5° giorno: Merzouga - Tagounite 280 km.
Ieri sera ci siamo finiti l'ultimo goccio di grappa trentina che la Sergia ci aveva regalato alla partenza. La prossima volta occorre rivedere un po' le dosi visto che la bottiglia a stento e solo sotto stretto razionamento è arrivata alla quarta sera.
Oggi comincia il deserto, quello vero, e l'ambizione è quella di fare una tappa che normalmente si fa in due giorni.
La giornata è splendida, come solo questi luoghi spazzati dal vento sanno regalare.
Di fronte a noi il dunone dell'Erg Chebbi, dove le guide portano con i dromedari i turisti a passare una notte sotto le stelle nelle tende berbere.
Pochi chilometri di asfalto fino a Taouz e poi imbocchiamo la pista verso sud ovest: di qui molte volte la Parigi-Dakar è passata venendo da Boudnib e un leggero senso di eccitazione prende lo stomaco nel saperlo.
La prima parte corre veloce nello Ziz, fortunatamente in secca, a tratti qualche banco di sabbia ma niente di insormontabile. Poi dopo aver superato un lago salato in un attimo arriviamo a El Remlia, il villaggio sull'oued Daoura.
Al nostro arrivo i ragazzini corrono a mettere in esposizione piccoli prodotti da vendere, mentre il gestore del locale riconosciuto il logo di BND ci accoglie a braccia aperte.
Qui BND lavora da anni con vari progetti: il ripristino di una kettara, la visita- soggiorno di un medico che per una settimana all'anno resta nel villaggio e compie un check-up di tutta la popolazione ed in ultimo un progetto con il patrocinio del comune di Errachidia per la conoscenza, montaggio ed uso di pannelli fotovoltaici da parte dei giovani ragazzi del villaggio. Indicandomene uno ci chiede se vogliamo fare un giro e verificare come vanno i lavori, ma visto la strada che ancora dobbiamo percorrere decliniamo gentilmente l'invito.
Gli chiedo in che condizioni sia l'oued e vengo così a sapere che c'è molta acqua, difficile quindi passare a sud sulla via più corta che io avevo già percorso.
Andiamo a vedere e dopo aver sputato un po' di sangue nei due chilometri di fech fech che portano al guado troviamo un fiume limaccioso e marrone: ragazzini a piedi nudi ci fanno vedere che dopo due passi l'acqua arriva alle ginocchia. Torniamo indietro, prenderemo la via nord.
Ho dei WP anche di quella ma vista la situazione attuale, decido di affidarmi al garzone dell'auberge che ci guiderà più su per circa 15 chilometri, dove il fiume è più ampio e la presenza di pietre dovrebbe agevolare il passaggio.
Parte, o meglio, decolla in sella ad una mobilette sgangherata che perde la catena ogni 2 chilometri. Decolla perchè stargli dietro sulla pista col fech fech o in mezzo alle dunette ricoperte di vegetazione diventa con la Trity un'impresa. Oltrettutto in alcune zone più bagnate il fondo si rileva alquanto infimo e sdrucciolevole.
Finalmente raggiungiamo il punto migliore e giustamente la nostra guida si accerta che non ci siano buche o massi troppo grossi.
Resta ancora però da superare un lungo tratto di fech fech tra le dune prima di ritrovare l'hammada: sono troppo alte e con troppa vegetazione per essere cavalcate e quindi bisogna stare nel solchi profondi lasciati dai camion che qui vengono a caricare ghiaia. 100 metri.... 200 poi un po' di duro......altri 100.... una pausa..... altri 100.... in uno di questi tratti avanzo zampettando a colpi di gas e all'improvviso una fumata nera e un odore acre di bruciato si alza dal motore. Spengo e Trity continua a fumare per qualche minuto. Devo lasciarla raffreddare o la frizione mi lascerà di nuovo a piedi......
Finalmente guadagniamo l'uscita e tiro un sospiro di sollievo.
Ora però c'è un grande lago e la pista che io avevo percorso sul lato sud è inaccessibile, dobbiamo fare quella sul lato nord stando il più a ridosso possibile delle montagne, visto che la parte umida presenta fango per almeno 10 cm. di altezza. Dopo una ventina di chilometri arriviamo al guado a monte del lago, l'unico accesso al villaggio di Tafraout e alla pista che porta verso M-hamid.
Le piccole pietre miliari poste a lato e che sporgono dall'acqua dànno un margine di sicurezza per cui entro deciso. Una buca al centro toglie tutta questa sicurezza e in una frazione d'istante devo dare tutto il gas che ho nel polso per non restare intrappolato nel pantano. Gianpy dopo la lavata si dice contenta per essersi rinfrescata.
Siamo quasi a metà strada e dopo esserci fatta una Coca lasciamo il villaggio per quella che ormai dovrebbe essere la parte più facile. Un lungo altopiano sui 700/800 metri ricoperto di una bellissima graniglia compatta. Visto la planarità la pista scompare giacchè ogni 4x4 è libero di percorre la propria traiettoria, cosa che facciamo ovviamente anche noi viaggiando per molti chilometri parallelamente a distanza di un centinaio di metri uno dall'altro.
Alle 17.30 siamo al Check Point militare che si trova a 20 chilometri circa da Tagounite. I due soldati compilano diligentemente un quaderno con i nostri dati e dopo essersi fumata una sigaretta ci augurano la "bonne route". Dal Check una leggera discesa porta in piccolo banco di sabbia dove mi si chiude il gas e cado. Rialziamo la moto e quando riparto dando gas la lancetta dei giri sale vorticosamente..... Trity si muove e prende velocità ma ho già capito.
Il sole sta tramontando e la nostra direzione ormai punta decisamente ad Ovest, per cui i raggi solari dai riflessi dorato-arancio ci colpiscono in pieno negli occhi. La pista ora è tornata a farsi pietrosa e segnata, con curve e discese che scendono fino alla piana. Il vento che ha ripreso a soffiare nella nostra direzione spinge la polvere alzata dalla Trity verso le ragazze che devono quindi lasciare qualche centinaio di metri per riuscire a vedere qualcosa. Continuo a cesellare il gas ed evitare strappi e allo stesso tempo fisso il Gps: meno 10, meno 9, meno 8 chilometri alla riga dritta e nera dell'asfalto di Tagounite.
Un ultimo Check Point dove all'unico militare presente basta il mio numero di passaporto e la marca della Trity per lasciarci andare. Meno 4, meno tre, meno due, meno 1 ...... ci siamo e la strada mi sembra un'oasi di felicità. Tiro un lungo sospiro e mi avvicino alle ragazze: "La frizione sta finendo".
Dolcemente riparto e mentre il sole sta per calare dietro i rilievi del Jebel Bani percorro 2 chilometri fin quando piano piano, come se fosse un moribondo negli ultimi istanti di vita, Trity esala l'ultimo respiro e si ferma.
Gianni poco prima mi aveva mandato una SMS dicendo che era al benzinaio del villaggio: 8 km. Lo chiamo perchè venga a trainarmi, ma visto che il suo navigatore non riporta la nostra strada decidiamo di arrangiarmi da soli.
Così dopo aver legato la fune all'AT di Guido percorriamo il tratto di pista che attraversando la Draa e l'oasi porta sulla nazionale che scende verso M-Hamid.
Arrivati al distributore non faccio in tempo ad accendermi una Marquise che il benzinaio mi passa il suo telefono. All'altro capo c'è un meccanico di Zagora, il quale spiegata la panne mi garantisce di poter recuperare una frizione nuova. Allo stesso tempo Gianni mi passa il numero di Aziz un altro meccanico sempre di Zagora amico di BND. Lo chiamo e si dice pronto ora stesso a venire per recuperarmi. Non ho ancora finito la sigaretta e sono fermo lì da 5 minuti. Questo viaggio "vuole" continuare.
I due chilometri al traino del Gs di Gianni fino all'albergo li percorro con un rassegnato ottimismo. Inshallah.