6° giorno:
Ci vuole un’ora per uscire dalla caotica NKC e imboccare la statale verso sud. I controlli dei militari sono frequenti e dopo 120 chilometri ritrovo Mirco e il gruppo che sono partiti all’alba: vorrebbero prendere una pista lungo il mare, ma visto il numero di moto e il rischio di trovare sabbia, insieme decidiamo di continuare ancora sull’asfalto.
Al successivo check-point il gendarme mi dice che dopo 100 mt. inizia una pista che si collega a quella che avevo in mente di percorrere e cosě Mirco va a fare un giro di ricognizione per valutarne la fattibilitŕ. Si puň fare e cosě vado avanti in modo da avvisarli se per caso ci fosse sabbia. La pista č ben segnata, a tratti qualche buca coperta di fech fech, ma niente di insuperabile fino ad un gruppo di dunette di 300-350 mt.
Scendo e trovo a piedi il percorso migliore, poi una volta passato mi fermo con un’escavatorista che sta preparando il materiale di fondo per la strada in costruzione a poca distanza. Mi offre un tč e dopo esserci fumata una sigaretta insieme, visto che il gruppo non arriva vado avanti fino al villaggio sull’argine del fiume Senegal. Qui un gruppo di ragazze esaurisce velocemente la mia dotazione di penne e quadernetti. Come sempre sono meno timide dei ragazzi e ci tengono a farsi fotografare.
La pista che da Rosso arriva fino a Djema attraversa il Parco di Diawling: sulla sinistra il fiume con il canneto, a destra invece acquitrini rifugio per fenicotteri, aironi, anatre e non so quanti altri uccelli, mentre branchi di facoceri sbucano dalla macchia spaventati dal rumore della moto.
Dopo 1 ora sono al confine e visto che non c’č anima viva, me la cavo in pochissimo tempo e con una piccola mancia ai gendarmi mauritani e senegalesi. A Rosso invece sembra sia esattamente il contrario.
Sento Mirco che mi dice di proseguire perchč tanto loro ci metteranno un po’ a fare dogana e quindi in mezzora sono a Saint Louis, dove prendo alloggio all’Hotel de la Poste.
Ho tutto il tempo di farmi una "Gazelle" gelata e un giretto sul porto fluviale in compagnia di Ismail, una guida che mi dice essere amico di Gio Sala.
Il gruppo arriva col buio, trattenuto dalle pratiche doganali e dal fatto che prima di loro ci fossero due auto italiane senza carnet.
Dopo cena io e Mirco facciamo le ore piccole sotto la veranda dell’albergo. Parlando scopriamo di avere piů amici in comune di quanto si potesse pensare e soprattutto, narrandoci dei posti e delle reciproche esperienze vissute, saltano fuori quelle “affinitŕ elettive” che cosě a fatica ormai riusciamo a trovare oggigiorno. Qualche sorriso, una risata e la “voglia d’Africa” che traspare dalle poche parole, bastano per capire che con lui sarei pronto a condividere un viaggio a occhi chiusi. E la cosa mi fa sentire bene.