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Vecchio 24-01-2020, 13:31   #85
GS3NO
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5. I Bivacchi
Sono stati giorni intensi, fatti di lunghi chilometraggi e, conseguentemente, di convivenza coatta. Beh sì coatta, forzata, imposta, imposta per forza di cause maggiori ovvie. Coatta sebbene tutti lo sapevano fin prima che il viaggio iniziasse e consciamente hanno accettato questo tipo di convivenza. In un viaggio così lungo e a tratti anche duro, le situazioni che mettono a disagio sono molte e soprattutto improvvise e difficilmente pianificabili a priori. Certo, alcune difficoltà erano già state messe in conto e quando si sono verificate le si sono superate proprio perchè eravamo preparati. Tra queste metto la pioggia e il freddo, che per me sono situazioni altamente stressogene: posso stare e guidare a +45° C senza battere ciglio ma a 20 sono già in mezza crisi. Chi mi conosce sa che non lo faccio apposta, sarà questione di metabolismo, genetica ma “è quest’acqua qua”. Li avevo avvisati tutti: quando piove sono particolarmente nervoso. I carovanieri erano pazientemente pronti ad tollerare un idrofobo (o idrofobico? o liofobo?… boh comunque la pioggia e freddo mi creano un malessere fisico che si muta poi in malessere generale). La stessa cosa vale per ogni altro membro del team, magari non è la pioggia ma altro, e ogni giorno, ora e minuto dovevamo essere pronti per essere comprensivi e proattivi al supporto degli altri. Non far degenerare il clima positivo che fino a lì c’è stato. Sono un uomo di squadra, non sono mai stato un individualista in nulla quello che ho fatto e faccio, e uno degli aforismi che mi piacciono è di Rudyard Kipling: “La forza del lupo è il branco, e la forza del branco è il lupo”. Lo ripeto sempre anche ai miei giocatori di pallavolo. Il clima di collaborazione proattiva, tolleranza e problem solving lo si deve avere tutti i santi minuti che la carovana sta assieme ma lo si rinforza alla sera al “bivacco”.

Al bivacco ci si siede con le gambe sotto la tavola e ci si confronta sulla giornata, cos’è successo, cosa è piaciuto in modo particolare, cosa meno e se ci sono stati dei problemi; e si discute la tappa dell’indomani cercando di capire se ci sono delle criticità. E’ un momento per me molto importante. Il confronto arricchisce. Ed è così che durante il bivacco a Batumi l’atmosfera era di quelle molto positive di come se qualcuno ci avesse tolto un peso dal petto. Sì, ce l’abbiamo fatta: siamo riusciti ad arrivare in Georgia. Domani saremo nel cuore del nostro viaggio, sebbene la Marathon sia iniziata due giorni fà ad Istanbul, ma è già da adesso, qui, ora che si entra nel vivo. Stavamo bene e c’era una grossa positività palpabile.
Diversa invece l’atmosfera a Yerevan la sera prima del rientro in Georgia. Le notizie che avevamo erano riportate da informatori digitali di Daniel, ed erano allarmiste soprattutto per chi non è nè avvezzo nè attrezzato per guidare su piste sterrate. Ma qui che si vede la forza del team: rassicurare non a parole ma pianificando azioni, capire quali potranno essere le difficoltà e anticipare le possibili soluzioni.
Ma se dovessi scegliere quale “bivacco” rivivere direi la terza e ultima sera Tbilisi. Arrivavamo tardi per via della foratura; ma nonostante la sera ormai scesa, il traffico e la stanchezza non c’era tensione durante il rientro. Dopo la doccia e un poco di riposo siamo andati a cena; e come sempre accade dopo queste occasioni: “ci si ride su”, si scherza e già si inizia a ricordare “l’evento avverso” come una singolarità che alla fine della fiera ha impreziosito il viaggio. Durante la serata era chiaro a tutti, che questo intoppo non aveva creato nessuna tensione, preoccupazione neppure quando successe, neppure quando il carotaggio del buco non aveva prodotto i risultati sperati. Avevamo mantenuto lo spirito collaborativo.
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