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Vecchio 05-11-2017, 12:53   #26
Antonio Tempora
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06/08 Qazvin – Autostrada Teheran-Kashan – Abyaneh
Km.472 In moto H5,21 Media Kmh 87,9


“Autostrada percorsa di fianco al Deserto Dash-E-Kevir ed il Lago Salato Daryacheh-Ye-Namak con una temperatura di 39-40 gradi…Per fortuna avevamo la Camel Bag”

Sveglia presto, oggi è una bella tappa non tanto per la lunghezza quanto per il caldo che cominceremo a sentire per la vicinanza di uno dei due deserti che caratterizzano l’orografia di questo paese.
La reception è ancora assonnata, qui ci si sveglia e si parte tardi, la stanza infatti si può occupare fino a dopo le 12 ed anche per questo Sepideh non riesce a mandarmi le prenotazioni di mattina presto, fino alle 12 gli alberghi non sono sicuri della lista delle stanze a disposizione.
Pago il conto e ritiro la rimanenza dei RIAL del cambio di 100 dollari effettuato gentilmente dal manager dell’hotel, qui si gira con poca valuta e le carte bancarie Iraniane si usano anche per i piccoli acquisti, per cambiare 100 dollari, ad un tasso comunque più favorevole di quello ufficiale, ha dovuto rimediare banconote un po’ in giro tanto da scherzarci sopra: ”Io ti ho dato tante banconote e tu una sola!”.
Il nostro albergo è posizionato bene per chi viaggia, su un lungo vialone che porta direttamente alla autostrada per Teheran che prendiamo passando senza pagare attraverso i caselli dove i casellanti cominciano a salutarci da lontano al nostro arrivo.
Tengo una velocità di kmh 90-100, il fondo stradale non è molto migliore di una normale strada a 4 corsie, la differenza è che non ci sono TIR che preferiscono le strade senza pedaggio.
Il traffico si fa sempre più intenso e diventa congestionato a KARAJ, dove troveremo lo stesso ingolfamento d’auto anche al ritorno.
Procediamo a passo d’uomo senza nemmeno poter usufruire della corsia d’emergenza che in questo tratto non esiste.
Praticamente l’autostrada viene usata come tangenziale da ogni tipo di veicoli in questa città dormitorio di una capitale con quasi 15 milioni di abitanti.
Tutti cercano di occupare il minimo spazio disponibile e devo fare attenzione al nostro “spazio vitale” lasciato tra noi ed il veicolo che ci precede per non farlo occupare.
Procediamo in prima e seconda raramente in terza tra i sorrisi degli occupanti dei mezzi intorno a noi che ci riprendono con il telefonino e la temperatura che si sta innalzando nell’aria ma non sull’indicatore della moto, fortuna che ho raccomandato a Tonino, il capomeccanico BMW che segue le mie moto dal 1995, di effettuare il cambio olio, nel tagliando prima di partire, tenendo conto delle alte temperature che avremmo affrontato.
Finalmente l’ingorgo termina e torniamo a procedere spediti, per assurdo vicino a TEHERAN non troviamo traffico e nei pressi dell’aeroporto incrociamo parecchie macchine governative con autorità straniere in visita per la cerimonia di insediamento del Presidente Hassan Rouhani, evento descritto nel canale news visto ieri sera in TV.
Le macchine governative sono incolonnate ed una è piena di antenne sicuramente per impedire l’uso di telefoni cellulari per innescare ordigni e prevenire attentati.
Il GPS dice che siamo su un altopiano a 900 metri, passata QOM corriamo di fianco al deserto Dasht-El-Kevir e dall’altro lato della doppia carreggiata Lilli mi indica la visione abbagliante del Lago Salato che ci ricorda il Tuz Golu in Turchia.









Beviamo frequentemente dalla nostra Camel Bag che stamane ho riempito di acqua fresca e due bustine di Polase ed usciamo dopo un po’ dall’autostrada per fermarci in un distributore per fare il pieno, pausa pipi, sederci in un piccolo bar dotato di aria condizionata dove il proprietario mi chiede se voglio bere un espresso Italiano.
Riprendiamo l’autostrada, ora siamo in direzione Sud-Sud Est, superando velocemente KASHAN, il territorio che attraversiamo è brullo e semidesertico, traffico scarso, temperatura alta ma sostenibilissima dato il tasso d’umidità molto basso, visiera chiusa e aperture giacca spalancate.
Le indicazioni sono al solito precise ed al cartello indicante ABYANEH usciamo imboccando la strada che ci porterà a questo villaggio tradizionale.
Lilli parte con il mantra “E’ una strada di montagna?”, io la rassicuro ma francamente non è ho idea e le faccio notare le macchine, belle e moderne, che hanno imboccato con noi la stessa strada, per tranquillizzarla.
In effetti continuiamo a salire ed è normale dato che la nostra meta è un villaggio a quasi 2300 metri, in una valle circondata di monti oltre i 3500.
La strada è buona a doppia corsia con il fondo irregolare, comprensibile data l’usura per le escursioni termiche che tendono a rovinare l’asfalto.
Procediamo ad andatura turistica lungo le curve di questa strada che dall’uscita autostradale al villaggio è lunga poco meno di 30 chilometri.
Attraversiamo coltivazioni, piccoli agglomerati abitativi, ruscelli con l’aria che dal torrido dell’autostrada si è trasformata in fresca rendendo piacevole la guida con la visiera del casco aperta.
Arriviamo senza difficoltà al casello d’ingresso al villaggio dove paghiamo la tassa d’ingresso, 100.000 Rial a testa, dirigendoci più in alto al nostro ABYANEH HOTEL dove parcheggiamo la moto nel comodissimo parcheggio esterno e ci facciamo portare le borse all’interno della caratteristica ed ampia hall dove la proprietaria gentilissima dopo il check-inn ci offre un the con lo zucchero limonato già apprezzato a Masuleh prima di darci la stanza che assicura essere bella e con vista.



Tutto vero: pulita con 3 letti e bagno occidentale, finestra sul villaggio e le montagne.



Doccia e sigarino davanti al panorama che ricorda un po’ quello dell’Atlante Marocchino prima di cambiarci indossando la nostra “divisa da visita” per scendere in visita a questo villaggio vecchio di 1500 anni.
Scendiamo verso il paese dopo aver conosciuto nella hall Alberto, backpaker spagnolo che viaggia da solo con i suoi due figli, maschio di 7 e figlia di 5 anni.
Abyaneh è un villaggio di case di mattoni di fango che conobbi guardando un documentario di viaggio sul canale televisivo Marco Polo nel 2008, i paesi attraversati dalla troupe erano Georgia-Armenia-Iran-Pakistan e ne rimasi talmente affascinato da programmare subito i miei prossimi viaggi in quelle mete.
Come per Masuleh il turismo ha cambiato l’atmosfera di questo villaggio con la differenza che i gruppi turistici all’ora della nostra visita, tardo pomeriggio, se ne sono andati via, rendendo la nostra visita più piacevole.
Gli abitanti sono vestiti con abiti tradizionali e le donne sono coperte da scialli con disegni floreali.
Si capisce che il turismo per l’economia locale è fondamentale perché sono tutti disponibili a farsi fotografare ed il villaggio appare più un set cinematografico che un luogo dove apprezzare la vita tradizionale Iraniana.
In seguito vengo a sapere che le case, durante il rigidissimo inverno, sono disabitate con gli abitanti, il cui reddito si è arricchito grazie al turismo, trasferiti nelle città vicine.
Comunque vale la visita non fosse altro per godere di una sosta in un piacevole albergo, con il fresco delle montagne, panorami moto belli e gente cordiale.















Acquisto un po’ di frutta secca, mele e pere, prodotta con i frutti coltivati nei terreni circostanti, buona anche se un po’ troppo ”secca” ma dopo un po’ che si tiene in bocca diventa masticabile come gomma americana ed il sapore è molto buono.















La frutta secca è indispensabile in viaggi come quello che stiamo effettuando, me lo ha insegnato il mio amico e grande byker Felice Cantamessa, che all’età di 79 anni ancora insegna a tutti come si va in moto e su e giù per le dune con la sua compagna come passeggero, la frutta secca è una riserva di energia ed un pasto d’emergenza che occupa poco spazio, non si deve cucinare, sazia e restituisce forza con i suoi sali minerali.





Riprendendo sempre a piedi la strada in salita verso il nostro albergo ci fermiamo un paio di volte ansimando, ci eravamo scordati di essere a più di 2000 metri con l’altitudine che si fa sentire!











Arrivati in albergo senza cambiarci ci rechiamo nel ristorante dove ordino il Chelo Fesenjun, piatto rinomato di questo albergo, pollo stufato con salsa di melograno.
Mi spettavo una porzione che mi sfamasse ma è una piccola scodella con una coscia di pollo immersa in una densa salsa scura da accompagnare all’immancabile riso pilaf.
Molto buono ma insufficiente per la mia fame, così ordino anche un kebab di agnello.
Tornati nella hall trovo la proprietaria che si è ferita un occhio ed è seduta dolorante, vado in camera e prendo una delle mie salviette oculari, che porto sempre nel mio kit di medicinali dato che utilizzo lenti a contatto semirigide, e gliela applico sull’occhio a mò di benda alleviandole un po’ il disagio.
Mi faccio portare un ottimo the e con il beneplacito dei proprietari che oramai ci hanno preso in gran simpatia, mi fumo un sigaro all’ interno dell’albergo dato che fuori l’aria da fresca è girata a quasi freddo.







Torniamo in camera, sguardo al panorama illuminato dalla luna che sembra un presepe e ce ne andiamo a letto.



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Antonio Tempora
"Ama il tuo sogno ogni inferiore amore disprezzando" - Ezra Pound
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