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Vecchio 06-01-2008, 19:08   #1
indianlopa
Il TRANS africano
 
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predefinito REPORT LA MIA LWD a puntate...

Mi è venuto in mente mio nonno nel suo studio nella grande casa di campagna contorniato da busti di Giuseppe Verdi, Garibaldi, bandiere sabaude, macchina da scrivere, armi e foto di cavalli, me lo ricordo in inverno con il tabarro, una mantella nera pesa , il toscano ed il cappello, sul calesse, mio nonno era un ragazzo del 1880 o almeno mi sembra.

Mi è venuto in mente quando la mattina dopo il mio rientro mi sono alzato intorno alle sei, l’ora nella quale assaporo la tranquillità della casa, il nonno abitava in quella grande casa abitata da almeno dieci quindici persone fra famiglia e servitù, oggi sarebbe impensabile se non si è milionari, come faceva a ritagliarsi quei momenti di solitudine e serenità che a me sono necessari.

Ho acceso il fuoco, ed aperto le porte finestre che danno sulla campagna più che giardino, sono andato deciso, senza pensarci a urinare tranquillo contro la casetta delle legne, come se fosse la cosa più normale , pensando che la pioggia avrebbe lavato tutto da li a poco. Mi son sentito Max il mio cane mai dimenticato. E’ stato il mio modo di rientrare in possesso della casa.

Stefano, si fu proprio Stefano a mettermi quest’idea, non so perché ma da come la vedo c’entrò anche il suo atteggiamento verso quel dono che la natura gli aveva fornito. Tutte le volte che eravamo insieme mi sorprendeva, non curante del fisico e del suo talento. Io da comune mortale dovevo fare i salti mortali per riuscire a fare un decimo,e forse anche meno, di quello che sapeva e poteva fare lui.

Stefano mi disse che la prossima doveva essere di più, molto di più e da invidioso del suo naturale dono, non ché ostinato, mia madre avrebbe detto “capone”, come sono iniziai a ragionare sul prossimo viaggio.

E a pensarci bene fu proprio un’ altro Stefano che mi fece passare al problema successivo: il mezzo per affrontare questa nuova cosciente girata.

Arrivò una telefonata da Giampiero che complicò tutto, e mi dette la meta. Giampiero, una forza della natura, sognatore come me, mi invitava alla Transafricana, la ditta di moto austriache Ktm ci avrebbe fornito i mezzi, il periodo era da settembre a novembre. Dopo il primo momento di incredulità mista ad orgoglio, il grande Giampiero mi considerava all’altezza! Mi sentii sprofondare sempre di più nella totale delusione. Non potevo in quel periodo. Ci piansi, le occasioni non si ripetono. Alla fine il senso di responsabilità prevalse.

Bene, pensai, tutto ciò sta ad indicarmi che devo andare avanti da solo. Cercai un mezzo che mi si confaceva ed iniziai la trasformazione, questa volta non volevo aver problemi, non starò ad annoiarti con un mero elenco degli interventi. Di originale non c’è rimasto neanche il motore e tutto il resto è stato pensato per il mio uso. Il motore era ed è buono così come l’ha pensato la BMW, l’ho solo migliorato in dei piccoli dettagli: un poco più di olio nel carter, un radiatore supplementare, il cambio più corto, una frizione sinterizzata , un filtro performante ed una generale ottimizzazione del tutto.

I lavori procedevano, da Brunero di Livorno, dei visti se ne occupava Ivana della Starlight di Maranello che sempre mi ha dato un mano insostituibile nei miei viaggi in zone non consone all’utilizzo dei mezzi a motore, il Carnet de passage en douane era quasi pronto, l’itinerario era definito, ma non ancora sulla carta, avevo paura a metterlo giù e avevo ancora più paura a vederlo segnato per intero su di una carta.

Quando ho fatto, mi è preso un senso di smarrimento. Ero così pretenzioso, che senso aveva mettere a rischio la realizzazione di quella cosa che si chiama vita e che potevo anche dire essermi riuscita abbastanza bene , con i suoi alti e bassi ovvio. Il tempo passava la moto andava avanti, dovetti anche affrontare come dirlo a Lorena, non sarebbe stato facile.

Glielo dissi e tranquillamente e la cosa non sembrò turbarla più di tanto, avrà di certo pensato che non ne avrei fatto nulla, ma ormai la cosa stava procedendo e a sua insaputa ero abbastanza avanti.

Quando il giorno prima di partire ritirai la moto e dissi che il giorno dopo sarei partito lessi in tutto quello che faceva apprensione e smarrimento. Lo stavo facendo quello che avevo detto. Mi subissò di domande e raccomandazioni tese a capire se avessi programmato tutto bene. Cercai di rassicurarla per quanto fosse possibile, lei sa che non sono ne incosciente ne improvvisato, ma non ho mai pensato che sia servito a molto.

Partii con la leggerezza nell’animo e la serenità dagli incoscienti, la moto andava benissimo era nuova sebbene vecchia, faceva così freddo, ero partito il più leggero possibile sapevo quello che mi aspettava in certi tratti, con una moto pesa non ce la fai, meglio soffrire il freddo e dormire per terra che non farcela ad arrivare dall‘altra parte del deserto.

A tratti ero spaventato ma passava subito, cercavo di capire la moto e le sue reazioni erano le prime ore, di tante che sarebbero venute, che ci stavo sopra, dovevamo capirci. Mentalmente ricontrollavo tutto, il bagaglio e la preparazione del mezzo a volte mi fermavo per controllare se avessi preso quella cosa o quell’altra. Arrivai a Bologna che tremavo letteralmente dal freddo, facendo benzina passanti mi domandarono se facevo la Parigi-Dakar! Ma le persone sanno quello che dicono quando parlano? Si, risposi la partenza quell’anno sarebbe stata da Forlì. La cosa non li colpì neanche.

Arrivò Liz all’ uscita dell’ autostrada e mi sentii rinfrancare non ero solo, non ero pazzo, altri mi capivano. Mangiammo e ripartii verso Ancona.

Un viaggio in moto da solo è come una seduta di analisi lunga quanto il viaggio stesso.

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Vecchio 06-01-2008, 21:08   #2
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Vecchio 08-01-2008, 08:35   #3
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E’ un viaggio dentro te stesso, dentro la tua vita, i tuoi errori e le tue soddisfazioni, sei solo con te stesso e il tuo mezzo, naturalmente se il mezzo non ti da problemi, altrimenti sei solo e teso a capire e risolvere i problemi.

Arrivai ad Ancona senza accorgermene, la nave era la stessa della prima volta con i “maiali” ma ero solo e mi mancavano, rivedevo Gio, Stefano, Cico e gli altri, ma intorno a me c’erano solo camionisti e turisti attempati tedeschi, nessun punto di contatto con loro. Nella mia cuccetta prenotatami dal buon Liz iniziai con la scrittura del roadbook, i nomi si susseguivano sempre più lontani, i chilometri aumentavano. Fu li che incominciai a sentire nello stomaco ogni tanto come dei crampi, ero spaventato. Con tutto quello che puoi fare per programmare una girata del genere pensare anche lontanamente di aver la capacità di tener tutto sotto controllo è pura follia. Non l’ho detto io ma un viaggiatore come Ryszard Kapucinsky. Mi prendeva un senso di smarrimento di fronte a la difficoltà di attraversare paesi non proprio facili da visitare, mi mancava il respiro. Ogni tanto andavo sul ponte del traghetto per prendere un po’ di aria fresca ed il mio abbigliamento mi riportava immediatamente indietro, finii il roadbook ed iniziai a stivare meglio le varie cose nel bagaglio secondo l’uso e le necessità era inutile aver a portata di mano la cartina del Botswana se ancora ero in mare fra l’Italia e la Grecia, ma ogni volta che aprivo la borsa questa saltava fuori.

La Grecia la passai in poche ore era la stessa strada che si fece con i “maiali” anni prima andando ad Atene, Cico ed io sulla sua moto, quante risate, bastardi pensavo dove siete, perché non siamo insieme? Mi ritrovai ancora su di un traghetto appena in tempo, praticamente avevo fatto già una nazione, senza alcun problema me ne rallegravo fra me, ma al contempo pensai che non li avevo fatti io e la moto ma la nave.

Alle 4 di notte sbarcai sull’isoletta di Kos, ci ero passato tanti anni prima con il 75/5 era sempre uguale un porto fortificato dai crociati, una meraviglia. Naturalmente l’albergo che avevo prenotato era chiuso e senza alcun cliente, arrivò il proprietario solo verso le 6 di mattina. Si incominciava con le cose che non sono mai come prospettate o come te le aspetti, d’altronde è uno degli aspetti più esilaranti e deprimenti dell’Africa e mi ci stavo avvicinando, piano piano. Andai a letto ma dopo poco mi svegliai, non volevo sprecare tempo, l’altro traghettino, in pratica un barcone con una rampa e posto per due auto e qualche moto, sarebbe salpato verso Bodrum verso le 15. Dovevo attendere, ma volevo riguardare ancora i bagagli e controllare la moto a cui si era leggermente allentato il cannotto di sterzo, la KTM locale con meccanico albanese e due euro risolsero il problema, controllai anche l’olio, tutto perfetto. Sul traghetto dall’Italia avevo letteralmente fatto a pezzi le guide che mi ero portato dietro, estrapolandone esclusivamente le parti che mi interessavano, delle restanti feci una spedizione a casa, a cosa diavolo mi potranno servire dio solo lo sa, sono illeggibili e con le pagine mescolate, mezzo Egitto con un quarto di Botswana, tre quarti di Namibia, odio sprecare, ma mi sentii e mi sento un po’ stupido: la spedizione costava quanto tre guide nuove….

Si incominciava a mangiare bene, in maglietta sul porto al sole, zero turisti, qualche residente tedesco, inglese ed olandese, arrivai al porto e nell’attesa feci qualche lavoretto alla moto, sistemai delle fascette per dei cavi che mi sembravano un po’ laschi, trovai un altro modo di fermare i bagagli, che sono una vera noia, ogni giorno li devi fissare e liberare almeno due volte, è essenziale trovare una buona soluzione che non ti faccia perdere tempo.

Al porto c’erano solo qualche americano in pensione ed una famiglia di olandesi di ragazzi giovanissimi, al massimo babbo e mamma avranno avuto cinquant’anni in due….quattro figli, tutti con il loro zaino, escluso il più piccolo ancora attaccato alle tette superbe della madre. Il padre spesso intento in giratine solitarie a fumarsi in santa pace una sigaretta o qualche cos’altro….ci salutammo cordialmente da bravi giramondo, ciascuno con la convinzione che l’altro fosse fuori dalla realtà. Mah!

Le baie turche sono fra le più belle che ci sono in mediterraneo, mi ricordavo Bodrum ed era ancora così.

Appena sbarcato presi coscienza che stavo lasciando l’ Europa, la burocrazia aumentava e l’ inefficienza era esponenziale, dopo circa un paio d’ore e varie mie escandescenze dovute ai computer non funzionanti ce la feci ma era tardi dovevo fare almeno trecento chilometri e non mi piaceva niente farli di buio, volevo arrivare a Fethiye, un incanto di paese dove avevo passato tra i giorni più belli di un precedente viaggio circa trent’anni fa.

Arrivò il buio e la pioggia, non persi tempo neanche con la tuta impermeabile, era una pioggerellina, ma bastava a complicarmi la vita, insieme alle buche, all’asfalto viscido, non certo drenante, al tipico modo mediorientale di guidare: niente frecce, fari alti, o inesistenti e sorpassi da incoscienti.

Welcome to Asia!
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Vecchio 10-01-2008, 09:44   #4
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Certo era cambiata Fethiye, molti dicono di non tornare nei luoghi visti anni precedentemente, personalmente ci torno sempre se posso e se sono di strada, è ovvio che non siano come li abbiamo veduti nel passato, tutto cambia , noi stessi per primi, sarebbe come fare finta che il tempo non passi. Come con gli amori di un tempo, è bello rivedersi e scoprire che non ci eravamo sbagliati.

Presi alloggio nell’albergo sul porto, l’ultimo quello che aveva la vista migliore, i grandi caicchi ciondolavano pigramente, non era tempo di crociere. Mangiai divinamente, la cucina turca è insieme a quella libanese fra le migliori del mediterraneo, riconobbi anche la buona Bira Efes.

La mattina dopo di buon ora partii per quella che a mio avviso è una delle più belle strade che si possano fare in moto. Come un migliaio di chilometri di Costiera Amalfitana, bellissima, dopo ore e ore di questa meraviglia il risultato sul culo, però è identico a qualsiasi strada, cercavo motivi per fermarmi, arrivavano messaggi sul telefono, gli amici mi incitavano e mi auguravano di trovare quello per cui ero partito.
Zoria, Omega, Cichito e tanti altri erano con me.

Mi fermai da un fabbro non ostante fosse domenica e non parlasse null’altro che turco, ci capimmo e risolse il problema del cavalletto laterale storto.
La strada era sempre meravigliosa, baie, strapiombi a picco sul mare, foreste di abeti e pini fino a pochi metri dal mare, villagi di pescatori, e castelli dei crociati abbarbicati su speroni di roccia in mezzo al mare. Per svariati chilometri ci doveva essere stato un incendio perché la foresta appariva nera e spelacchiata, in mezzo a questa specie di inferno villaggi di tende di nomadi che raccoglievano legna e ne facevano carbone, frotte di bambini anneriti giocavano pericolosamente sulla strada. Le donne a portar acqua e preparare da mangiare e gli uomini a segar tronchi anneriti.

Da noi a nessuno verrebbe in mente di raccogliere i resti di una foresta bruciata. Diversità di economie. Mi auguro che la Turchia entri quanto prima nell’Europa i vantaggi saranno evidenti solo dopo anni di sofferenze ma arriveranno sicuramente soprattutto per gli strati più deboli.

C’era un sole che finalmente mi scaldava dopo il freddo patito. Passai due giorni su questa strada per arrivare al confine con la Syria, si pronuncia suriia, paese del sole in arabo. Prima di entrare in Syria mi fermai per la notte ad Antakya la vecchia Antiochia. Ripresi fiato avevo fatto in tre giorni più 1400 chilometri passando dal mare più bello ai passi di montagna di oltre 2000 metri con tratti spazzati dal gelido Burian, o qualcosa del genere, un vento che si forma nella steppa kaucasica, che mi costringeva a viaggiare sbandato, un po’ come le dune del Valpolicella, volavo….sulle ali del Burian!

Sapevo che entrato in Syria potevo salutare certe comodità del lusso che sono già di casa in Turkia. Superhotel, bagno turco, massaggio, a dire il vero non fu un’esperienza proprio piacevole, frotte di ragazzini turchi cercavano di abbordarmi, non era colpa loro, ma dei precedenti frequentatori occidentali, che li avevano abituati a certi contatti. Peccato che il turismo sessuale ormai abbia contagiato qualsiasi parte del mondo, poi fossero stati approcci femminili avrei sicuramente apprezzato di più…
Un ottima cena nel più antico ristorante di doner che ci sia ad Antakia fu il coronamento della giornata, lo conoscevo c’ero già stato e continuava ad essere unico, la vecchia terrazza sul fiume, i suoi vecchi camerieri, il suo cibo, il fatto che fosse frequentato dai locali tutto mi faceva sentire come un viaggiatore fuori dal tempo.

La strada che di mattina presto mi portava al border siriano mi ricordava i paesaggi di Barry Lindon, vallate di montagna con il mare sullo sfondo e la strada , a tratti sterrata, che a mala pena consentiva lo scambio fermandosi, paesi dimenticati nel tempo, uomini e donne con i volti ed il fisico consumati da questo, vecchi mezzi agricoli a trazione animale, forre che si aprivano improvvisamente in paesaggi ormai persi nei nostre latitudini.

Al confine passai svariate ore, curiosità ed inefficienza burocratica giocavano contro di me.


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Ultima modifica di indianlopa; 10-01-2008 a 10:00
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Vecchio 14-01-2008, 21:46   #5
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grazie degli apprezzamenti ....sono incasinato con il lavoro...ero a francoforte fino ad stasera e ci devo ritornare giovedi ...vedo di trovare il tempo x continuare ....
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Vecchio 20-01-2008, 12:28   #6
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La Siria e la Giordania furono senza storia già le conoscevo e non persi tempo, cercavo di avvicinarmi più velocemente possibile alla mia mèta entrare in Africa. Naturalmente vi furono qualche complicazione dovute alle valute mi ritrovai praticamente senza benzina nel caos più totale di Hamman, tipico delle città mediorientali, la tecnologia del bancomat mi corse in aiuto, prelevai in valuta locale, mangiai un ottimo durum e mi avviai verso Petra, il tempo era uggioso, non era bello, a tratti la strada era umida e non c’è niente di meglio che guidare sull’asfalto reso viscido dalle perdite di olio e carburante, per fortuna la benzina costava pochissimo, lungo il grande raccordo verso sud che circonda Hamman sembrava di essere in una qualsiasi delle nostre tangenziali, a riportarmi alla realtà ci pensarono un centinaio di chilometri di purissimo fango molle, semplicemente la strada era ancora in costruzione e naturalmente tutto ciò non influiva sulla circolazione sulla futura sede stradale, solerti operai incuranti del traffico passavano avanti e indietro con autobotti a bagnare lo sterro, onde non alzare polvere , in compenso creando buoni venti centimetri di fango rosso viscido. Sembrava che tutto di me, dalla moto ai vestiti al naso avesse la varicella, quando finì ero Diabolik versione irlandese !
Ridetti una ripulita ad una stazione di servizio dove camionisti compativano evidentemente un povero europeo. Secondo loro gli europei che viaggiano in moto o peggio in bicicletta dovevano essere tra i più sfigati del mondo.

Da quando ero partito non avevo incontrato neanche un motociclista. In compenso devo dare atto agli amici ciclisti che essi sono fra i più avventurosi e stoici viaggiatori che conosca, mi fermo sempre quando ci si incontra, ed anche allora si erano rivelate soste gradevoli per entrambe le parti. Generalmente hanno sempre bisogno di qualcosa, se già io limito il peso all’essenziale, penso che i ciclisti abbiano dietro esclusivamente l’irrinunciabile. Ogni grammo del loro bagaglio è spinto da loro stessi.

A dire il vero ci fu anche un incontro tra i più assurdi che si possa fare: una simpatica signora sui sessanta anni che a piedi trainando un carrettino tecnologicamente avanzato se ne andava bel bella verso Città del Capo…. da Colonia. Mi era capitato altre volte di trovare questi pazzi ma generalmente sono atletici runners, non pacifiche casalinghe che si sparano ventimila chilometri di puro disagio come se andassero a fare la spesa. E dire che di incontri “particolari” ne avevo già avuti come quando in pieno Tenerè vidi un puntino che si muoveva lentissimamente era quel giapponese che traversava il Sahara e poi l’Africa in bici, non ricordo se gli lasciai dell’acqua, alla mia domanda se avesse bisogno di qualcosa rispose “no problem arigatò” ha anche scritto un libro, da qualche parte devo averlo o quando incontrai Villa, un italiano che ha fatto il giro del mondo in bicicletta, senza contare il mio vecchio caro Ottorino, compagno di banco per cinque lunghi anni di liceo che sempre in bici aveva attraversato l’Africa per poi passare all’Arabia e fermarsi due anni in India, si ma non in quella civile…. Alle Andamane dove ancora ci sono isole inesplorate che se vi avvicinate gli abitanti vi accolgono con una grandinata di frecce, non proprio amichevoli. Non vogliono contatti.

Mi hanno sempre incuriosito i ciclisti viaggiatori e tutte le volte cerco di immaginarmi le sofferenze e i pensieri che muovono certi eroi.

Perché di eroi per me si tratta, in moto non fai una gran fatica diciamocelo.
E di motociclisti per ora neanche l’ombra.

Arrivai a Petra e come promesso a Med mi feci stoicamente sotto un sole cocente il tour delle rovine e devo dirgli grazie, avevo visto vari insediamenti rupestri in Turchia, in India ed anche in Grecia, ma l’organizzazione dei Nabatei mi lasciò esterrefatto. Canalizzazioni, illuminazione, ventilazione tutto era studiato perfettamente, compatibilmente con le disponibilità dell’epoca, non solo dopo aver reso un posto inospitale perfettamente abitabile ne avevano esaltato la bellezza con un architettura a dir poco meravigliosa.












A dispetto dei trenta anni della mia guida, i miei cinquanta fecero la loro porca figura: a metà giro abbandonò, non ce la faceva più, non faceva altro che propormi un calesse . Io stoico sudavo ma non mollavo, finii il giro da solo. Trovai anche un motociclista finalmente….peccato che fosse sceso da un pulmann di americani e che le sue numerose moto, quasi tutte harley, bmw e ktm fossero nel garage di casa, ne aveva una trentina !!

Ripartii verso Aqaba, la mitica Aqaba di Lawrence, avevo frapposto fra casa e la mèta due nazioni in una giornata, e dopo Aqaba iniziava la mia Africa.

Venendo da deserto roccioso quando vidi la città e il suo mare azzurro all’imbrunire urlai Aqabaaaaa con tutto il fiato che avevo, mi sembrava il degno omaggio a Lawrence d’Arabia, con i suoi scritti aveva influito e non poco nella mia formazione. Me lo vedevo alla guida dei suoi beduini sporco ed urlante sopra alla sua cammella bianca quando prese Aqaba, la moto era bianca, urlavo e mi persi nell’immedesimazione.
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Ultima modifica di indianlopa; 20-01-2008 a 19:42
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Vecchio 20-01-2008, 12:44   #7
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credo che sia disponibile su google documenti almeno così dice calidreaming ..da qualche parte c'è il link ...
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Vecchio 03-02-2008, 11:05   #8
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eccomi scusa il ritardo nell'aggiornamento qui c'è il link per chi se lo volesse stampare, o copiare su doc come faccio io
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Vecchio 19-02-2008, 10:01   #9
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Indianlopa...!


Posso comprendere che tu sia incasinatissimo con il lavoro, ma non puoi lasciarci così, io è da un mese che aspetto "the next leg".
Non ho il privilegio di conoscerti, ma il tuo racconto è davvero interessante.

Per favore... dopo Aqaba com'è andata?
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Vecchio 19-02-2008, 12:38   #10
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carissimo triger ...mi scuso immensamente, non è colpa del lavoro , o meglio anche , ma non solo .

il prb è che questa girata non è andata come volevo e tutte le volte che mi metto a scrivere mi sale il giramento , lo so che allora non dovevo neanche iniziare ....ma li x li ero fresco di rientro. dopo quando ho digerito mi sono accorto del fallimento, perchè per me di fallimento si tratta. sono stato troppo presuntuoso ...non si parte con una moto senza averla provata lameno per un paio di migliaia di km....anche se adesso con il senno di poi forse è andata meglio così, dei ragazzi che avevo incontrato sono stati barricati in una missione per diverso tempo. in kenia c'è stata una forma blanda di guerra civile ....ti prometto che riprenderò ...pensa parte l 'ho gia scritta ....ma davvero tutte le volte che ci penso mi deprimo....sorry capiscimi ciao lapo
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Vecchio 19-02-2008, 13:26   #11
milkplus
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Ciao Lapo, mi associo a triger anche se immagino il malessere e la rabbia... Comunque sei un grande
Posso chiederti se ci sono novità per la moto lasciata là?
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Vecchio 19-02-2008, 15:35   #12
triger
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Un fallimento sarebbe stato non partire.
Un disastro sarebbe stato non tornare a casa.

Il resto è il viaggio.

Trovo molto bello che tu abbia deciso di condividerlo con noi, per mezzo del tuo racconto, mi piacerebbe leggerti ancora.

Lampsss
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Vecchio 20-02-2008, 13:05   #13
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Un fallimento sarebbe stato non partire.
Un disastro sarebbe stato non tornare a casa.

Il resto è il viaggio.
non posso fare a meno di quotare queste splendide parole.

daje Lapo
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Vecchio 20-02-2008, 13:07   #14
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lapino........andiamo con le gussi a prenderla....
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...Ager
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Vecchio 20-02-2008, 13:11   #15
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quando?? ....è duraaaa ci sono circa 400km di deserto ....di cacca...veramente x arrivare ...il resto è tranquillo....io pensavo di scendere verso maggio giugno....per poi proseguire ....dai un occhiata qui abbiamo fatto un po di strada insieme in sudan
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Vecchio 20-02-2008, 13:15   #16
Il Maiale
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la stelvio nella sabbia va benissimo.....gli danno fastidio i sassi grossi, ma la sabbia va bene alla grande
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...Ager
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Vecchio 20-02-2008, 13:18   #17
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io ci devo andare. ho una fideiussione sul carnet de passage ....per il resto sono aperto a qualsiasi soluzione ....
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Vecchio 20-02-2008, 15:31   #18
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(..)....per il resto sono aperto (..)
BUSONE!!!!!
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Quel poco che so dell'andare in moto me l'ha insegnato Stefano Sacchini, che non mi paga! IMBECILLE.
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Vecchio 20-02-2008, 17:00   #19
Mauro Venturini
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Ti invidio proprio per le tue capacita`d'organizzarti riuscendo a realizzare e viverei tuoi sogni e non di vivere una vita fatta di sogni.

Ciao Mauro e complimenti, e auguri per i tuoi prossimi viaggi.
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Vecchio 22-02-2008, 00:59   #20
Kratos
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ciao Indianlopa, leggo solo ora il post, e trovo la tua un'avventura entusiasmante. Purtroppo leggo tra le righe che per qualche problema hai dovuto sospendere la tua impresa, e me ne dispiace. spero che tu continui a scrivere il tuo diario di viaggio, e perchè no, in futuro, il viaggio stesso.
quoto al 100% le belle parole di triger, e vorrei aggiungere che......ma come fai a parlare di fallimento?!...pensaci un attimo...dici che sei stato troppo presuntuoso...quindi, riconosci "un errore di calcolo", "una pianificazione migliorabile" o altro. Di conseguenza se riconosci degli "errori" vuol dire che vedi dei miglioramenti, quindi c'è crescita! NON esiste fallimeto quando c'è crescita!
magari giramento di p@lle per non essere arrivato a destinazione te lo concedo, ma credimi non è fallimento. questo è quello che penso io.
complimenti e spero di rileggerti ancora.
ciao k.
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Vecchio 25-02-2008, 10:47   #21
Franz64
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Originariamente inviata da indianlopa Visualizza il messaggio
perchè per me di fallimento si tratta. sono stato troppo presuntuoso ...
varda che 't ses pa 'nda a Cunii 'n trenu ...va avanti a scrivere , boia faus ...fallimento ...tse ...e qui c'è fior di motard duri e puri che se piove non "esce" la moto
Cerea a W
p.s. + un boia faus
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Franz
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Vecchio 26-02-2008, 14:50   #22
GHIAIA
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traduco da franz:

Guada, caro Lapo "che non sei andato a Cuneo in treno"
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QDE TRANS-PORT TEAM... LA KASTA
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Vecchio 26-02-2008, 15:46   #23
ED IL POLSO
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Grazie....è veramente un bellissimo racconto....

ED
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Lento nel veloce....veloce nel lento...
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Vecchio 26-02-2008, 16:40   #24
indianlopa
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grazie a tutti ...a pomice x la traduzione ...che devo dire non l'avevo capita tutta .....

penso che o prima o poi lo riprendo ma ho bisogno di far sedimentare ....il senso di frustrazione che mi covo dentro....
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nulla tenaci invia est via

Ultima modifica di indianlopa; 26-02-2008 a 16:48
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Vecchio 26-02-2008, 20:40   #25
Franz64
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Quote:
Originariamente inviata da ElkannLapo Visualizza il messaggio
...che devo dire non l'avevo capita tutta .....
...in effetti il "boia faus" non è così chiaro come parrebbe
Cerea a W
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Franz
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