La mia bimba di due mesi e mezzo mi occupa, con tanto piacere, tutto il tempo libero, weekend compresi.
Lo scorso fine settimana, però, ci sono in visita due amiche di mia moglie e io ne approfitto per regalarmi una giornata in moto in libertà.
Ho programmato un giro che mi porti al Passo delle Erbe cercando il più possibile di evitare le strade troppo trafficate.
La mucca è stata ringiovanita con frecce bianche e cupolino nuovo, il pieno di benzina c’è, alle 7.30 si parte.
Da casa – altopiano della Vigolana – scendo dolcemente verso il Lago di Caldonazzo che a quest’ora appare come un immenso specchio. L’acqua è ferma, la temperatura appena fresca grazie ai temporali della notte.
Arrivo a Pergine. Il paese dorme ancora in questo sabato mattina di luglio e in pochi minuti mi trovo sulla strada provinciale che entra nella bellissima Valle dei Mocheni. Devio sulla sinistra in direzione dell’altopiano di Pinè attraversando il Passo del Redebus, una breve strada di collegamento che passa in mezzo ad un bel bosco.
Scendo e mi ritrovo sul versante destro della Val di Cembra, proseguendo per alcuni km fino a incrociare la Val di Fiemme: in pochi minuti arrivo a Cavalese. Fortunatamente il traffico è ancora molto scarso e le strade tutto sommato libere. Queste valli sono infatti tanto belle quanto caotiche nei periodi di picco turistico. Oggi è sabato e temo gli ingorghi del cambio settimana ma a quanto pare la bolgia arriverà più tardi.
In ogni caso, lascio subito la statale che corre lungo il torrente Avisio e decido di salire al Passo Lavazè passando per il paese di Stava. Il tempo a mia disposizione non è tanto ed è un peccato non fermarsi ad omaggiare la memoria delle quasi 300 persone che nel luglio del 1985 persero la vita sotto la tragica frana (
http://it.wikipedia.org/wiki/Disastr...a_Val_di_Stava). Passo accanto al centro di documentazione che è stato costruito e mi riprometto una visita in futuro.
Alle 9.15 sono al Passo del Lavazè, meta soprattutto di sciatori di fondo nel periodo invernale.
A questo punto una sosta per il caffè è doverosa.
Inizia una lunga discesa che mi porterà a confluire in Val d’Ega, sulla strada che da Bolzano porta al Passo di Costalunga.
Incrocio diverse moto d’epoca e anche 3-4 sidecar. Un’occhiata veloce e un saluto, noto che molti di questi mezzi sono obsoeliche: qualche raduno dei ragazzi di QDE??
Dopo Nova Levante mi trovo alla destra la splendida pozza turchese del Lago di Carezza in cui si specchiano le pareti del Latemar.
Superato anche l’abitato di Carezza salgo a sinistra per una stretta stradina che mi porterà a scavallare fino ad arrivare a Tires.
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Qui il traffico è inesistente. Sono praticamente da solo tra Latemar e Catinaccio. I contadini che raccolgono – a mano – il fieno, qualche maso isolato. L’andatura è per forza lenta per godermi lo spettacolo in cui sono immerso.
Dopo il Passo Nigra, di cui ignoravo onestamente l’esistenza, arrivo a Tires e da lì in poi so già che affronterò strade decisamente più frequentate. Arrivo a Fiè allo Sciliar, poi Castelrotto e da qui la provinciale per la Val Gardena.
La tentazione di proseguire fino a Ortisei per un’altra breve sosta è forte ma continuo con il mio itinerario: evito di entrare in paese e giro a sinistra sulla statale che scende verso Ponte Gardena e l’autostrada. Lascio immediatamente questo stradone e mi infilo sulla parallela SS242D che mi porta a Laion. In centro paese trovo l’indicazione per Gudon, all’inizio della Val di Funes. Ancora una volta sono in totale solitudine. Incrocio, forse, due macchine e tutto intorno la meraviglia del verde dell’Alto Adige.
A Gudon non vedo (o non c’è?) il cartello che mi permetterebbe di scendere subito in valle e così mi tocca di arrivare fino giù alla A22 e girare attorno al casello di Chiusa. Poco male, perché ora inizia il divertimento.
Ho sempre amato la Val di Funes ma è la prima volta che la faccio in moto e la vista delle Odle è sensazionale. Una cartolina.
Continuo fino al paese di San Pietro da cui finalmente posso salire al Passo delle Erbe.
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Me lo avevano descritto come bellissimo e devo dire che altre parole non renderebbero l’idea. Una salita dolce in costa ai campi, sempre più su fino al bosco per poi uscire nell’ampia spianata del passo.
Vista a perdita d’occhio su tutte le montagne circostanti. Consultando la carta panoramica trovo anche un puntino: è il rifugio Plose. Piccolo momento di commozione, visto che giusto un anno fa ci sono arrivato di corsa dopo una maratona faticosissima!
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Il panino speck e formaggio è decisamente scadente e considerando che si stanno accumulando un po’ di nuvole, decido di affrettare il ritorno.
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Scendo in Val Badia e poco prima di La Villa mi becco il mio sacrosanto scroscio di pioggia battente. Dura poco, ma vista la lunga strada ancora da percorrere e i nuvoloni tutto attorno preferisco mettere il guscio antipioggia.
Passo a Corvara, butto un occhio sugli impianti e sulle piste da sci che frequento in inverno e vado oltre fino ad Arabba, attraverso il modesto passo Campolongo.
Molto più piacevole e gratificante la salita al Pordoi. Sarà che è ora di pranzo, sarà che piovicchia, ma di gente in giro ne vedo proprio poca.
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In cima al Pordoi scopro con piacere che dall’altra parte, in val di Fassa, il cielo è decisamente più limpido.
Inizio la mia discesa ma non posso fare a meno di una brevissima sosta per foto con lo sfondo del Sella e del Sassolungo.
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Arrivo a Canazei, vorrei tanto un caffè, ma vado oltre. La Val di Fassa passa via in velocità. Adesso ormai sono in pieno sole e comincio a sudare. Colgo l’occasione per fermarmi a Predazzo, così mi cambio e passo al caseificio sociale per acquisto burro. Ottimo!
Risalgo in moto e non mi fermo più fino a casa: riprendo per un pezzo la strada della mattina ma poi percorro tutta la SP71 che passa a fianco delle piramidi di Segonzano, il bellissimo e pulitissimo laghetto di Lases e infine la Valsugana.
Da Caldonazzo pochi tornanti mi riportano sull’altopiano della Vigolana.
Sono a casa, ho fatto quasi 400 km e sono contento. Adesso però la priorità ce l’ha la mia bimba!
Sabato DoloMitico
Modalità lineare
