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Vecchio 24-08-2017, 16:15   #19
MassiC
Mukkista
 
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ubicazione: Siena
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Dal mio punto di vista potete dormire sonni tranquilli, è infinitamente più facile rompere il bloccasterzo oppure rimuovere il bloccadisco e caricare la moto sul furgone che mettersi a hackerare il sistema keyless.
Personalmente credo che quanto dimostrato in rete e gli studi fatti dalle università o enti sono quello che sono: ossia un'interessante studio teorico/pratico sulla permemeabilità di sicurezza del sistema Keyless in generale. La sua natura didattica si rivela nelle parti che servono allo studio, ma che non hanno utilità pratiche nell'applicazione dolosa, come quello eseguito ad esempio con il collegamento wired S/D (ossia via cavo fra sorgente e destinazione). Anche molte delle misure indicate nello studio sono in realtà solo teoriche, ma mi spiego meglio.

Semplificando molto, l'onda elettromagnetica si propaga tanto più facilmente, quanto più è lunga la lunghezza d'onda, più è lunga la lunghezza d'onda, più è bassa la frequenza. Non a caso infatti, nelle situazioni più difficili, come possono essere quelle "TBT" fra un sommergibile ad esempio e la sua base terrestre, vengono adottate frequenze ultra basse, (cito quest'esempio perchè l'acqua attenua le onde elettromagnetiche più dell'aria). I problemi nell'adottare frequenze basse nelle comunicazioni però sono diversi: le antenne vengono costruite su multipli della lunghezza d'onda d'esercizio, questo comporta di conseguenza, l'adozione di antenne molto lunghe e ingombranti (a meno di utilizzarle "caricate", ossia avvolgendo la lunghezza attorno ad un dielettrico, ma in questo caso si perde in efficenza). Altro problema è la quantità di informazioni che è possibile trasmettere e che è direttamente proporzionale alla frequenza, più è bassa meno informazioni si possono trasmettere. Altro aspetto da tener presente è la velocità di scansione e relativi tempi, in quanto anch'essi proporzionali alla frequenza, ciò influisce sul parametro "delay" (ritardo) espresso in ns nello studio.

Ma tutto ciò cosa significa? Semplicemente spiega la necessità da parte degli autori dello studio di dover trasformare la bassa (130Khz) in alta frequenza (2,5Ghz) per la trasmissione. Sostanzialmente, se per il sistema nativo (con chiave nel range dei sensori della moto) che lavora in bassa frequenza (LF, 130Khz) non serve nulla, (così come avviene per l'implementazione Wired, dove l'amplificazione viene impiegato solo nel caso fosse necessario raggiungere i 100mt via cavo), nel caso invece della trasmissione Wireless del segnale a lunga distanza, sorge per i motivi di cui sopra, la neccesità di dover rimodulare i 130Khz nativi ai 2.5Ghz utilizzati nell'esperimento, quindi UHF (frequenza ultra alta).
Delle difficoltà intrinseche di gestire frequenze così alte, in fin dei conti ne siamo tutti consapevoli, ...chi di noi non si è scontrato con i problemi di copertura della connessione wireless a 2,5Ghz del nostro modem (che agice quindi sulla stessa frequenza) e che fatica a coprire interamente un normalissimo appartamento moderno? Da qui la necessità da parte dei ricercatori di dover ricorrere a degli amplificatori e relativi filtri, sia nella fase della modulazione che in quella demodulazione del segnale e alle relative problematiche correlate.

Detta in parole povere, le comunicazioni a bassa frequenza nativa, quelle che permetterebbero di raggiungere (per i motivi di cui sopra) distanze considerevoli (i 100mt. citati) non sono sfruttabili se non via cavo (quindi impraticabili per impiego doloso). Ricorrere alla rimodulazione in alta frequenza, (2,5Ghz) comporta specialmente in dispositivi portatili, problemi legati alle distanze e agli ingombri (alcuni dei dispositivi utilizzati nel test, sono infatti strumenti da laboratorio funzionanti a tenzione di rete, come chiaramente evincibile dalle foto pubblicate). Anche le antenne impiegate, sempre per ragioni legate alla discrezione, non possono esser ad alto guadagno (quelle visibili sono quelle piccoline da max 5db che non consento ne alte efficenze, ne lunghe distanze).

Morale della favola, a mio personale avviso lo studio è interessante e utile, sopratutto per metter in guardia i produttori (per fargli correre ai ripari) su ciò che in un futuro prossimo potrebbe esser alla portata di (quasi) tutti. Al momento però, tenendo conto delle limitazioni tecniche e dei luoghi e situazioni in cui il ponte dovrebbe agire, continuo a vederlo più come un'esperimento riuscito che come un sistema pratico di semplicissima attuazione.
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