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Vecchio 06-07-2017, 00:45   #92
Fagòt
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16° giorno: Dusht-e Lut – Kerman 260 km.

Ieri sera il titolare del campeggio ci ha chiesto se volevamo fare colazione l’indomani e visto che avevamo già rifiutato la cena abbiamo acconsentito, così dopo aver fatto i bagagli ci avviciniamo alla grossa capanna che fungeva da salone per le comitive in transito.
Una grossa teiera giace sulle braci ardenti e la tavola è già apparecchiata in attesa delle uova strapazzate che arriveranno di li a poco.





Quando chiediamo il conto ci rispondono che nulla è dovuto… il campeggio di fatto sarebbe chiuso, in cambio solo la richiesta di farci due foto e di poterle pubblicare sul sito a dimostrazione che presto tutto tornerà come una volta e già ora dei motociclisti europei godono dell’ospitalità iraniana. Come volevasi dimostrare, riesce difficile pagare anche il dovuto.

Chiedo info per arrivare a Gandom Beryan, visto che la traccia che avevo preparato partiva da Shadad e il gestore mi dice in effetti della possibilità di arrivarci poco più avanti da una sterrata ben segnata, ma al tempo stesso mi avverte che sarà impossibile raggiungere l’altopiano visto che l’oued sottostante è ancora pieno d’acqua. Si può forse arrivare a qualche km di distanza e vedere in lontananza le pietre nere che ricoprono l’altopiano. Ok andiamo per strada fino ai Kalut poi si vedrà.

L’asfalto passa a nord del Dusht-e Lut e termina dopo aver superato le alte dune di sabbia orientali nella città di Zabol, ultimo avamposto iraniano prima del confine pakistano. Sono solo 460 km. e un pensierino di arrivare fino là ce l’ho fatto per qualche minuto prima di scorgere le prime creste di argilla, sabbia e sale modellate dal vento.

Video Verso i Kalut

Video Kalut a panettoni

Arriviamo fino al punto dove la traccia in teoria scendeva dall’altopiano ed entriamo per qualche km. nel deserto. L’unica definizione che mi viene in mente è di un enorme parco giochi per scorazzare tra un rilievo e l’altro su un fondo sabbioso. Resterei qui per ore e da qualsiasi parte tu posi lo sguardo non puoi trattenerti dallo scattare una foto che cerchi di catturare la bellezza dei panorami che hai sotto gli occhi.

Video Kalut

Video Kalut 2







Torniamo sulla strada e procediamo ancora di qualche km. fino ad un oued ricoperto di sale, con il bianco che spicca sull’ocra\rosso del terreno circostante poi giriamo le moto di 180° e torniamo sui nostri passi per immortalare ancora e ancora questo spettacolo della natura.













Senza troppa convinzione cerco il punto di inizio della sterrata che porta a Gandom Beryan e decido di passare oltre che oggi abbiamo parecchia strada da fare: dobbiamo risalire la montagna e prima di Sirch aggirarla da sud passando per Golbaf e Rayen, dopo di che puntare verso Shiraz.

Il lungo rettilineo che sale da Shadad offre un ipotetico ultimo sguardo e saluto al deserto sottostante e le due curve, destra sinistra immettono sulla piccola valle che poi porta a Sirch: pochi km. e devo prendere a sinistra. Guardo nello specchietto e dopo la seconda non vedo più le luci di Roby. La zia si sarà fermata a far foto e accosto per aspettarla. Un minuto mi basta insieme ad un oscuro presentimento, torno indietro di qualche centinaia di metri e le due Saipa bianche a bordo strada con gli autisti sul ciglio di un fossato che gesticolano verso di me gelano le mie più rosee aspettative. Trovo Roby e la sua moto riversi nel fossato pieno di grosse pietre.
Ci vogliono alcuni minuti prima che il mio “Roberto, Roberto!” ripetuto abbia effetto e si riprenda dallo svenimento… alla sua debole risposta chiedo se abbia dolore da qualche parte, visto che non voglio muoverlo incautamente poi provo a togliergli il casco da cui cola un sottile rivolo di sangue sulla giacca. Quello che vedo non mi piace per nulla, ma provo a tranquillizzarlo e farlo poggiare sulla schiena, mentre cerco di tamponare le ferite e fargli bere un goccio di acqua. Gli autisti delle auto mi urlano “Emergency” e riesco a capire che hanno chiamato il 115. Resta solo da aspettare l’arrivo dell’ambulanza che giunge dopo 15/20 minuti. Nel frattempo con l’aiuto degli iraniani capovolgo la moto e risalgo il fossato alto più di un metro e mezzo fino al punto in cui riesco a rimetterla in strada e mi metto a cercare sull’asfalto i segni della caduta. Nulla, solo una lunga striscia scura sulla destra, segno forse di gommatura da camion o residui di gasolio e la debole traccia dei tasselli del suo anteriore che anziché chiudere la curva puntano dritti verso l’esterno dell’asfalto e il fossato scolmatore delle piogge.
Gli infermieri tamponano con bende e garze e dopo avergli applicato un tutore al collo mi dicono che è necessario andare a Kerman per fare delle “Picture” alla testa. L’autista mi scrive il suo nome e numero di telefono su un pezzo di carta e mi dice di cercare il Bahonar Hospital. Col cazzo, io vengo dietro di voi. Lasciamo la moto a bordo strada e poco più avanti incrociamo il pick-up della polizia di Sirch che scende verso di noi: gli lascio le chiavi e mi metto dietro l’Hilux condotto da Hesan, il terzo nostro angelo custode iraniano. Poco prima della galleria tolgo la traccia dal gps che nulla sarà più come prima ormai.

All’una e mezza siamo in pronto soccorso e il triage mi fa capire che sarà in buone mani. Subito viene monitorato, spogliato, medicato ed inviato a fare una TAC. Qui oltre a medici, infermiere, caposala e receptionist per il check in, ci sono anche i barellieri ovviamente e ai familiari è richiesto l’aiuto per spingere la barella sgangherata insieme a loro. Così scendiamo al piano inferiore per eseguire l’esame e risaliamo dopo pochi minuti lastre alla mano. Non ci capisco molto, ma anche un bimbo di dieci anni non potrebbe non vedere la vasta emorragia cerebrale che interessa il lato sinistro e all’affermazione del medico “ We need to operate now!” rispondo con un laconico “Make it”. Poi vado da Roby e lo avviso della cosa, mentre cominciano a radergli i capelli e ad iniettargli la preanestesia.

“Nulla sarà più come prima” e mi accomodo nel box da un metro per due delle guardie di sicurezza del pronto soccorso. Mi tocca mettere mano alle cose di Roby e mi fa star male trafficare con il suo portafogli, passaporto, documenti vari… mettere i suoi indumenti insanguinati in un grosso sacco, con casco e zainetto… racimolare un po’ di controllo oltre che le sue cose. I poliziotti sono gentili e mi offrono subito un chai, poi mi chiedono se ho pranzato. Rispondo che non ho fame che sto bene così… niente da fare dopo mezz’ora mi portano un pranzo completo accompagnato da altro chai. Esco a fumare una sigaretta… “Nulla sarà più come prima”… solo tre ore fa eravamo schegge impazzite su due ruote libere tra le sabbie o sul grigio asfalto, i bisogni erano pochi… fare benzina, bere ogni tanto, mangiare quando capitava, fumare una sigaretta, fare una foto e decidere quando fermarsi… tutto il resto era già fermo.. le case, le persone affaccendate nelle loro mansioni, i paesaggi immutati e immobili nel tempo spazio… solo la nostra inerzia data dal mezzo più conducente stabiliva quanto veloci andare e quanta strada percorrere prima di esaurire la nostra energia cinetica.

“Nulla sarà più come prima” ed ora seduto sul marciapiede di fronte al pronto soccorso, sono esattamente dall’altra parte… con la mia sigaretta nelle mani mentre arrivano ambulanze, parenti si accalcano nel tentativo di entrare malgrado gli orari di chiusura, taxi sgangherati si fermano e ripartono trasportando tanta altre schegge impazzite che scivolano via mentre io resto immutato ed immobile. Una di queste si ferma e mi offre un succo di arancia…. mi ha visto arrivare prima.

Avviso la famiglia di Roby e leggo un messaggio di Mehdi che ci chiede come va. Alla mia risposta un suo perentorio “Parto adesso, tra due ore siamo lì”. Sirjan sta a 180 km da Kerman. Anche Hesam l’autista infermiere arriverà più tardi: torna su a portare l’ambulanza a Sirch e alle 15.00 finisce il turno. Il tempo di tornare giù dalla montagna.

Così alle 17.30 ci ritroviamo tutti di fronte al pronto soccorso… Hesam chiede in quale reparto sia stato portato e poi via di corsa al quartiere operatorio di neurochirurgia dove giungiamo mentre Roby sta uscendo. Di nuovo spingiamo la lettiga fino al reparto di terapia intensiva dove lo trasferiamo in un letto dotato di tutti i controlli possibili. Qui il medico mi chiede di svegliarlo e fare le solite prove: “Roby, zio pork… stringi la manopola e dagli del gas!”

Ci cacciano dopo qualche minuto che deve riposare e così usciamo con Mehdi che mi chiede se me la sento di guidare. Ha cominciato a piovere e teme sia pericoloso per me.
Tolgo la moto dall’angolo interno dietro il cancello ospedaliero in cui i poliziotti me l’avevano fatta mettere e recupero le cose di Roby. Pochi km. e siamo a casa di sua zia, che sta preparando la cena, stanotte dormiremo qui. Per ora mi basta solo togliere gli stivali, la tuta e scrivere ai suoi che è andato tutto bene: i medici non hanno voluto che restassi in reparto a vegliarlo perché l’accesso ai familiari è fortemente limitato, come tutte le intensive di questo mondo.
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Abbi cura del tuo ospite che dio veglierà su di te nel deserto.

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