua |
Ho letto l'articolo,
mi è piaciuto quel giornalista, davvero. |
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Si tratta semplicemente di un morto che non viene dato in pasto al circo mediatico. Maggior rispetto così. Quando dice: Quote:
Perché di tutti i 14enni che sono morti sul motorino andando a scuola se ne è perso il conto. Andavano a scuola per costruire il loro futuro, esattamente quello che stava facendo il piccolo motociclista. Però dire che è morto a Indianapolis fa molto scalpore. Il mio amico è morto in una pista da supermotard di Rieti, molto più lenta di Indianapolis e soprattutto meno blasonata... Per morire basta andare a 40 all'ora ed essere molto sfigati. Perché non vi scagliate contro i bambini prodigio della musica, del cinema, delle scienze, quelli che vanno all'università a 10 anni... Capisco... Certamente fare sciacallaggio sul sangue di Indianapolis è più gustoso che prendersela con un pianista di 5 anni che gira il mondo a fare concerti o contro i genitori di un 14enne morto a bordo del suo 50ino mentre andava a scuola. |
Certo, visto che tanto si puo' morire uscendo di casa mentre vai a scuola, per colpa di un vaso in testa che cade dal terzo piano...
Perchè non dare le formula 1 ai bambini di 11 anni al posto dei Go-Kart? |
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Non è morto contro il cancello di una casa a Bray Hill :confused: E' morto in una pista chiusa e supersicura, facendo quello che fanno molti di noi e che io sognavo di fare alla sua età. Non vedo alcuna correlazione tra i suoi impegni agonistici/professionali e la sua morte. Sarebbe potuto morire in quel modo senza essere il più bravo, senza essere una promessa o un piccolo prodigio. Questo è il punto. |
A me non interessa che era il più bravo, una promessa o un piccolo prodigio.
A me interessa che puoi correre, così presto con delle moto che ti permettono velocità altissime in piste che richiedono velocità altissime... Per questo non sono contro l'agonismo dei bambini\ragazzini, ma secondo la mia opinione ci deve essere un limite. Ai bambini piace fare molte cose e farebbero di tutto (dall'ingozzarsi di dolci al vivere di adrenalina), sta in primis ai genitori e "in secundis" agli adulti tecnici federali delle varie discipline trovarei dei regolamenti seri che li tutelino. Il resto non mi interessa. Ah, ho fatto per 8 anni agonismo di atletica leggera... dagli 11 ai 19 anni compresi. Vuio piccoli esempi? la IAAF (International Association Athletic Federation) e la FIDAL (la federazione italiana atletica leggera) vietano Under 14 di fare salto con l'asta. Per dirtene una. |
Certo che ognuno la pensa a modo suo.
A me un accadimento del genere (fonte) Quote:
Ma come ripeto, per morire è sufficiente essere investiti a 40 all'ora e tirare in ballo tutto quello che sento non ha molta attinenza al caso specifico. Non vedo colpe da addossare a nessuno, per questo la notizia nasce e finisce lì. |
Ti ricordo che io ho quotato solo l'articolo del giornale.it, dicendo che ho apprezzato quel giornalista... :)
Detto questo, ho espresso la mia opinione non è giusta ne sbagliata, è solo quello che penso in questo momento sulla faccenda. |
Condivido Ghiaia e lo stesso ragionamento vale per i piccoli geni in altri campi, la musica, l'arte, i concorsi di bellezza, etc, dove temo spesso prevalga l'ossessione delle ambizioni frustrate di un genitore che carica di responsabilità ed aspettative i figli. Faccio fatica a parlare di passione, quando ci sono (tanti) soldi e responsabilità da adulto in ballo. Io penso sia giusto porre dei limiti ad un bambino e secondo me un bambino di 9-11 anni su una moto superveloce in una gara sulla pista di Indianapolis è fuori luogo. Sta anche ai genitori a volte saper dire di no. Di Valentino Rossi ce n'è 1 su 1000 o più ed ai quei 999 è dovere di un genitore dare gli strumenti per affrontare la vita casomai non diventassero campioni e soprattutto per arrivarci alla vita. Non si parla di castrare i piccoli, solo di incanalare e moderare la passione, perché sia una passione e non una malattia o un lavoro a tempo pieno. Un bimbo non ha la maturità per capire dove stanno i limiti semplicemente perché ancora non è bene in grado di valutare e capire le conseguenze di una azione e solo un genitore può e deve aiutarlo.
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Non volevo più replicare, perché trovo impossibile la mediazione fra le due posizioni, ma una piccola osservazione me la regalo comunque.
Qui non si tratta di decidere se ha più o meno senso morire a 13, 14, 18 o 40 anni, qualunque sia l'attività che si sta svolgendo, perché il senso della vita e della morte si può solo accettare e mai capire, ma se ha senso dare la vita per qualcosa in cui si crede, che ti brucia dentro, di cui si hanno le capacità e il talento per farla a prescindere dall'età, o se ha più senso vivere e basta, perché la vita è il dono più importante (che comunque perderai...). Scusate ma su questa posizione non sono affatto d'accordo. Tutta l'esistenza del genere umano è costellata da persone che hanno vissuto e sono morte anche in giovane età per difendere le passioni e gli ideali in cui credevano, sono le persone che hanno fatto diventare la nostra società quella che è, nel male ma soprattutto nel bene, che hanno dato voce alla loro forza interiore perché quella era la loro realizzazione vera, costi quel che costi. Il povero e sfortunato Peter - visti i risultati conseguiti - era uno di questi, forse uno dei migliori, e stava cercando il SUO futuro in qualcosa che aveva le capacità e il talento per fare al meglio (altrimenti non l'avrebbe fatto, perché era lui che correva e vinceva non suo padre o sua madre) e che avrebbe regalato a noi fra qualche anno magari emozioni straordinarie, come i piloti che tanto osanniamo oggi. Sembra che il must sia, meglio 30.000 giorni da pecora (la vita media) che 10 da leone, anche se tu SEI un leone, perché la vita è il bene più prezioso. Quale vita? Quella della pecora? Al leone non interessa, la vivrebbe male, perennemente maledicendo di essere un leone travestito da pecora. Come alla pecora giustamente non interessa quella del leone, che non riesce a capire. Parlate di giovani talenti musicali, presupponendo genitori schiavisti che per puro interesse obbligano figli vittime ad esibirsi, è molto iconografico ma ignorate che il vero sincero talento ama esibirsi, perché sa ed è coscio della sua diversità (io senza volervi sembrare presuntuoso, ero uno di questi...). Ho letto un commento di un ragazzo a questa vicenda. Inveiva contro una madre iperprotettiva, che gli aveva impedito con le sue paure di andare avanti nella disciplina dei tuffi. Inveiva perché non avrebbe mai più saputo dov'era il suo limite, dove poteva arrivare ed era condannato tutta la vita a vivere col il rimorso. E' una CONDANNA, non un regalo vivere senza tentare per chi può e ha il talento per farlo, e tentare ha delle regole e necessita di una certa dose di fortuna. Quella che è mancata al povero Peter. R.I.P. P.S. Ho anche apprezzato il commento di un padre che diceva come in Italia si passi dalle mini alle midi-moto aspettando almeno i 14/15 anni per poter gareggiare in 125. Ma in America si tende a strafare e questo da un lato ci regala la cultura dominante di questo momento storico, e dall'altro le vittime di questa cultura. |
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I vari Valentino Rossi sono casi rari, quadrifogli in prati di trifogli ..... molti genitori credono, pensano, sperano di avere un YURI CHECHI, un MARADONA, CARLA FRACCI o VALENTINO ROSSI .... si allenano d'inverno 5 giorni alla settimana il WE le gare e d'estate gli stage .... L'avviamento allo sport è importantissimo ma credo che alcuni sport siano poco indicati per le giovani età! Come molti sanno io pratico il paracadutismo, disciplina vietata al disotto dei 16 anni! è uno di quei sport dove il livello di attenzione e di stress è sempre alto e dove l'errore umano ha, spesso, brutte conseguenze ........ un ragazzo di 12/13 o 14 garantisce sempre attenzione e sopportazione di alti livelli di tensione? ..... il caso eccezionale si..... ma il comune mortale? X MANSUEL: è sempre triste quando si muore e questo è insidacabile... ma come puoi paragonare il ragazzo che muore durante una gara e lo sfortunato sul ciao che ci lascia le penne andando a scuola??????????:rolleyes: allora paragoniamo il paracadutista che muore ad uno altrettanto sfigato che è su un 737 e precipita per un'avaria ...... il mezzo è lo stesso ma l'utilizzo le finalità sono completamente diverse ...................... OVVIAMENTE per coerenza se tuo figlio ti chiedesse di andare in moto e darsi al freestyle tu faresti i salti di gioia ;) |
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Ma è la mentalità che mi lascia un po' perplesso, il trasformare una sfortunata disgrazia (Indianapolis è un circuito sicurissimo, muori veramente solo se qualcuno ti investe...) in un processo alle intenzioni. Sul Corriere l'articolo su Peter era imbarazzante dalla dose di qualunquismo che emanava, (molti se ne sono lamentati a prescindere...) e ovviamente spesso si leggevano commenti del tipo: "meglio un asino vivo che un cavallo morto." Peccato che a parlare fossero sempre e solo gli asini (senza offesa per la razza)... :lol: R.I.P. |
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Ritengo che, come talvolta accade, si stia affrontando un caso per il quale è estremamente difficile, se non impossibile, stabilire il limite tra giusto e sbagliato. E' importante parlarne ma è impossibile dare un giudizio definitivo. I bambini spinti al virtuosismo (o di per sè virtuosi) ci sono sempre stati e, purtoppo (o per fortuna), ci saranno sempre.
Altrimenti non avremmo i Mozart ed i Valentino Rossi. Forse è bene che, anzichè dare giudizi affrettati sul comportamento degli altri, semplicemente abbracciamo idealmente per l'ultima volta quel povero ragazzino, che potrebbe essere nostro figlio e subito dopo, risparmiando fiumi di parole, ci fermiamo a pensare se e come siamo in grado di comprendere e guidare i desideri, le capacità e le scelte dei nostri di ragazzini. Se li stiamo solo caricando delle nostre frustrazioni esponendoli a comportamenti o a rischi estremi, se li stiamo soffocando con le nostre paure o se li stiamo invece aiutando a trovare la loro dimensione, la loro felicità ed a costruire il loro futuro. E' già difficile dare una risposta a questa domanda, figuriamoci se possiamo pretendere di giudicare per conto di quella povera famiglia di cui non sappiamo quasi nulla. |
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Parlo da padre che si confronta con tanti altri genitori e che vede come la competitività dei genitori comincia già nella culla. Mia figlia già parla, mio figlio legge, mio figlio conta fino a cento. Ben venga la competitività perché ci aiuta a migliorare sempre, a patto che sia sana e che non ci faccia diventare dei frustrati ossessi. Essere competitivi in modo ossessivo, sempre e comunque, per tornare a quanto sopra, in questo mondo è forse più da pecore che da leoni (a mio modesto avviso). La cosa triste è che questi bambini vengono continuamente lodati ed abbracciati per le loro prestazioni "eccezionali", quasi fossero amati per quello e non perché un padre ama un figlio incondizionatamente. Le conseguenze secondo me rischiano di essere devastanti, soprattutto se il nostro piccolo non è un genio, ne faremo un adulto frustrato ed insoddisfatto, ma anche fosse un genio non credo lo aitueremmo. Citate sempre Mozart e Mozart è stato un genio unico, un regalo all'umanità, ma Mozart ha pagato un prezzo altissimo per essere Mozart. Da genitore io vorrei che mio figlio si possa realizzare, dandogli gli strumenti per esserlo, sia che fosse un Mozart, sia che fosse una persona qualunque. Perché è altrettanto pieno di Mozart mancati perché frustrati dalle ambizioni dei genitori e bruciati anzitempo. |
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Parlo da padre che si confronta con tanti altri genitori e che vede come la competitività dei genitori comincia già nella culla. Mia figlia già parla, mio figlio legge, mio figlio conta fino a cento. Ben venga la competitività a patto che sia sana e ci aiuti a fare sempre meglio, e che non ci faccia diventare dei frustrati ossessi. Essere competitivi, sempre e comunque per tornare a quanto sopra è forse più da pecore che da leone a mio modesto avviso. La cosa triste è che questi bambini vengono continuamente lodati ed abbracciati per le loro prestazioni "eccezionali", quasi fossero amati per quello e non perché un padre ama un figlio incondizionatamente. Le conseguenze secondo me rischiano di essere devastanti, soprattutto se il nostro piccolo non è un genio, ne faremo un adulto frustrato ed insoddisfatto. Citate sempre Mozart e Mozart è stato un genio unico, un regalo all'umanità, ma Mozart ha pagato un prezzo altissimo per essere Mozart e morì solo ed in disgrazia. Da genitore io vorrei che mio figlio fosse felice, dandogli gli strumenti per esserlo, sia che fosse un Mozart, sia che fosse una persona qualunque. Perché è altrettanto pieno di Mozart mancati perché frustrati dalle ambizioni dei genitori. |
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Dedicare molto tempo ad una attività diversa dallo studio (sport, gare motoristiche, arti di vario tipo come musica, pittura, spettacolo) ritengo che non sia il male assoluto, anzi. Qualsiasi attività se svolta con impegno, metodo e passione sono del parere che insegni a vivere più che la teoria scolastica. Chi non "sfonda" si ritrova comunque in mano una serie di competenze da utilizzare nel settore. Questo ovviamente solo se ha lavorato bene, impegnandosi. Da giovane frequentavo un meccanico dove facevano base fissa due ragazzi come me che iniziavano a correre in moto. Erano entrambi molto promettenti ed hanno iniziato a vincere progredendo velocemente nei campionati più importanti. Uno ha sfondato ed ora fa il pilota professionista, si chiama Max Biaggi. L'altro si è fermato al campionato europeo, non è riuscito a proseguire ed ora fa il tester presso una rivista di settore e lavora in un negozio di moto con competenza e professionalità. Quest'ultimo è più felice della vita di molti miei amici laureati in lettere "costretti" a fare i commessi... Perché anche nel settore degli scolasticamente avanzati c'è chi sfonda e chi no. |
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