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Vecchio 10-02-2008, 10:17   #62
condor
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io credo che, come spesso accade, si faccia un gran chiacchierare e proiettare le proprie sensazioni interiori con quelllo che accompagna ciò che una lettura ci muove a livello interiore. Ma si è restii a farlo in modo diretto. Ci serve di attaccarci qualcosa, di agganciarlo a qualcosa. E nel farlo ci allontaniamo inevitabilmente dal quel contatto con quel qualcosa che la lettura ha innescato.
E' interessante per me, che il libro ho letto vent'anni fa la prima volta fino a circa la metà e successivamente l'ho riletto completamente circa sette anni dopo, notare ciò che resta nella memoria.
Dei ricordi nettissimi, profondi e inequivocabili, di lettura che ha suonato corde profonde.
E' molto difficile restare in ascolto delle note emesse, non siamo abituati all'osservazione e al riconoscimento di ciò che è. Cerchiamo sempre, nel dibattito, di chiarire e raccontare la sensazione con il supporto di rimandi culturali più o meno alla portata di tutti. Ma spesso ciò che è prescinde e rischia di sfuggirci tra le dita.
Credo sia una cosa tipicamente maschile. Dare un nome alle cose, a tutti i costi.
Esiste anche quello che si osserva e non si sa che nome dargli.
A me personalmente dei rimandi culturali e filosofici di Pirsig importa meno di quanto invece ciò che dice ha contribuito a mettere in luce, dentro di me, le possibili note che sono in grado di suonare.

sono suonato?

E' come per l'arte, quando vai in un museo e ti fai il giro dela mostra di Rubens con la cuffia nelle orecchie. Quello che resta e ti muove sarà solo quello che sei in grado di vedere. Al momento. Non è che se qualcuno ti racconta cosa stai vedendo spiegandoti perché dipingeva quella roba e con quale tecnica o per quale commitenza allora puoi vedere Rubens.
Io per esempio Rubens l'ho visto in un altro modo dopo che ho imparato ad osservare meglio la luce nel quotidiano. Ed è un esercizio che ho fatto a lungo prima di accorgermi di un cambiamento nella mia percezione della forma grazie a luce e ombre.

Una delle cose che mi piacque del libro è la disinvoltura, dove per disinvoltura intendo l'essere diretti nella descrizione di un esempio, nel descrivere l'aproccio alla mecanica o l'attrazione per la forma soggiacente. Senza preoccuparsi di apparire meno 'veri uomini' perché il vero uomo ha un razionale distacco per nei confronti di ciò che risiede dentro ai carter in quanto dei pezzi di metallo che servono a far andare la moto.

Se riusciamo, per un momento e in questo luogo di dibattito, a lasciare che si possano esprimere le sensazioni e i sentimenti allora ha senso parlare di lettura e di ciò che la lettura evoca.
Nel confrontarsi davvero, anche con un libro di carta stampata, si possono acquisire nuove rotte inaspettate per la propria esistenza.

o no?
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